Dalla vetta del Sass Rigais verso il Gruppo del Sella Dopo 40 anni almeno (!) torno quindi sulle Odle, ci andavo in vacanza da ragazzino coi miei. Ricordo in particolare un patetico tentativo di salita al Sass Rigais col babbo, che a forcella Mesdì sbagliò clamorosamente direzione svoltando a dx per incrodarci ben presto sulle ripide guglie della Gran Odla. Quel fallimento mi era rimasto sul gozzo per anni e così ora torno a regolare i conti a distanza di quasi mezzo secolo
Per questo giro ho preso lo spunto da Nantes, difatti la prima cosa che cerco dopo la cima è il giro ad anello
A Ortisei mi sottopongo di buon grado alla tosatura: impianti 18 euro sola andata (!) euro 8.30 di parcheggio (!). In cima al
Seceda 2456 il panorama è già monstre, peccato per gli impianti dappertutto. L’orientamento è abbastanza elementare, si costeggia calando leggemente di quota il versante meridionale delle Odle, punteggiato in basso da splendide baite e prati. Si passa la splendida
Malga Piera Longia 2297 (servizio ristoro, ma perché da noi non esistono posti simili?). Col sentiero 2a si arriva senza difficoltà al
Pian Ciautier 2263 dove i sentieri si diramano. Uno sale alla
forcella Mesdì l’altro la
val Salieres, dove sono diretto. Varie relazioni lette in giro dicono che
la ferrata est è meno pesante da salire, poi scenderò dalla sud. Il sentiero si impenna e si immette nel grande vallone di Salieres. La salita sul ghiaione è tranquilla fino alla
forcella a m 2700.
Mentre io ed altri stiamo preparando gli imbraghi sentiamo una specie di esplosione terrificante. Faccio appena a tempo a girare l’occhio che vedo sfrecciare nel canalone sotto il Furchetta un “frigorifero” che qualche istante dopo si schianta con un rumore terrificante che rimbomba per mezzo minuto nella valle. Io e gli altri ci guardiamo in faccia deglutendo… Dopo questo bell’inizio emotivo attacchiamo la parete slegati per facili roccette, poi finalmente arriva l’attacco vero e proprio della ferrata, una parete verticale. Nulla di grave, ci si tira su grazie al cavo e ad alcune staffe e infissi. Di lì in poi la ferrata sale ripida, costantemente esposta, lungo una serie di in canalini pietrosi. Ci sono “maniglioni” ovunque e non ci sono problemi, bisogna solo stare attenti a non scivolare. Un passaggetto si fa in spaccata, nulla di che, poi si sale più facilmente per vari colatoi fin poco sotto la cima, che si risale ancora per facili roccette. Il panorama in vetta è spaventoso. A nord “l’abisso” verticale di oltre mille metri du vuoto, a sud crode a perdita d’occhio. Intravedo sullo sfondo la Marmolada fatta domenica scorsa
.
Dopo la sosta foto e rifocillo, parto per la discesa, che sembra un po’ rognosa vista dalla cima, c’è un
crestina esposta lungo la quale corre il cavo, per fortuna. Inizio quindi la lunga discesa in un costone ripido e infinito di crode, guglie, colatoi, valloni e canaloni. Niente di difficile ma occorre sempre stare all’occhio, l’esposizione c’è sempre. Il sole martella i crani implacabile e non c’è neppure l’arietta che c’era in cima a rinfrescare. La discesa è intasata da gente che scende lenta e da gente che sale, tocca spesso aspettare.
Arrivo al bivio, non troppo visibile (una scritta su un sasso), dove il sentiero si dirama per la forcella di Mesdì. Inizio il traversone, sempre con attenzione perché non ci sono più corde (attenzione non levare l’imbrago ce ne sarà bisogno in seguito) e il fondo è sull’infido ghiaino. Si arriva a un
grosso crepaccio dalle pareti verticali ed ecco la corda. Si sale con uno strappo violento, verticale ed esposto, di una decina di metri. Poi segue un infinito ed estenuante (quasi peggio della salita) attraversamento di crode “lunari”, dove il cordino non è continuo e dove bisogna prestare sempre la massima attenzione. Quindi finalmente si perde quota in una stretta e selvaggia forcella. Non mi pare la forcella de Mesdì, me la ricordavo molto più ampia....
Qui commetto il primo errore, mi avventuro giù per la forcella tratto in inganno da peste ben visibili nella ghiaia. Solo che il canalone sotto è davvero impervio e mi pare ci siano salti di roccia. Sfondando nella ghiaia partono dei sassi che rimbombano nel canalone. Dopo una trentina di metri, nessuna traccia dei bolli rossi, capisco che sono fuori strada. Torno su e vedo che il cordino prosegue sulla parete opposta! Riprendo il tratto attrezzato che attraversa pietraie e roccette aguzze (utilissimi i guanti!), qualche ponticello di legno, e dopo discese varie per colatoi ripidi sono finalmente alla
forcella de Mesdì 2597. Levo casco e imbrago e inizio la discesa. Appena il canalone si apre, commetto il secondo errore. Avvisto da lontano una traccia che sembra ben battuta in direzione di passo Brogles, che mi permetterebbe di non perdere quota. Decido di seguirla. Non l’avessi mai fatto! Abbandono il sentiero sicuro e mi avventuro in una spaventosa e disagevole traversate dei ghiaioni, che sono percorsi da decine di colatoi in secca di macigni e ghiaino ripido. La traccia ovviamente ogni volta sparisce, e più vado avanti e più diventa evanescente, fino a scomparire del tutto. Traverso faticosamente, alla meno peggio, i ripidi ghiaioni, sempre con la massima attenzione, una scivolata e si parte con scarse o nulle possibilità di arresto. Per fortuna ho i bastoncini, utilissimi in questi casi! Acchiappo finalmente, esausto, l sentiero che sale a Forcella Pana. Stavolta però lo percorro in discesa, “sprecando” così tutta la quota faticosamente conservata
Così imparo a tagliare....
Mi tocca calare fino a 1875 metri, dove trovo il sentiero che mi porta all’incantevole
malga Brogles m 2045, dove mi fermo per un caffè e per rifiatare. Il panorama è da lasciare senza fiato, la malga è meravigliosa sembra uscita da una cartolina di 50 anni fa. Ancora una volta mi chiedo perché in Trentino posti così siano quasi del tutto scomparsi. Mi rimetto quindi in cammino fino ai 2119 di passo Brogles, quindi in due ore di lungo rientro sono finalmente a Ortisei.
Disl circa 1000, sviluppo 26 km.
Photogallery a tutto schermo
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