In valle del Piave affluiscono due torrenti denominati Ardo. I due si fronteggiano su sponde opposte e, curiosamente, presentano entrambi una notevole attrattiva geologico-paesaggistica.
L'Ardo che scende per l'omonima valle, dal gruppo della Schiara verso Belluno, possiede un paio di geositi raggiungibili a piedi piuttosto velocemente, ma la valle si presta ad una bella escursione per prolungare il piacere del cammino.
Primo dell'anno, bel tempo, niente gente, tutto asciutto, la situazione ideale per questo luogo.
Si parcheggia in località Case Bortot, poco più su del ristorante che porta lo stesso nome. La strada è stretta e i posti pochi: tenuto conto che qui termina l'Alta Via n.1, immagino le difficoltà nel periodo estivo. L'escursione è ad anello, e si percorre in senso antiorario. Da Case Bortot (belli i tetti delle case vecchie, ricoperti di blocchetti di calcare e tutte con il "Larin" verso sud), si scende a Pont de la Mortìs, e qui si trova subito una suggestiva forra scavata dal torrente su Scaglia Rossa (roccia sedimentaria calcareo-marnosa). Si rimonta subito la valle per un sentiero abbastanza pendente (il dislivello da fare è più che altro qui) e ci si porta su una forestale che, puntando verso nord, corre in livello.
Primo dell'anno, primule che stanno spingendo le foglie fresche, una già fiorita.
Molto bella una piazzola panoramica verso la testata della valle; di fronte la famosa Gusela del Vescovà (l'ago del Vescovo, in bellunese; il pinnacolo al centro delle foto 3 e 4; a destra la Schiara, a sinistra le Pale del Balcon). Si percorre quindi una galleria in roccia viva lunga poco meno di 400 metri (qualche apertura, pila raccomandata) che ci porta verso l'estremità nord dell'escursione, dove scendiamo con una serie di tornanti verso il letto dell'Ardo e il Pont de Mariano, dal nome dell'ultimo pastore della valle. Presumo che la forestale e la lunga galleria siano in funzione della captazione di acqua potabile; altra ragione non si vede, giacché la valle è completamente cieca.
Dal torrente si risale brevemente fino ad incontrare il sentiero CAI 501, parte terminale dell'Alta Via n.1. Il sentiero è decisamente largo ma, come dal lato opposto, gli strapiombi sono fenomenali; meglio guardare sassi, piante e panorami da fermi, qui non ci sarebbe una seconda possibilità.
Proseguendo verso sud si incontra una deviazione verso valle che ci porta al sito di maggiore attrattiva: il "Bus del Busón" (la reiterazione del concetto rende bene come il "buco" sia importante…), ossia un tratto di paleoalvo dell'Ardo, abbandonato da quest'ultimo in seguito ad una frana che ne ha ostruito l'imbocco. Lo scavo è tutto sul Calcare di Socchèr (calcare grigio con letti di selce).
La forra è notevole, a tratti ampia e a tratti molto stretta, comunque profonda, e la successione dei fitti strati di calcare contrasta magnificamente con il tappeto di foglie rosso-marroni di faggio.
Si può risalire da sud, ma ritorniamo sui nostri passi, perché ripercorrere la forra è doveroso.
[Una nota: per fotografare è indispensabile almeno un micro cavalletto, in modo da potersi appoggiare alle pareti, i tempi sono molto lunghi. Non concordo con quanto scritto altrove, per cui sarebbe meglio (d'estate) trovarsi nel breve tempo in cui il sole riesce ad entrare nella forra: le differenze di EV sono molto grandi già con luce diffusa, nel caso vi sia una lama di luce diretta si va incontro ad uno sbilanciamento disastroso tra zone in ombra e zone illuminate. Decisamente meglio una giornata invernale o nuvolosa].
Tornati su, in pochi minuti si ritorna a Case Bortot.
Lunghezza 11,5 km - dislivello 740 m.