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In due giorni le fiamme hanno distrutto oltre 150 ettari del Parconazionale delle Dolomiti. Quasi sicure le responsabilità umanedi Daniele Mammani e Anna ValerioBELLUNO - Il San Mauro brucia ancora. E la mano che ha innescato le fiamme è quasi sicuramente quella dell’uomo. Il monte che sovrasta la vallata feltrina, all'interno del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi è ancora avvolto dalle fiamme. Da domenica le Vette sono in una morsa rovente e, nonostante i lanci d’acqua effettuati da tre elicotteri e l’intervento di decine di forestali e vigili del fuoco, l’emergenza non sembra rientrare.Le operazioni ieri sono state rese difficili dalla densa coltre di fumo tenuta sopra il rogo dalla bassa pressione. Gli elicotteri ieri hanno cominciato a sorvolare la zona solo dopo le 10. Alzarsi in volo per "innaffiare" le fiamme sarebbe stato molto pericoloso. La visibilità zero avrebbe messo in serio pericolo l’incolumità di piloti e motoristi. Era atteso anche l’intervento dei Canadair costretti però a terra dalla burocrazia. A tenere negli hangar anzichè nei cieli i provvidenziali velivoli il non ancora rinnovato contratto tra Stato e la società che gestisce gli aerei "anti-fiamme".Intanto fino a ieri sera si stima siano andati in "fumo" oltre 150 ettari tra il San Mauro, monte Grave e Valle di San Martino. «La fauna superiore - spiega il direttore del Parco, Nino Martino - è ipotizzabile sia fuggita. Gli animali in letargo sono però stati sopraffatti dalle fiamme. La flora subirà un danno ingente in una zona dove si sono già verificati questi eventi». I vigili del fuoco hanno vegliato sugli abitati di Lasen e Arson perché l'incendio si era abbassato e grande attenzione è stata posta anche in Valle di San Martino dove i vigili hanno tenuto il terreno umido per arginare il fuoco. Il lavoro maggiore l'hanno fatto i tre elicotteri (due del Servizio forestale regionale e uno del Corpo forestale) che incessantemente hanno gettato acqua per fermare l'avanzata.«La drammaticità dell'evento è la sua difficile controllabilità, perchè si propaga con molta velocità in una zona formata da balze rupestri che ne favoriscono l'avanzamento», spiega Cesare Lasen, abitante di Arson, ex presidente del Parco delle Dolomiti ed esperto in botanica. Le operazioni sono riprese oggi alle 7 e i forestali stanno tentando con alcune squadre a piedi l'avvicinamento all'incendio per verificare la situazione. Cosa finora impossibile per la caduta di sassi lungo i costoni.«Sono in continuo contatto con il personale sul posto - ha detto il sindaco di Feltre Gianvittore Vaccari - ringrazio tutti per il grande impegno che stanno mettendo per risolvere la situazione». Sarebbero almeno un centinaio le persone che stanno lavorando a vario titolo per spegnere l'incendio, il terzo della storia dopo il 1976 e il 1990. Infine, il direttore del Parco ieri ha presentato in Procura a Belluno una denuncia per disastro colposo. Dietro il fuoco, insomma, c’è l’uomo.
Agh, io ho il ricordo da bambino, 8, 9, forse 10 anni avevo, quindi 16 anni fa circa, prese fuoco in maniera poderosa il monte sopra Riva del Garda, penso il Baldo...Ricordo che in una notte di domenica andò a fuoco tutta o quasi il versante della montagna che dava su Riva del Garda. Hai memoria di questo disastro?
Parco Nazionale Dolomiti BellunesiPiazzale Zancanaro, 1 - 32032 Feltre (BL)tel. 0439 3328 - fax 0439 332 999 - info@dolomitipark.itNewsletter del 09/02/2011Incendio domato, quasi spentoEccoci al quarto giorno di intervento. Sembra proprio che l'emergenza sia finita. Il fuoco è spento, non si vedono focolai accesi ne fumo in alcuna località, neanche in valle di San Martino che ieri 8 febbraio fumava ancora.Gli agenti del Corpo Forestale dello Stato sono sui sentieri del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi per monitorare la situazione e determinare le cause dell'incendio.Gli uomini dei Servizi Forestali della Regione Veneto mantengono la sorveglianza ed il coordinamento delle attività di antincendio. I volontari sono rientrati al lavoro ma sono sempre pronti ad accorrere in caso di necessità.Si stima, per il momento, che alla fine grazie all'impegno di tutti coloro che hanno lavorato, l'incendio abbia percorso il monte San Mauro e una parte del monte Grave, lambendo appena il crinale verso la valle di Canzoi, interessando ca. 150 ha di territorio.Il lavoro degli uomini dell'antincendio è servito ed è stato efficace. Anche la chiesetta di San Mauro è stata risparmiata, grazie ad una accorta misura di "controfuoco" attivata dai volontari sul campo. Nessun danno alle casere e alle case degli abitati di Lasen ed Arson. Solo tanto fumo, tanta CO2, tantissime PM10 sparse nell'aria e nei polmoni delle genti del Feltrino.Nei prossimi giorni sapremo quali e quanti sono i danni alla flora e alla fauna, nel dettaglio.Oggi sappiamo per certo che l'incendio si è propagato, da mano umana, consapevole o inconsapevole ce lo diranno gli inquirenti, proprio nei luoghi dove per primo era stato avvistato l'orso Dino, proprio nei luoghi dove nidifica l'aquila reale che nel parco ha 9 coppie nidificanti.Speriamo che sia poca la fauna distrutta dall'evento criminoso. Di certo una coppia di aquile dovrà ritrovare un luogo dove nidificare, di certo oggi abbiamo avvistato una settantina di gracchi alpini che vagavano alla ricerca di luoghi dove nutrirsi e fermarsi a dormire: l'intera colonia del monte san Mauro è stata sfrattata dalle fiamme. Per non parlare delle decine di specie floristiche endemiche, come la Primula tyrolensis, che sono state distrutte dalle fiamme.Il giudizio sugli eventi è chiaro: altissima la sensibilità della gente che ha tempestato di telefonate i centralini e seguito l'evento dal vivo, sui social network, sul web; grandissima la capacità delle forze impegnate nell'opera di spegnimento (CFS, VV.F, Servizi Forestale del Veneto, squadre della Protezione Civile, volontari, ma anche i Carabinieri, i Vigili Urbani di Feltre, l'Esercito Italiano, il COAU). E' anche chiaro che tutto ciò si poteva evitare: se il Parco avesse 10 agenti del CFS in più, se ci fossero gli stanziamenti per dotarsi di una stazione di pronto intervento antincendi del Parco, se i canadair o elicotteri potenti come il CH47 intervenuto fossero di stanza a Belluno o Treviso (come era sino al 2002), forse tutto questo non sarebbe successo.Già ma ci dicono sempre che non ci son soldi..! Ma quanti ne spendiamo poi nel turare le falle che si aprono? Non sarebbe meglio operare per prevenire piuttosto che per curare? Domande retoriche, forse, ma di drammatica attualità per l'orso Dino che potrebbe non tornare, per l'aquila e i gracchi che dovranno cercar casa, per tutti i rettili e gli insetti e i micromammiferi e i fiori e gli arbusti e gli alberi che ora sono solo cenere e braci... ancora calde. ____________________________________________Traccia - La newsletter di Dolomitipark.ithttp://www.dolomitipark.it
mi chiedo se nel Trentino la cosa sarebbe andata in parallelo. I parchi di montagna sono in fondo alla lista delle priorità. Per la verità non so chi potrebbe voler farsi la villa su quei costoni precipiti, ma qualcuno interessato a degradare il parco può avere obiettivi più ambiziosi..
voi direte che sono fissato, ma ripeto ancora e tornerò a ripetere che in calabria ci sono almeno tre volte i forestali del Veneto (4500, compresi quelli delle magnifiche comunità)
Era atteso anche l’intervento dei Canadair costretti però a terra dalla burocrazia. A tenere negli hangar anzichè nei cieli i provvidenziali velivoli il non ancora rinnovato contratto tra Stato e la società che gestisce gli aerei "anti-fiamme".
grazie, Alex! sei INFORMATISSIMO