Il laghetto alla fine della Strada del Careta, sullo sfondo la Vigolana
Una mega valanga in Marmolada, un morto in Alto Adige, e dove si va? Decidiamo di volare bassi
Lo spunto arriva da una foto della cascata di
Valimpach in
Val di Centa, allora mi ricordo di una incredibile strada scavata nella roccia che si intravede da lontano salendo verso il Passo della Fricca. E’ la
“Strada della Val Careta”, la vecchia via di comunicazione che
collegava Caldonazzo con gli Altipiani. In rete non si trova nessuna notizia utile, consulto le carte, il sentiero è il
219. Bon, si va a vedere.
Vigolana
Vecchio maso
Da Caldonazzo si passa il ponte sul torrente Centa poi si gira a dx, poi di nuovo a sx verso la
loc. Pineta si sale con l’auto per alcuni tornanti
fino a quota 577. Qui notiamo sotto a un cartello un’ordinanza del sindaco che dichiara
chiusa la strada del Careta per frane, smottamenti, crepacci, roccia instabile eccetera. Solo che è un’ordinanza del 2007! Decidiamo di andare a vedere. Prendiamo la bella stradina bel bosco, dopo qualche km entriamo in
una specie di canyon, oltrepassato il quale c’è una specie di chiesetta-altare e, subito, dopo dei
cartelli terrorizzanti di pericolo.
Il sentiero è ufficialmente chiuso
L'inizio non è incoraggiante...
Poi migliora...
Con sorpresa troviamo un cartello di sentiero attrezzato, ma non abbiamo niente con noi, né casco né corde né imbrago. Proviamo ad andare avanti, in effetti
i primi metri sono piuttosto preoccupanti, la
strada è completamente franata in un ripidissimo canalone ghiaioso. Ci solleva un po’ la presenza di un
cordino che costeggia le rocce. Sotto il vuoto o quasi. Si avanza con molta circospezione, e anche un po’ di preoccupazione, il terreno è cedevole-ghiaioso. Sotto ci sono vari strapiombi, è tutto franato e franabile.
Le scarpe affondano nella sabbia, per fortuna il cordino ci aiuta parecchio. Superiamo questo insidioso tratto lungo circa mezzo km. Se dovesse peggiorare, pensiamo, torneremo indietro.
Il sentiero segue una specie di cengia
Percorso aereo sullo strapiombo
Meglio non guardare di sotto...
Una delle gallerie scavate nella roccia
I grossi paracarri in pietra lungo la strada
In effetti il percorso migliora, si rivede la strada coi vecchi paracarri in pietra, anche se in molti tratti è sepolta da ghiaia e frane di roccia, oppure ridotta a stretto sentiero. Sobbalziamo dallo spavento per due guizzi improvvisi tra le pietre e il fogliame: due spendidi ramarri!
Ci alziamo lentamente di quota, con
fantastici scorci verso la Vigolana, il paese di Centa, con Val di Centa parecchie centinaia di metri più in basso. Entriamo in una galleria che “fora” uno spigolo di roccia e ci permette di passare oltre.
Nei tratti franati ci sono delle incerte passerelle
Un bellissimo ramarro ci osserva perplesso...
Galleria nella roccia
Quando pensavamo di averla fatta franca sbuchiamo in un vallone con fianchi ripidissimi che precipitano in una gola selvaggia.
Stavolta è crollato mezzo fianco della montagna che si è portato via tutta la sede stradale per almeno 400 metri. Proseguendo a fil di roccia sugli strapiombi, aiutati dal provvidenziale cordino, scendiamo quindi lungo la frana e, giunti sul fondo, risaliamo sull’erto versante opposto.
Qui le frane si sono portate via un intero tratto di strada... scendiamo per la colata detritica
Rododendro nano
Ecco i cartelli...
La strada coi grossi parracarri, sullo sfondo il Becco di Filadonna
L'incredibile strada del Careta scavata nella roccia
Qui una gradevole sorpresa: troviamo il cartello del sentiero attrezzato (significa che nel nostro senso è terminato) e una
gradita fontanella di acqua fresca. La strada ora è scavata nella roccia, anche se la sede è talvolta colma di materiale franato, macigni, altrove con il fondo scavato qua e là dai torrenti durante i temporali. Poco dopo arriviamo ad una specie di poggio, dove con stupore troviamo dei ruderi di edifici: la
vecchia Osteria alla Stanga! Incredibile che avessero costruito qui, in questo posto dimenticato da dio, circondato da precipizi, addirittura un’osteria! La data di costruzione è probabilmente il
1897. Abbiamo provato a immaginare come potesse essere questo posto, coi carrettieri che intraprendevano questo duro e pericolosissimo viaggio lungo questa strada scavata nella roccia a strapiombo. Su una delle facciate dell’ex osteria,
una lastra di marmo con una fessura per le offerte a Sant’Antonio.
Osteria della Stanga
L'altarino dedicato a S. Antonio con la feritoia per le offerte
Qui c'era il punto di sosta per i cavalli e un'osteria per rifocillare i viandanti
Becco di Filadonna
Le frazioni affacciate sulla Valle del Centa
La Strada del Careta, la vegetazione cela il baratro sulla valle
Proseguiamo per la strada che diventa più bella e più larga, la pendenza è sempre modesta. Un altro smottamento s’è portato via 10 metri di strada giù per un canalone, saliamo nel bosco per aggirare il baratro. Andiamo avanti, la strada è incantevole e inizia a salire a larghi tornanti, siamo ormai fuori dal vallone, in vista del sospirato scollinamento (siamo in marcia da quasi 8 km).
La strada salendo di quota diventa decisamente più facile
File di paracarri
La bella strada nella faggeta
Il laghetto nella radura dove il sentiero scollina
Finalmente il terreno spiana e sbuchiamo in una bella radura nei pressi di un laghetto, dove ci fermiamo per pranzare. La strada del ritorno è ancora lunga, ripartiamo seguendo il “Sentiero della Pace”, una magnifica stradella nel bosco praticamente pianeggiante con spettacolari squarci panoramici sul Lago di Caldonazzo. La strada finisce e continua in un sentiero martoriato da valanghe, frane, smottamenti.
Vista verso il Bivacco della Madonnina
Avvistiamo il Lago di Caldonazzo
Iniziamo la discesa
Molti passaggi sono franati o stanno franando, le crepe nel terreno non presagiscono nulla di buono. Attraversiamo una zona boscosa dove c’è stato evidentemente un grosso incendio, con i tronchi degli alberi anneriti dal fuoco. Incontriamo il bivio col
Monte Cimone, noi caliamo verso
Tomazzol. Qui ci sarebbe la possibilità di tagliare ripidamente col 222, ma vista la natura infida del terreno preferiamo allungare verso est e prenderla più larga (e si spera comoda). Altri squarci spettacolari sulla
Valsugana, su
Levico e
Caldonazzo. Vediamo da lontano un’aquila, o forse una poiana, è troppo lontana per distinguere bene... Le rocce sono quasi invase da bellissimi cespugli di erica ma soprattutto di mughi e di rododendro nano coi suoi bei fiori rosa.
Discesa per il Tamazzol con vista sul Lago di Caldonazzo
Vista su Rava-Lagorai
Veduta sul Lago di Caldonazzo e il promontorio di Tenna
Una delle numerose passerelle
Punto di sosta
Vista sul Piz di Levico o Cima Vezzena
Discesa verso il Menador
Il sentiero si biforca
Lungo la discesa, vista su Armentera, Piz di Levico, la Strada del Menador coi suoi tornanti
Il sentiero ridiventa rognoso, ma poco dopo scopriamo che stanno facendo lavori di ripristino, con varie passerelle e scale di legno in costruzione nei punti più ostici. Per fortuna si può passare agevolmente. Il sentiero si dirige verso la Val Cesta dove scende la Strada del Menador (o Kaiserjaeger). Arrivati su una dorsale il sentiero svolta finalmente e ritorna, con qualche tornante e un lunghissimo traversone, fino alla macchina.
Punto di sosta con magnifica vista sul Lago di Caldonazzo
Conclusioni: esordio escursionistico col "brivido" con una prima escursione piuttosto tosta, soprattutto per il percorso disagevole e un po' pericoloso. Percorso bellissimo, selvaggio, insolito e suggestivo. Incontrato nessuno. Dislivello circa 500 mt, lunghezza 15 km. Se proprio qualcuno la volesse rifare, tenga presente che: molti tratti sono franosi e apparentemente ancora assai instabili, da evitare quindi con pioggia, vento o temporali. Assai opportuni casco e imbrago, magari un pezzo di corda.
Punto di relax con vista sulla piana di Levico e Caldonazzo
Immagine d'epoca dell'Osteria della Stanga con la Strada del Careta