La meravigliosa piana del Pradaz
Voi lo sapete, quando vedo sulle mappe delle zone senza sentieri io mi esalto
Dunque avevo “scoperto” girovagando con Google Earth (sempre sia lodato) questa zona a me totalmente ignota nel magnifico
Gruppo della Presanella. Dopo aver cercato le (poche) info disponibili, ho studiato attentamente le mappe per progettare una esplorazione con il solito giro ad anello. L’obiettivo era la zona di
Pradaz (o Pradazzo), una splendida conca pianeggiante a oltre 2100 metri di quota. Sulle varie mappe c’erano tracce vaghe, tutte da verificare. Ma soprattutto c’era un
crinale da valicare per raggiungere il vallone di Barco per poter scendere dal versante più a ovest. Qui l’assenza di sentieri o tracce era totale. Con Google Earh in combinazione con le immagini di Bing, ho esplorato dall’alto cercando un possibile passaggio. Ho disegnato una traccia a mano dove mi pareva che il passaggio fosse meno ostico, quindi l’ho esportata e caricata nell’
app Mytrails, assieme alla solita cartografia Kompass.
La zona dell'esplorazione e la traversata ipotizzata fuori sentiero dal Pradaz al Lago Piccolo
Sono partito quindi alla volta della
Val di Sole. Al mattino il meteo faceva schifo: alla faccia del “perlopiù soleggiato” di Meteotrentino c’era una cappa di grigiume ovunque. Ero quasi sul punto di rinunciare, poi mi sono detto che bisogna osare, tutte le volte che l’ho fatto, ragionevolmente, non mi sono mai pentito. In zona
Vermiglio sono sceso sul fondovalle e mi sono diretto alla
Volpaia 1196 (ristorante/agritur), dove ho parcheggiato poco a monte al primo tornante della strada forestale (chiusa al traffico).
I masi di Pian Palù
A piedi raggiungo il b
ivio Masi di Palù 1564, dove abbandono la forestale per prendere il sentiero fino all’i
ncantevole radura con alcun masi. Proseguendo per stradella, arrivo in un’altra splendida radura poco più a monte: attraverso un
ponticello a ovest e per sentiero facile che però diventa via via più ripido, guadagno una
bellissima dorsale boscosa con larici secolari.
La bella dorsale boscosa che sale verso Pradaz
Tra bei larici secolari a quota 2000
Traversando verso Pradaz
Qui il sentiero, che tra l’altro è inaspettatamente
segnato in bianco/rosso (ma senza numerazione) diventa meno impervio. Seguo la dorsale in splendido bosco “da orsi”, purtroppo senza vederne alcuno.
A quota 2100 circa il sentiero abbandona la dorsale e piega verso est con un
traversone per boscaglia ripida, fino a sbucare nella meravigliosa
radura del Pradaz m 2136, la mia méta! C’è una bellissima prateria dove un torrente dalle acque cristalline scorre pigramente tra dolci anse. C’è anche un
rudimentale ricovero ai bordi della radura: quattro assi inchiodate alla bell’e meglio che riparano un antro ricavato tra le rocce.
Il ricovero ai margini della radura
Cima Palù vista dal Pradaz
Risalgo brevemente, al fischio delle
marmotte che si dileguano tra i sassi, per scoprire
un’altra meravigliosa piana poco più a monte, in parte acquitrinosa: anche qui pigri torrenti disegnano dolci anse e sinuose “piscine” d’acqua trasparente come il cristallo. Che spettacolo! Sono talmente travolto da tanta bellezza che faccio fatica a concentrarmi per fare le foto, sono distratto continuamente dai colori azzurri dell’acqua, dai gorgogli del torrente, dalle anse nei prati. Che posto fantastico! E non c’è in giro in cane!
Ricorda vagamente la piana di Caldenave nel gruppo di Rava, solo che qui siamo a oltre 2100 metri in un posto isolatissimo.
Le meravigliose piscine naturali
Vien voglia di pucciare almeno i piedi
Decido di fermarmi per la sosta pranzo, i miei 1000 m di dislivello me li sono comunque fatti. Ho dormito solo 4-5 ore la notte precedente, ne approfitto per una magnifico pisolino per recuperare: come si dorme bene a 2000 metri sui prati non si dorme da nessun’altra parte! Mi risveglio un’oretta dopo per il caldo con una gradita sorpresa: ora splende un magnifico sole! La bellezza del luogo diventa ancora più magica: balzo in piedi e vado a rifare tutte le foto che avevo fatto col cielo nuvoloso
.
Il pigro torrente disegna placide anse nei prati
Un'altra favolosa piscina di acqua azzurrissima
Dopo aver girovagato per il Pradaz cercando nuove inquadrature, mi siedo per studiare bene come cristo si può
superare il crinale per raggiungere la Valle di Barco. Non sono particolarmente convinto: ad occhio tutto il crinale mi pare rognoso e difficile: roba più per alpinisti che escursionisti. Ci sono ovunque dirupi, roccioni verticali, per di più l’avvicinamento è sbarrato da salti di roccia e boscaglie di ontani. Ricontrollo le carte, osservo attentamente il crinale: sembra esserci un buon passaggio 200 metri più in alto verso sud, per pietraie e ghiaioni, ma come sarà oltre il crinale? Lascio perdere.
Un apparente facile passaggio: ma cosa ci sarà oltre il crinale?
Ecco il passaggio chiave a nord...
Alla fine intravedo un
canalino verso nord, invaso dagli ontani ma con una forcelletta che sembra valicabile. Decido di provare:, sono solo 100 metri di dislivello, anche se rognosi.
Tra l’altro è esattamente il passaggio che avevo individuato con Google Earth e che posso ora controllare sul cello col gps.
Ecco il canalino, provo a passare...
Abbandono a malincuore questo angolo di paradiso e mi dirigo verso il canalone. Attraverso delle conche con ammassi caotici di macigni, parzialmente coperti da rododendri: devo fare molta attenzione, qua è un attimo a rompersi una gamba scivolando in qualche buco.
Sorprendo un gruppo di camosci: resto a bocca aperta a guardali mentre fuggono rapidiamente con eleganti saltelloni tra i macigni. Io invece arranco faticosamente per la pietraia ripida, quindi affronto il tratto coi temuti ontani: una traccia di animali mi incoraggia, è un evidente passaggio di selvatici, ci sono buone speranze che oltre lo scollinamento non ci siano dirupi.
La conca di macigni da attraversare per arrivare al canalino
Distese di macigni e rododendri
Arrivo quasi in cima, passo tra una strettoia tra le rocce non più larga di un metro, quindi mi affaccio timoroso per vedere cosa c’è oltre. Evviva: niente dirupi! Mi si apre davanti il
vasto anfiteatro sotto Cima Stavei, In fondo alla valle ecco il
magnifico Lago di Barco.
Dalla forcelletta ecco l'ampio anfiteatro sotto Cima Stavei
In basso il Lago di Barco
C’è però un costone di boscaglia ripida da scendere, il lago appare presto irraggiungibile. Abbandono subito l’idea di raggiungere il
Lago Piccolo superiore che avevo immaginato, povero illuso, di raggiungere con un traversone come disegnato su Google Earth. Ci sono ovunque rododedri alti un metro ma soprattutto cortine impenetrabili di ontani che sbarrano ogni valletta. Ora il problema è abbassarsi di quota cercando di trovare la via verso est per intercettare il
sentiero 205. Scendo con prudenza il costone per pietre, macigni, buche e fossi. Vedo ben due vipere nel giro di 10 minuti, sono in un bel viperaio! Fuggono comunque al mio arrivo, neppure il tempo di estrarre la macchina foto.
Sono arrivato sulla pietraia, mi volto indietro a guardare la infame boscaglia di ontani appena attraversata
Man mano che scendo il terreno diventa sempre peggio, con vegetazione fitta e salti di roccia: ecco che mi sto infognando! Una
barriera di ontani mi separa da una vicina pietraia che potrei salire con molto più agio. Quanti anni sono che non mi ficco in una boscaglia di ontani? Tanti! Vada per la rimpatriata allora
Mi butto dentro, lottando coi rami fitti e flessuosi che mi abbracciano e sembrano strapparmi i vestiti e lo zaino di dosso. I lunghi rami elastici degli ontani, se afferrati saldamente per il lungo, offrono una ottima presa per calarmi da alcuni salti di roccia. Sudo come bue, è veramente faticoso avanzare in quell’intrico di rami ma tengo duro, il sentiero non deve essere troppo lontano. Non vedo quasi niente, cerco di usare tutta l’esperienza e l’intuito di cui sono capace per trovare i passaggi meno rognosi nel folto della vegetazione.
L'inferno verde...
Sbuco finalmente sulla pietraia, una specie di liberazione da quell’abbraccio verde soffocante. La pietraia è in realtà una frana di macigni sotto alla quale sento il fragore di un torrente che scorre impetuoso sotto i sassi. Risalgo i macigni con attenzione, le grosse pietre mobili sono sempre in agguato e basta poco per metter inavvertitamente in moto grossi macigni del peso di svariati quintali. Con calma e prudenza guadagno altro terreno prezioso verso est. Affronto un altro ontaneto e sono quasi rassegnato ad un’altra epica lotta quando
arrivo finalmente sul sentiero 205! Gioia immensa
.
La dura ravanata per raggiungere il sentiero
Salendo al Lago Piccolo
Ora sono fuori dai casini, mi fermo un attimo a bere e riposare per recuperare le forze. L’essere arrivato sul sentiero però mi ringalluzisce, a questo punto decido di salire anche al Lago Piccolo, saranno pochi km e 250 metri di dislivello. Sul sentiero ovviamente è tutto un altro andare, in circa 40 minuti arrivo al
Lago Piccolo 2314 che tanto piccolo non è! Ed è bellissimo!
Ecco il Lago Piccolo a quota 2314
Distesa di soldanelle
La bellissima conca col Lago Piccolo
Osservo bene la ripida salita del canalino che sale al
passo dell’Omet 2600 (passo Montanel su alcune carte), che ho deciso di affrontare in una prossima escursione: come previsto è ancora zeppo di neve. Faccio un po’ di foto, anche questo è un posto davvero meraviglioso, in giro non c’è anima viva. Alle 17.30 tocca purtroppo tornare: inizio la lunga discesa, da fare con attenzione perché il sentiero è scivoloso per via di numerosi rivoli d’acqua. Faccio anche un paio di voli. Arrivo finalmente al magnifico e quasi sconosciuto
Lago di Barco, grande e profondo, circondato da grossi larici. Sulla sponda nord un
piccolo baito in legno piuttosto malmesso, ma con spiazzi erbosi favolosi per fermarsi in tenda
Lago di Barco
Il baito sulla riva nord del Lago di Barco
Lago di Barco
Col sentiero 250 ora proseguo l’eterna discesa fino nei pressi della
Malga di Barco, quindi per forestale che gira verso ovest chiudo l’anello fino alla macchina.
Cima Palù vista scendendo per la Val di Barco
Escursione veramente meravigliosa, “alla selvaggia” come piace a me: impegnativa la ravanata per passare dalla Val di Palù alla Valle di Barco, forse esiste un passaggio più in alto meno ostico, non lo so. I paesaggi sono maestosi e selvaggi, il Gruppo della Presanella, dove non è stato rovinato dai soliti impianti, è assolutamente fantastico.
Dislivello 1650, sviluppo 19,4 km.
Il percorso