I selvaggi versanti del Lagorai che digradano verso Fiemme, al centro Cima Valbona
Dopo le precedenti escursioni in zona, mi mancava l’
esplorazione della ignota dorsale di Cima 2584 fino al Castel 2164, una modesta ma isolata cima che emerge dalle foreste. Non ci sono sentieri, le carte riportano solo una traccia fino al Castel, poi il nulla. Dopo attento studio di carte e foto satellitari su Bing, decido di provare la salita almeno fino al Castel ma soprattutto la
traversata della dorsale fino alla zona di cima Valbona e, possibilmente, intercettando il sentiero 349 (Translagorai) che corre a ridosso della cresta principale del Lagorai.
La prima rampa per salire al Castel
Pareccheggiata l’auto al solito parcheggio a ovest del
Lago di Paneveggio, mi sciroppo la lunga forestale che costeggia lo specchio d’acqua e quindi via verso
il Valòn. Il gps del cello mi aiuta a districarmi nella miriade di bivi tra forestali e stradelle. A
quota 1567 individuo la deviazione di una forestale che costeggia a nord il Castel e quindi si inoltra sul fianco est. La traccia che si stacca verso il Castel a
quota 1650 dovrebbe trovarsi nei pressi di un rio, che però non c’è. La traccia però sì, e sembra anche discreta a parte l’inizio un po’ incerto nell’erba alta. Si sale a zig zag per un ripido versante disboscato di recente. Dopo un primo robusto strappo in salita arrivo su un piano boscoso ma la traccia si perde in un mare di ramaglie: tanto per cambiare disboscano e se ne fregano di pulire. Salgo allora a intuito per il bosco non troppo fitto, anzi piuttosto bello e ben camminabile. A un tratto spunta anche il fantomatico rio: sulla carta il sentiero (inesistente) lo costeggia sulla sx orografica e quindi il rio è un buon riferimento da seguire. Salgo così un po’ a caso, tirando su qualche finferlo per la cena
. Ritrovo una discreta traccia più a monte: sono a posto mi dico. La seguo per un po’ ma poi svanisce di nuovo nei pressi di una radura. Ora sono a ridosso della dorsale, il panorama si apre ed è magnifico: verso nord il
Lusia, il
Latemar, la
Roda di Vael, a est spuntano le
Pale di S. Martino.
Il panorama inizia ad aprirsi, vista verso Cima Bocche
Pale di S. Martino
La baita con vista su Latemar e Cima Viezzena
Ritrovo una esile traccia che appare e scompare salendo per la dorsale, ma ormai l’orientamento è chiaro. Salgo ancora con discreta pendenza, ormai sono quasi fuori dalla vegetazione quando con stupore vedo spuntare in alto e da lontano
il tetto di una baita, non segnata su nessuna carta.
Panorama verso Lusia e Catena di Bocche
La magnifica baita sotto il Castel, sullo sfondo a sx Cima Cece con la lunga dorsale
Arrivo dunque su una specie di poggio erboso davvero splendido, con questa rustica baita in favolosa posizione panoramica. All’interno c’è un tavolaccio e un focolare, qualcuno ha lavorato di recente alla baita. Tiro un po’ il fiato, poi riprendo la salita fino alla
Cima Castel 2164, con un altro breve strappo arrivo in cima e mi affaccio sulle immense “laste” di pietra che scendono dalle cime circostanti. Un paesaggio quasi lunare dove verso nord troneggia
Cima Cece 2754.
Le poderose "laste" della dorsale verso cima Valbona
Dorsale del Coston dei Slavaci
Ora però viene il difficile. Osservo attentamente la
dorsale della cima senza nome quotata 2584 che ho davanti e che dovrei raggiungere, in qualche maniera. Scendere direttamente dal Castel mi sembra subito assai rognosa, dalle foto satellitare pareva più facile, invece ci sono salti di roccia poco simpatici.
La dorsale della cima Valbona (a sx) dalla cima del Castel
Torno allora giù alla baita dove avevo adocchiato nei pressi una traccia che calava sul lato ovest. Infatti non è male: la seguo e con qualche zig zag sul ripido versante sono
alla base del Castel, perdendo però 150 metri di dislivello. Qui la traccia scompare chissà dove, ma a questo punto sono sono su un terreno facile: davanti a me ho un terreno ampio e di modesta pendenza con delle
colossali placche di roccia inclinata che risalgo senza problemi tra scivoli d’acqua, cascatelle e ruscelli gorgoglianti.
Alla base del Castel, le immense "laste" di roccia e sullo sfondo Cima Cece
Contrattempo: metto inavvertitamente un piede in un buco pieno d’acqua nascosto dall’erba. Com’è facile farsi male a volte! Per fortuna mi infradicio solo il piede, ma poteva “partire” una caviglia. Per una incredibile coincidenza, ho un paio di calzetti di ricambio nello zaino! Riparto evitando le zone torbose piene di eriofori e mi dirigo verso il ciglio della bastionata rocciosa che precipita brutalmente sulla
Val Caserina. Mi sembra di intravedere dei passaggi per scendere al
Laghetto di Caserina ma mi pare troppo rischioso, troppo ripido e con salti di roccia un po’ ovunque. Decido dunque di prosegure sul bordo della colossale spalla rocciosa nella speranza di vedere qualche traccia che scende verso valle ma niente. Risalgo allora direttamente sulla dorsale, che per fortuna è ampia e ben camminabile: qua e là bisogna aiutarsi con le mani per superare grosse placche di roccia.
La dorsale rocciosa che conduce a Cima Valbona, sullo sfondo a sx si intravede Forcella Cece
Cima Cece
Le Pale di S. Martino sullo sfondo
Mi avvicino al punto più critico, ovvero
l’aggiramento della cima quotata 2584, che dovrebbe essere Cima Valbona. Potrei anche salirla, è ripida ma appare fattibile, il tempo però sta peggiorando e stanno arrivando le nebbie.
Ho due piani: aggiramento sul fianco est, che ho osservato in una precedente escursione, laborioso ma praticabile, oppure aggiramento sul fianco ovest, che però non conosco.
Ecco il versante nord di Cima Valbona 2578: si può aggirare a sx, dove c'è l'intaglio, o a dx. La salita alla cima appare fattibile
In vista di forcella Valon e forcella Cece
Le nuvolaglie avvolgono Cima Cece
Decido di andare a vedere com’è il traversone per forcella Valon. Una lieta sorpresa: si può fare! C’è da attraversare solo un costone di sfasciumi per raggiungere il
passo Valòn a quota 2480 e così anche il
sentiero ufficiale 349 della Translagorai. A metà strada, ravanando tra i ghiaioni, arrivo in una zona trincerata decisamente suggestiva, con evidenti
resti di baracche della Grande Guerra. Le rocce sono disseminate di rottami vari, schegge e pezzi di bombe e di metallo non ben identificabili.
Trinceramenti nei pressi di forcella Valon
Vista sulla dorsale nord di Cima Cece
Raggiungo quindi senza grosse difficoltà
forcella Valon 2480, missione compiuta!
. Inizio a scendere col sentiero fin
sotto Cima Valòn, che mi piacerebbe salire ma ormai è troppo tardi. Vado a vedere da vicino l’attacco per una futura salita arrampicandomi una cinquantina di metri sul ghiaione.
Cima Valon 2678, la salita è possibile dal versante NO
Cima Valbona versante sud
Il paesaggio lunare verso la dorsale del Coston dei Slavaci, a dx Cima Valon
Stanno avanzando le nuvolaglie ed è meglio che non mi attardi troppo. Il canalone d’accesso comunque è fattibile senza grossi ostacoli, ci sono solo i soliti sfasciumi. Riprendo il sentiero e proseguo verso
forcella Bragarolo, dove incontro
rovine della Grande Guerra in gran quantità: caverne, trincee, muraglie a secco.
Strada militare verso Forcella Bragarolo
Trinceramenti e resti di baracche a Forcella Bragarolo; il mattone con scritta "Kulmiz" proviene probabilmente da
questa fabbrica in Bassa Slesia Ancora un po’ di salita e raggiungo il
Bivacco Aldo Moro a quota 2565, massima elevazione della escursione di oggi.
Sarei tentato di fermarmi per fare qualcosa all’indomani ma mi ricordo che il parcheggio ai Pulesi dove ho la macchina ha lo
stramaledetto divieto di sosta a ore 21.00 (ma se uno volesse bivaccare in quota, la macchina in fondovalle dove diavolo la deve mettere?)
Bivacco Aldo Moro 2565
Ranuncolo dei ghiacciai
Nebbie minacciose provengono da sud
Faccio il punto della situazione: potrei ora raggiungere
forcella Colbricon, scendere a
Malga Colbricon e di lì rientrare al Lago, ma il meteo sta peggiorando, le nebbie avanzano da sud e decido quindi di accorciare il tragitto scendendo più rapidamente verso valle con il
sentiero 376, passando accanto alla
cimotta di Bragarolo. Qui guardo rapidamente se esiste la traccia segnata sulle carte che scende sul versante ovest, ma non vedo nulla. Vista l'ora e il meteo decido che non è il caso di andare a infognarmi proprio adesso e quindi proseguo per il sentiero.
Discesa per sentiero 376, sullo sfondo si intravede il Lago di Paneveggio
Paesaggi lunari
Per fortuna cade solo qualche goccia. Nella zona più in basso deve però aver fatto un bell’acquazzone perché
il sentiero è fradicio, viscido come il sapone tra fango, radici e pietre bagnate. La discesa è lunga, faticosa e infida e richiede molta attenzione perché attraversa parecchi tratti boscosi molto ripidi.
Paesaggi paradisiaci scendendo verso Bragarolo
L'elevazione di Bragarolo
Fortunatamente tutto bene, raggiungo
Pian Ceremana e quindi con la noiosa forestale rientro fino alla macchina che sono ormai le 20, poco prima che faccia buio. Sono molto soddisfatto di questo giro in gran parte fuori sentiero:
paesaggi magnifici e assolutamente selvaggi. In tutto il giorno ho visto, da lontano, una sola persona! I lunghi tratti fuori sentiero e fuori traccia danno veramente l’impressione di tornare ai tempi primordiali, di essere insomma un piccolo esploratore
Dislivello 1500 - sviluppo circa 29 km.
Il percorso