Da tempo avevo in mente la balzana idea di un giro ad anello in Presanella che mi permettesse di salire dalla via di Monte Nero per poi scendere a sud per l'infinita Val di Nardis.
Il punto di partenza di questa meravigliosa escursione "integrale" è Carisolo, quota 800. Studiando la mappa, scopro l'esistenza del sentiero 229 che parte dalla piccola località di Campolo a 1280 metri; al di sotto si sviluppano solo tracce riportate unicamente da Trekkart.
Parcheggiata dunque la macchina nell'apposita area a destra della provinciale, mi incammino per la strada della Val di Genova per soli 50 metri dove, appena dietro la chiesa, trovo un'esile traccia che risale nella boscaglia: provo ad inoltrarmi ed in breve intercetto una mulattiera di servizio per la manutenzione delle barriere antivalanghe. Aggiro velocemente questi orribili quanto utili manufatti e seguo il percorso non segnato nel bosco imbattendomi in un fungaiolo. Dopo questo poco estetico tratto, esco sulla strada asfaltata che risale a Campolo. La attraverso e continuo sul sentiero non segnato ma piuttosto chiaro: mi imbatto in qualche brisa e finferli che non esito a raccogliere (e che mi porterò in groppa per tutta la gita)
La ridente località CampoloDa qui seguo la lunga strada verso Malga Geridol che raggiungo abbastanza velocemente anche se non resisto alla tentazione di inoltrarmi ogni tanto nel bosco per raccogliere qualche finferlo.
La val Rendena salendo a Malga GeridolRaggiunta la Geridol, salgo ulteriormente alle sue spalle per l'esile sentiero che tende un pò a sparire tra la folta vegetazione. Infine spunto nella bella radura di Malga Sarodol dove mi ristoro brevemente ad una fontanella.
La bella Malga Sarodol e le Dolomiti di BrentaOra per bellissimi prati, nella più totale solitudine, arrivo al bivacco dedicato ad un certo Massimo Nella, una bella costruzione grande quanto una baita dotata di camino e parecchio posto per dormire anche se non ci sono i materassi e coperte.
Poco sopra il sentiero scompare totalmente com'è tipico di questi percorsi poco frequentati: la salita al Passo de la Nona è totalmente da inventare, sebbene sia segnato su carta (kompass e Trekkart). Mi inerpico dunque per il ripido prato sopra il bivacco faticando parecchio nell'erba folta e pericolosamente scivolosa. Dopo questa breve ed erta ravanata, raggiungo il passo che però è stranamente dotato di cartello sentieristico SAT. Boh...
Passo de la Nona in vista della Val NambroneMi godo la splendida visuale della Val d'Amola poco prima di iniziare la poco allettante discesa verso la Malga Vallina. Devo perdere 300 metri e la cosa mi scoraggia parecchio sapendo che la risalita ne comporta quindi altri 1500 (che ho già percorso per raggiungere il passo). Mi faccio coraggio e scendo velocemente gustandomi gli stupendi panorami su Presanella e Dolomiti di Brenta
BrentaPresanellaIl Monte Nero e il Rifugio SegantiniCon veloce digressione su sentiero che sembra sia stato modificato da poco (sulle mappe la traccia scende in un altro vallone) raggiungo la strada che assomiglia più al parcheggio dell'autostrada. Una miriade di persone stanno salendo al Segantini, cosa che trovo poco motivante ma so che al di sopra di esso troverò solo gente in discesa dalla vetta. Non esito e velocemente arrivo al rifugio che è mostruosamente ghermito di avventori: cedo in ogni caso alla tentazione di gustare una fetta di dolce e una bibita. Parlo al volo con la proprietaria circa il Monte Nero e la metto a conoscenza della mia tardiva salita alla vetta cosa che non la convince molto cercando quindi di farmi desistere. Ma io sono testardo
Riprendo la marcia abbandonando la folla impazzita ed inizio la lunga salita alla vetta: da qui la via è stata già ben descritta precedentemente da altri forumisti e sarò abbastanza telegrafico.
Pozza sopra al SegantiniSuperato un intricato labirinto di laghetti, inizio a risalire la lunghissima morena in direzione della conca di Monte Nero. Incontro varie persone che mi dicono di aver mollato per via della neve caduta da poco, altri invece che non hanno trovato problemi.... L'unico modo ovviamente è quello di vedere e poi, nel caso, proseguire.
Sotto alla Bocchetta di MonteneroSuperati i nevai, antichi residuati della vedretta, attacco il primo tratto semi-attrezzato. E' piuttosto facile ma la stanchezza accumulata gioca a mio sfavore e mi rendo conto che devo prestare la massima attenzione per non incespicare. Giunto alla bocchetta, scendo ancor più cautamente nella conca intermedia dove incontro alcune cordate ritardatarie che mi squadrano come un alieno. Al secondo salto di roccia, mi imbatto nel punto più difficile che, ovviamente, è anche un pò ghiacciato: un tratto di arrampicata un pò esposto, senza corde fisse, che vinco dopo alcuni minuti di sosta nel quale ho racimolato tutta la forza mentale rimanente. Superatolo, la via spiana e finalmente posso tirare un sospiro di sollievo.
Il Monte Nero alle spalleOrmai sempre più stancamente, proseguo in direzione della vetta che si fa più vicina. Una cengia attrezzata ed innevata rappresenta l'ultimo scoglio prima del bivacco Orobica
L'ultima cengia attrezzataPasso dunque davanti alla piccola ma confortevole costruzione e mi tenta l'idea di una lunga sosta notturna.. ma manca davvero poco..
Il bivacco OrobicaGli ultimi metriLe nuvole attorno a me stanno montando velocemente e decido di aumentare il passo quando dei forti crampi assalgono le mie gambe e comprendo di aver raggiunto il limite delle forze. Con estrema concentrazione e rallentando molto, giungo finalmente in vetta dopo 12 ore di marcia.
Vetta!!Mi soffermo brevemente in cima e non mi siedo per non essere sorpreso da ancor più stanchezza e spossatezza. Calzo velocemente i ramponi e decido di proseguire nel mio malsano progetto: scendere la paretina sud che però è ancora fortemente innevata. Come se non bastasse le nuvole ricoprono tutto e cerco di memorizzare il percorso individuando alcune conoidi di valanga che scendono nella direzione giusta.
Nel white out totale tento, con l'aiuto della picca, di scendere il più velocemente possibile anche se le gambe, nel momento in cui conficco i ramponi con più forza, vengono spesso colpite da forti fitte. Mi faccio forza pensando che, discesa la pala finale, il percorso è piuttosto semplice ed il soffermarsi al bivacco Roberti potrebbe essere una valida soluzione. La digressione è un agonìa, mi tocca spesso stare faccia a monte perchè la neve cede facilmente sotto i piedi e le continue scivolate mi fanno desistere nel percorrere di corsa questo tratto. Con estrema pazienza e mantenendo la concentrazione scendo tutta la pala, quasi 350 metri, fino al pianoro sottostante dove il nevaio e la coltre nuvolosa terminano praticamente assieme.
Tiro un sospiro di sollievo: sono ormai le 18.40 e mi mancano ancora 2400 metri di discesa... Ma il bivacco Roberti non è lontano e riprendo con rinnovato vigore la discesa che non è certo facile, tra sassi malmessi e vecchi nevai.
Il fronte tristemente ritirato della Vedretta di NardisLa lunghissima morena in direzione del bivacco RobertiLa vista dei primi ciuffi d'erba è quasi un'emozione che dona nuova forza alla marcia e, complice il terreno ora più facile, accellero il passo mangiandomi in meno di 40 minuti 800 metri di dislivello. Giungo finalmente al Roberti dove trovo accalcate molte persone che sarebbero salite in Presanella il giorno dopo. Faccio rapidamente due conti e decido di non fermarmi ma di proseguire verso Carisolo.
Al di sotto della Mandra dei Fiori, il sentiero diventa ripido e velocemente, al calar del sole, mi porto alla Malga Nardis dove incontro due pastori con forte accento dell'est che mi intimano di fermarmi da loro perchè "pullulano" orsi ovunque in quella zona. In effetti ho trovato un paio di carcasse di pecore poco sopra chiaramente sbranate, ma ormai manca davvero poco al fondovalle e imperterrito, alla luce della pila frontale, affronto il bosco di Nardis cercando di seguire le regole di sicurezza sull'orso facendo rumore e tirando qualche "urlo pastorale"
ogni tanto. Ora le articolazioni mi stanno abbandondando ma "il dado è tratto" e quindi, con passo più rallentato, giungo in Val di Genova nei pressi del Ponte Verde con una mervigliosa stellata sopra la testa.
Percorro la strada in discesa tentando inutilmente l'autostop (nessuna anima gentile questa volta, malgrado il traffico notturno della valle) e infine arrivo a Carisolo dove ho parcheggiato quasi 17 ore prima.
Gita spossante ma di estrema soddisfazione, senza contare che, nello zaino, mi hanno accompagnato porcini e finferli che avrei poi mangiato di gusto il giorno dopo
Dislivello: 3000 metri circa
Sviluppo: 34 Km