Tempo propizio per recuperare le foto e scrivere relazioni dimenticate. Nel 2018 ero stato al rifugio Monteneve per poi proseguire verso la Schwarzwandscharte, con avvistamento gipeto:
http://girovagandoinmontagna.com/gim/alto-adige/monteneve-e-schwarzwandscharte-passiria/msg114016/?PHPSESSID=75ffa8f1a79f71d80fbdd730627a133b#msg114016Rimurginavo da tempo sulla fattibilità della traversata in assenza di due auto, visto le mie abitudini solitarie; una volta trovata la soluzione era il meteo il problema: occorrevano un giorno, e due mezze giornate vicine, di tempo decente (cosa rara nelle ultime estati).
Avvistata la possibilità per il 9-11 luglio, parto così: bus Bolzano-Merano, bus Merano-S.Leonardo, bus S.Leonardo-Moso e infine bus austriaco Moso-Schneebergbruecke.
Non prendetemi per pazzo, ma era l’unico sistema. Il ritorno “semplicemente” Masseria-Vipiteno in bus e Vipiteno-Bolzano in treno.
Dopo mezza giornata in bus, parto dal ponte verso il rifugio Monteneve (non mi dilungo sulla descrizione e foto in quanto il percorso è in buona parte comune alla gita sopracitata).
Arrivo al rifugio Monteneve (Schneeberghuette) con cielo grigio, ma pazienza: il rifugio è molto ampio e confortevole. Mi preoccupano piuttosto le molte chiazze di neve presenti nella conca, malgrado sia estate piena.
L’idea era di ampliare il percorso fino al Kleine Schwarzsee. Fortunatamente larghe strisce di slavine mi fanno rinunciare e punto direttamente alla Schneebergscharte lungo le vecchie infrastrutture e, purtroppo, già tanta neve.
Il contrasto tra i basamenti neri e le rocce calcaree sovrastanti caratterizza tutta la zona. Il tempo, a parte qualche nube bassa, è bello.
L’altro versante della forcella mostra l’uscita delle gallerie delle miniere per il trasporto del materiale con le infrastrutture. Sul fondovalle il “sentiero” (strada forestale) che porta direttamente a Masseria.
La mia meta è invece il “sentiero dei sette laghi” e il rifugio Vedretta Piana (Grohmannhuette) e quindi risalgo verso l’Egetenjoch (passo dell’Erpice) con il timore di doverlo passare nella sella nevosa.
Procedo costeggiando il Moarer e il kleiner Egetensee, ancora semi-ghiacciato.
Raggiungo il passo senza troppa neve (la sella viene aggirata dal sentiero). Qui la situazione sembra tranquilla e prendo il sentiero di sinistra.
Purtroppo la tranquillità finisce subito: il sentiero finisce sulla neve, senza tracce recenti e con una certezza: la neve è cedevole per il caldo. Non mi tranquillizzano i residui di slavine scavati al di sotto da torrentelli rumorosi.
Verso l’altro sentiero sembra vi sia una situazione migliore, ma decido di proseguire per un po’.
La situazione peggiora con altre conche da attraversare con qualcosa che ricorda i crepacci, sempre con sottostanti torrenti. Arrivo infine all’inizio della valle di discesa in corrispondenza del Hintere Senner-Egetensee.
Di qui mi aspetterebbe la discesa completamente innevata verso gli altri laghetti, ma le ripide pareti solcate dalle strisce delle slavine innevate e svuotate, mi convincono a ritornare al passo e tentare l’altro sentiero che passa sotto la Krapfenkarspitze, con qualche tratto tranquillo tra le soldanelle.
Epperò non tutto il sentiero è tranquillo. Attraversa numerosi campi di neve tutti solcati da torrenti sottoneve, come ho sperimentato al primo tentativo di seguire il sentiero, con relativo sprofondanento, fortunatamente senza arrivare col piede in acqua. Quindi sono obbligato a risalire a monte di ogni campo e scendere al sentiero fino al successivo. Poco male se non fosse per la dilatazione dei tempi e della fatica. Alla fine arrivo a costeggiare il lago Torbo.
Mi rilasso pensando di aver finito i guai, ma quasi alla fine del lago, una slavina scavata scende dal monte arrivando fino dentro il lago.
Pochi metri col doppio rischio: sprofondare o scivolare in acqua. Decido per ripetere la manovra di rimontare, ma vista la pendenza e il terreno franoso, allungo ancora molto i tempi e arrivo al di là esausto, anche perchè l’idea era di pranzare al rifugio, ma oramai, vista l’ora, mi accontento della barretta d’emergenza.
Proseguo adesso su facile sentiero, con lo sfondo del Becherhaus e poi, finalmente, del Vedretta Piana con l’illusione di una tranquilla discesa.
Invece il sentiero si abbassa seguendo il torrente e quindi mi aspetta una disagevole e assolata risalita al rifugio (quello con la bandiera fortunatamente; l’altro è il Vedretta Pendente).
Ancora qualche equilibrismo prima della salita e dopo 7 ore di ininterrotto cammino (ne avevo preventivato 5 andando tranquillamente, per 1000 m di dislivello e una lunga percorrenza) arrivo al sontuoso rifugio di ben 8 posti letto con bagni privati (ero il solo a pernottare) anche se un po’ lontani dal letto, ma con la sorpresa che i turisti che stavano scendendo a valle avevano spazzolato ogni forma di cibo, a parte un piatto freddo recuperato dal gentile gestore commosso dal mio stato.
Mi sono rifatto alla cena. Notte, colazione e partenza all’alba percorrendo il sentiero lungo il tumultuoso torrente che corre a lato, anche qui con continue scomparse sotto le slavine. Arrivo a valle e rientro come previsto, con il tempo che si sta guastando.