Due brevi premesse: due anni fa, dopo aver fatto Cima Libera (Wilder Freiger) e Pan di Zucchero (Zuckerhuetl), mi era rimasto il desiderio di vedere il ghiacciaio del Malavalle "dall'altra parte", ovvero come si presenta a chi sale al rifugio Cima Libera (Muellerhuette) dalla stada del passo Rombo.
Quindi l'anno scorso ho provato a salire alla Schwarzwandscharte (o alla Hofmanspitze 50 m sopra) partendo dal Timmelsbruecke, ovvero dai parcheggi più addentro nella strada per il Rombo. Purtroppo, per problemi fisici non vi sono arrivato; e quindi il desiderio è rimasto. Riprovo quest'anno con variante ovvero salire e pernottare al rifugio Monteneve (Schneeberg), che non conoscevo, interessante zona di miniere e attrezzature ancora presenti, di un straordinario trasporto di materiale dal Monteneve alla val Ridanna e quindi Vipiteno attraverso binari e carrelli da miniera, teleferiche, carrozze a cavalli ecc.
Partenza da Bolzano alle 14.00 per il Timmelsbruecke, anche se il rifugio si trova in valle parallela, ma utile per abbreviare la discesa. Quindi due ore di cammino alla luce radente del tramonto che illuminana le straordinare cime candide della zona.
Salendo si incontrano i primi manufatti
finchè si giunge alla piana del Monteneve, vasto complesso di fabbricati e infrastrutture
Stupisce la spaziosità del rifugio, che in realtà è stato concepito come luogo di ricovero per minatori (ad esempio i letti sono di dimensioni adatte non allo smilzo escursionista, ma al robusto lavoratore e quindi comodissimi) con delle comodità inusitate (consiglio di ingrandire la foto per leggere l'ultima riga)
Dopo una cena e notte entrambe ottime, parto per la Karlscharte, forcella da superare per raggiungere la valle parallela, con il sole che illumina queste strane montagne.
Qualche stambecco bruca e certo non si spaventa
Il bel sentiero permette di guardarsi attorno, anche se la valle è molto buia e attraversata da un numero inusitato di marmotte fischianti che corrono a gruppi addirittura incrociandosi. Però mi colpisce un strano "affare" chiaro su uno spuntone di roccia scura (cerchiato in foto): sembra un ometto di pietre chiare. Ma chi è andato a farlo lì?
Proseguo godendomi le marmotte, ma l'occhio continua a cadere su questo ometto immobile (o no?). Salendo mi avvicino, ma non tanto da capire cos'è; finchè mi pare che la parte superiore si muova: penso a un disturbo visivo, non ho binocolo e a anche il tele della macchina fotografica ha bisogno dell'ausilio degli occhiali che ovviamente sono sul fondo dello zaino. Ma sì proseguo e ..si muove ancora! (o altra allucinazione?). Per non perdere altro tempo scatto alcune foto e vedrò poi a computer. La salita alla forcella è allietata da degli stambecchi in cresta
In particolare uno si ferma a guardarmi e emette uno strano verso, non di allarme, come "hreek". Due secondi e si affaccia un piccolo
E immagino quanto detto dalla mamma: "Vedi quello strano bipede. Si carica la schiena per venire fin qui, ma non per nutrirsi o riprodursi. E' innocuo, ma sicuramente un po' fuori di testa". Finito l'insegnamento se ne vanno
Dalla forcella è un lungo percorso, molto bello, fino ai laghi del Tumulo, già visti l'anno scorso
Di qui comincia la salita su tre distinte morene ripide e intervallate da lunghi tratti piani. Alla schiena il ghiacciaio dell'Hochfirst con dietro la cima delle Anime.
Alla seconda morena con sollievo ho visto il tracciato alla forcella privo di neve
L'anno scorso la situazione era diversa
ed il fatto di essere arrivato al punto con molto ritardo, aveva comportato che la conca era completamente assolata e quindi i ramponi al seguito non potevano servire sulla neve dove si sprofondava; infatti due escursionisti che mi precedevano arrancavano. Di qui la allora decisione di scendere e godermi lo spettacolo dei laghi del Tumulo.
Quest'anno salgo sempre su bel tracciato fino a dove la conca si restringe; lì una frana di grossi massi ricopre il tutto, ma comunque si avanza bene, finchè mi sorprende il rumore di acqua che scorre sotto i miei piedi. Scorgo neve ghiacciata sotto i massi che evidentemente l'hanno protetta dal sole. Purtroppo la neve ghiacciata compare in un attraversamento, breve, tra i massi: quel che non tranquilizza sono i profondi solchi creati dai ruscelli. Decido di superare sulla parte superiore della frana su grandi massi instabili, ma vedo finalmente la ripida forcella: solo qualche chiazza di bianco. Resta solo l'ultimo tratto ostico (così penso) sui massi e in quel momento vedo due escursionisti scendere dalla forcella provenienti dal ghiacciaio. Noto i caschetti, l'imbragatura e stranamente (per me) ancora i ramponi. La cosa ancor più strana è che eseguono evoluzioni per scendere, girando spesso la schiena alla valle pur senza salti di roccia. Finalmente mi avvicino e riesco a vedere (e dopo un po' a fotografare) la salita, nel mentre raggiungo i due
Una corda da arrampicata sul tratto a fianco del ghiaccio affiorante (ritengo stesa dai gestori del rifugio per permettere l'attraversata al Malavalle). Chiedo ai due com'è oltre lo spuntone: una ripida lastra di ghiaccio ricoperta di terra e ghiaia franosa. Ecco perchè avevano tenuto i ramponi. Come si dice in veneto: benon! è la seconda volta che devo ritornare indietro e qui a 100 metri dalla forcella! Poi ci ripenso e indosso i ramponi di emergenza a 6 punte che dormono nel fondo del mio zaino da primavera e con l'aiuto della corda, malgrado i grandi sbandamenti permessi dalla corda lasca (ecco le evoluzioni dei due), lentamente risalgo. Rimpiango le punte frontali dei normali ramponi, ma son felice di non avere le catene/ramponcini non avrebbero permesso di sfondare fino al ghiaccio. E finalmente la forcella! Grande soddisfazione e tanta tristezza a vedere il ghiacciaio così ridotto (la Wilder Freiger sullo sfondo).
A destra emerge il Becherhaus
50 m sopra di me l'Hofmanspitze, a cui rinuncio perchè non mi porta nessun aumento di visuale e mi costringerebbe a doppia manovra coi ramponi
E quindi ritorno in coda a due escursionisti locali (a cui invidio sempre i normali ramponi) sopperendo alla mancanza della frontali piantando il tallone, cosa non sempre facile per la presenza di terra e sassi. Resta l'attraversamento della lingua di neve, ma i due conoscevano il miglior punto di passaggio e quindi mi son risparmiato i massi tremolanti.
Discesa pienamente godibile lungo la valle, con soste obbligate ad ammirare i laghi e alla Timmelsalm per una generosa fetta di torta e quindi all'auto e a casa....
...dove mi ricordo del mio ometto di pietra, scarico le foto, le ingrandisco un po': e voilà! un bellissimo gipeto che si crogiola al sole del mattino.