Lago Serodoli, sullo sfondo le Dolomiti di BrentaBellissima escursione domenica 16 settembre nel
Gruppo della Presanella nord orientale, anche se piuttosto “movimentata” riguardo all’orientamento. Decidiamo di fare un giro che ci permette di vedere
ben 12 laghi, tra grandi e piccoli, partendo dalla Val di Sole, a sud di Pellizzano.
Dal
Lago dei Caprioli 1307 prendiamo il
sentiero 203 fino a
Malga Fazzon di Sopra 1548 dove ci accoglie un gruppetto di simpatici asinelli (forse una sinistra premonizione dei casini di orientamento che succederanno poi
).
Malga Fazzon di SopraAsinelli a Malga FazzonDalla malga sparisce ogni tipo di indicazione riguardo i sentieri. Incontriamo parecchi bivi che ci mettono subito in dubbio. Trovandoci nel bosco e mancando punti di riferimento, non è semplice districarsi. Ci manteniamo comunque sulla forestale,
l’intenzione è di raggiungere Malga Copai. Provo anche a fare il punto col gps del cellulare, ma non prende campo per scaricare i dati
. A quota 1798, come riportato dalla carta, ci aspettavamo di trovare le indicazione per il
sentiero 218. Cammina e cammina ma non troviamo niente. Proseguiamo dunque per la forestale ma dalla direzione, sentita “a naso”, i dubbi aumentano.
Vista su Cevedale e ZufallCon l’altimetro ci rendiamo presto conto di essere ben al di sopra della quota prevista per il bivio, ma dei segni rossi e bianchi lungo la strada forestale, che peraltro non ci dovrebbero essere, ci rassicurano in parte. Incontriamo altri bivi e sentieri senza nessuna indicazione. Restiamo sulla forestale e quando, dopo un lungo traversone, avvistiamo finalmente la malga, esultiamo improvvidi. La nostra soddisfazione viene troncata quando leggiamo il cartello:
“Malga Artuich”. Come malga Artuich? Dovremmo essere a Malga Copai... Infatti abbiamo sbagliato clamorosamente valle e ci siamo infilati, come avevamo sospettato, nella
val Gelada che avremmo dovuto fare al ritorno
. Che si fa? Torniamo indietro? Cerchiamo di scollinare salendo a Cima Gardene e scendendo dall’altra? Dopo qualche minuto di disappunto, ci diciamo che in fondo c’è poco male: faremo il giro previsto all’incontrario
. Il posto peraltro è meraviglioso e ci fermiamo per una piccola sosta sul tavolone fuori dalla malga, un posto incantato e deserto.
Malga ArtuichVista sulla VegaiaI cartelli riappaiono a Malga ArtuichMalga ArtuichLungo il sentiero verso il Passo di Val GeladaLuoghi selvaggi verso il Lago del BusVista verso nord, sulla sx il CevedaleVal GeladaRiprendiamo la marcia inoltrandoci in un magnifico e selvaggio vallone dove, per una serie di balze, arriviamo su un balcone naturale con magnifica vista verso il Passo di Val Gelada. Percorriamo la valle tra pascoli con marmotte “fischianti” e costoloni erbosi che portano ad un poggio con laghetto e quindi all’ultimo facile strappo fino al
passo di Val Gelada 2515, il punto più alto della nostra escursione.
Verso Passo di Val GeladaSalendo verso il Passo di Val GeladaVal Gelada col Monte NambinoVal GeladaLaghetto senza nomeAppena scolliniamo si apre la fantastica vista sul grande e azzurrissimo
Lago Gelato, ai piedi del
Monte Serodoli. Avvistiamo anche un colossale
ponte di roccia sulla Rocca di Nambrone, uno spettacolo naturale da lasciare senza fiato e che non avevamo mai visto.
Monte Serodoli e Lago Gelato visti dal Passo di Val GeladaRocca di Nambrone col colossale ponte di rocciaLago Gelato e Lago Serodoli, sullo sfondo il BrentaLago GelatoBivacco Serodoli col BrentaLago SerodoliCima SerodoliAcqua trasparentissimaDopo una breve sosta pranzo, ci caliamo verso il
Lago Gelato e il
Lago Serodoli, un “pezzo di Norvegia” trapiantato in Trentino con tanto di fiordi. Dopo aver scattato un bel po’ di foto e rimirato a lungo il meraviglioso paesaggio, iniziamo il
rientro per 226B, decisamente differente da quanto riportato sulla Kompass.
CartelliRientro col sentiero 226bLa conca sotto al Monte ZeledriaIl sentiero si inerpica su un costone fino a un passo, dove scolliniamo affacciandoci sulla magnifica conca sotto il
Monte Zeledria e il
Lago Scuro. Il sentiero cala a ridosso della cresta verso ovest, noi decidiamo di abbandonarlo per tagliare per costoni erbosi verso
i Tre Laghi.
Dalla cresta del Zeledria verso il Brenta
Lago ScuroLago Scuro e M. ZeledriaPotevamo evitare la ravanata? Certo che no: infatti un vallone impervio ci obbliga a cercare una discesa meno ostica dove si ravana tra i soliti sassi e “zoppe” di erba alta piena di buchi. Nulla di grave, ormai siamo rotti ad esperienze ben peggiori
. Raggiungiamo con un traversone i tre bellissimi laghi, a poca distanza uno dall’altro, con il sole che sta tramontando. Magnifici gli scorci verso il
Brenta e il contrasto con gli specchi d’acqua in primo piano.
Tre LaghiTre Laghi, sullo sfondo il Sasso RossoAncora Tre Laghi, sullo sfondo il BrentaTre LaghiOra iniziamo la discesa verso un altro lago, il
Lago Alto, quindi un altro traversone con
sentiero 267, anche questo riportato sulla kompass in modo molto approssimativo. Vediamo dall’alto lo spettacolare
Lago delle Malghette, stavolta un pezzo di “Canada” con le fitte selve che circondano il lago di un colore azzurro cobalto quasi incredibile.
Specchio d'acqua senza nomeLago delle Malghette, un pezzo di "Canada" trapiantato in TrentinoLago delle MalghetteVolevamo scollinare a
Passo dell’Ometto ma della deviazione prevista neppure l’ombra, proseguiamo dunque sul sentiero dove incrociamo il
202b. Solo quando arriviamo al
Passo della Pesa 2155 ci rendiamo conto di essere parecchio più a est. Poco male, invece che da sud caliamo verso gli
ultimi due laghi di Lores e di Mezzana ormai avvolti nell’ombra, scedendo da ovest. Arrivati a
Malga Copai ci imponiamo la massima attenzione per non sbagliare la deviazione del
sentiero 218.
Vista sul Brenta ormai al tramontoTroviamo due indigeni che sono saliti in moto e stanno mangiando lamponi, ai quali chiediamo lumi: “Siete del posto?” “Più o meno...” è la risposta poco convinta. Mostro la carta col sentiero 218: esiste? “Boh” è la poco incoraggiante risposta... Poi, forse pentiti della risposta elusiva, dicono di sì, ed è pure segnato da un cartello, affermano. Riprendiamo la marcia carta alla mano e altimetro sotto’occhio, calando per la forestale. La deviazione però non si trova. Ci raggiungono gli indigeni con la moto, mentre ci sorpassano chiediamo quanto manca al cartello. “10 minuti” dicono, e spariscono dalla vista. Cinque metri dopo però troviamo una deviazione che sembra proprio il sentiero che cerchiamo, anche se non c’è nessuna indicazione. Consultiamo ancora le carte.
Il sentiero è talmente ben tracciato che lo imbocchiamo fiduciosi, la posizione poi coincide con la mappa.
Dopo alcuni chilometri in costa nel bosco, senza mai aver visto uno straccio di segno, una vaga inquietitudine ci percorre, il sentiero diventa sempre meno evidente. Ormai sta imbrunendo,
sono le 19 passate e ci si vede sempre di meno. Procediamo di buon passo ma poi il sentiero si perde in mille viottoli nella boscaglia. Cominciamo a ravanare, bestemmiando in cuor nostro. Ci pare di trovare delle tracce, proviamo a seguirle ma niente, si perdono tutte. Siamo ormai scesi per parecchi chilometri nel folto del bosco. Chiedo alla mia compagna di sventura: “Il tuo gps ha la funzione di trackback?” (ritorno a ritroso sulla traccia). Lei, che l’ha comprato da poco e capisce che si sta mettendo male, risponde “Credo di si...”. Apposto! Il tempo stringe, proviamo a insistere ma il bosco diventa un casino: passiamo diverse volte dei torrentelli e vallette con barriere di ontani, cercando sempre la via meno rognosa nella vegetazione.
Passiamo da un versante all’altro, a volte ci dividiamo in diverse direzioni per trovare una traccia. Non si trova e non si vede quasi più niente.
Cala il silenzio: ora siamo a rischio bivacco forzato. Se non si trova in fretta una via d’uscita, diventa troppo rischioso muoversi senza vedere nulla. Più che altro la preoccupazione principale non è tanto il bivacco forzato, siamo equipaggiati e non corriamo nessun pericolo, ma il non riuscire ad avvisare casa. Mi metto davanti e continuiamo a scendere, molto concentrati per vedere bene dove mettiamo i piedi e guardando in giro se si vede qualcosa di utile. Il bosco diventa ripido e abbastanza scomodo, pieno di ramaglie. Man mano che scendiamo controlliamo l’altimetro: 1900, 1800, 1700, 1600... Ormai dovremmo esserci, dove diavolo siamo? E’ quasi buio. Quando stiamo per perdere la speranza, io che sono davanti intravedo un inaspettato chiarore: una strada! Grosso sospiro di sollievo! A quota 1650 metri siamo finalmente sulla forestale che avremmo dovuto prendere all’andata. Marciamo ancora per diversi km e quindi raggiungiamo il bivio incrociato all’andata. Arriviamo alla Malga Fazzon di Sopra che è proprio buio pesto. Per fortuna ho
la pila frontale che ci toglie dagli impicci: riusciamo a scendere nel bosco buio per il sentiero dell’andata fino a raggiungere il Lago dei Caprioli dove abbiamo la macchina. Quando arriviamo sono quasi le 21. Anche stavolta è andata!!!
)
Lago del Malghetto di MezzanaIl percorsoEcco un’altra regola da rimandare bene a mente: MAI imboccare un sentiero non segnato e che non si conosce quando sta per fare buio! Tutto è bene quel che finisce bene. Giro meraviglioso, un vero casino con le cartine (ne avevamo 4, tutte diverse), ma vale sicuramente la pena! Disl. 1400, sviluppo circa 24 km.
Update: Gabry ha replicato il giro e mi ha aggiornato che
Ora ci sono belle tabelle per Malga Artuick e per il Passo Val Gelada (anche i segni rossi sono recenti ed evidenti). In alternativa alla forestale, c’è il bel sentiero 203 che parte dalla Regina del Bosco (15’ da Malga Alta di Pellizzano) e passa per il Lago di Stablo. Rientrando, oltrepassato Malghetto Copai, sono scesa ancora un bel po’ per la forestale fino ad un tornantino (cartelli), dove ho preso uno stradello che in 30’ mi ha portata a Malga Alta di Pellizzano
http://maps.kompass.de/#lat=46.29486390394371&lon=10.783876267852737&z=15&s=KOMPASS%20Touristik (tratto verde). Ultima cosa: Malga Alta è stata completamente ristrutturata lo scorso anno con possibilità di pernotto (ottimi anche i prodotti in vendita).