Dall’ennesimo
capanno di caccia nel bosco a mezza costa sull’Avisio, mi calo per un canalone impervio verso una bellissima ansa del fiume circa 80 metri di dislivello più in basso. Gigi Zoppello è rimasto un po’ indietro a mettersi i
ramponcelli.
A mezza costa seguiamo le tracce dei cacciatori...
Magnifica ansa di acqua calma
Una delle tante discese seguendo vaghe tracce, che puntualmente finiscono nel nulla
Raggiungere l'alveo è spesso complicato da ripidi scarpate di boscaglia quasi mai comoda... e appena scesi tocca magari risalire di nuovo
Il terreno è infido e viscido, si scivola ad ogni passo tra il fogliame e i sassi di porfido instabili. Dopo una faticosa discesa, appena arrivo sul piano
intravedo tra la boscaglia una giacchetta verde che con passo deciso viene verso di me. Mi immagino un guardiacaccia o un guardiapesca. Mentre si avvicina però, scorgo il fucile e la faccia decisamente incazzosa: è un cacciatore. Sfodero allora il mio sorriso a 36 denti, che lo rabbonisce subito. Le sue prime parole sono: “Ma chi ca**o…” . E’ letteralmente incredulo di vedere qualcuno arrivare in un posto simile scendendo nella boscaglia, fuori da qualsiasi sentiero.
Il cacciatore si chiama Walter, conosce ogni angolo di fiume fin da quando, da ragazzino, veniva a fare il bagno: “Conosco ogni buca qui, con un paio di stivali potrei passare il fiume anche di notte” afferma con una certa sicumera.
Intercettati da Walter, cacciatore indigeno
L'orrore delle cave a Camparta
Per fortun il fondovalle dove scorre il fiume è rimasto quasi intatto
Uno scempio che mette una gran tristezza
A poca distanza dalle orrende cave, il paradiso del fiume
Magnifiche strade forestali che non percorre quasi nessuno
Quando gli dico che arriviamo da
Camparta, quasi non ci crede. Mi chiede che percorso abbiamo fatto. Gli racconto dello
scempio della cave, dei rifiuti trovati lungo i costoni, i copertoni di camion eccetera. Si indigna anche lui, conosce bene il problema: anzi mi dice che con altri cacciatori a volte raccoglie i rifiuti per portarli su con una piccola teleferica.
I segni di inciviltà non mancano purtroppo...
Commentiamo e concordiamo con Walter sulle
meraviglie paesaggistiche dell'Avisio. Chiediamo lumi su come arrivare a
Barco. Scuote la testa, quasi con un sorrisino beffardo: “L’è en casin”. Si offre però di indicarci come arrivare. Nonostante la tara della caccia, il personaggio è simpatico e disponibile: per esili tracce lo seguiamo nel bosco ripido fino ad un crinale, che dobbiamo seguire per arrivare sul sentiero.
L'ambiente fluviale è magnifico
L'Avisio visto durante una delle tante risalite per superare le forre
Il letto del fiume con le pietre di mille colori
Vegetazione lussureggiante nelle golene del fiume
Due cormorani mi passano sulla testa....
Un'oasi di bellezza
Ci ha fatto piacere non incontrare una persona ostile pur essendo noi, ai suoi occhi, dei “disturbatori”. Viene spontaneo chiedersi allora se non sarebbe possibile immaginare
una “santa alleanza” tra le parti migliori tra ambientalisti, cacciatori, pescatori, politici, uniti insieme per valorizzare e salvare l’Avisio.
Gigi in un attimo di raccoglimento prima di affrontare l'ennesima ravanata
Riguardo questa 6a esplorazione. Dopo quella quasi “antropologica” della volta scorsa, siamo tornati nella
selvaggeria assoluta. Dopo essere scesi nell’orrore delle cave, arriviamo sul greto del fiume, sempre meraviglioso, con l’idea di risalire la riva verso Barco. Un’impresa che si rivela difficile come al solito, tormentata dai soliti ostacoli:
forre rocciose verticali,
boscaglia infame,
costoni ripidi di inerti di porfido da risalire.
L'arrampicata dell'edera verso la luce
Una rognosa traversata di una discarica di inerti di porfido, buttati giù della cava soprastante
Stentata vegetazione pioniera in una cava dismessa: sui versanti ripidi di detriti di porfido però non cresce quasi nulla
Lungo il corso del fiume la vegetazione è spettacolare
Il contrasto con la bellezza del fiume, qui si è creata addirittura un'isola
Un ramo di fiume secco: le piene modellano continuamente l'alveo dell'Avisio
Magnifica strada forestale
Dopo svariati e faticosi su e giù, abbiamo trovato un magnifico sentiero a mezza costa che attraversa boschi fiabeschi. Lancinante è il confronto coi paesaggi a pochi chilometri di distanza delle
cave di porfido, che hanno distrutto significative parti di territorio cembrano.
Da una parte il paradiso fluviale, dall’altra lo scempio spaventoso delle cave.
Uno dei tratti più belli e spettacolari in una giungla quasi amazzonica
La vegetazione rigogliosa nelle golene
Gli alberi morti sono colonizzati da insetti, funghi, muschio...
Dopo l’incontro col cacciatore Walter, ci siamo resi conto che eravamo perfettamente controllati da lontano: con la radiolina ha comunicato ai colleghi l’intercettazione degli intrusi (noi). Grazie alle sue dritte riusciamo agevolmente a risalire il bosco e intercettare la forestale che ci porta a
Barco, dove abbiamo messo preventivamente la macchina di appoggio.
Ogni volta che ci avviciniamo al fiume siamo rapiti da tanta bellezza...
Su questa ansa siamo intercettati dai cacciatori...
Un grande lavoro esplorativo l’ha fatto anche la seconda squadra di ravanatori, formata dagli indomiti Maurizio Teti Fernetti e Angelo Spadaro, che ha ispezionato con successo la sponda sud, ostica pure quella. La nostra esplorazione e mappatura digitale dei percorsi prosegue.
Un bellissimo sottobosco
La forestale verso Barco, bellissima
Ancora uno scavalcamento a monte, l'Avisio è veramente scontroso...
Bosco fiabesco
E anche qui dobbiamo fare dietrofront per proseguire più in alto nel bosco
Ancora un paio di giornate e, a dio piacendo, dovremmo riuscire ad arrivare a Lavis, in vista ormai del traguardo finale, dove l’Avisio incontra il fiume l’Adige.
Comunque vada questo progetto, è stata una grande avventura.