Reinhold Messner rilancia una sua idea, quella di
fermare il turismo oltre i 2500 metri... cosa ne pensate?
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TRENTINO ALTO ADIGE - L'Alto Adige sarà anche la provincia più ricca d'Italia (questi gli ultimi dati della classifica Eurostat), ma si tratta di un'economia «fragile», in cui il rischio che tutto il lavoro degli anni trascorsi vada perduto è molto alto. Lo sostiene Reinhold Messner parlando dei ragionamenti che stanno a contorno dell'ultima mostra ospitata a Castel Firmiano «Berg Heil - Le Alpi violate» , opere grafiche e multimediali per raccontare un mondo che sta cambiando ed in cui convivono vecchi alpigiani e snowboarder estremi, un equilibrio sospeso tra passato e presente, ed il cui futuro è pericolosamente incerto. E Messner ne ha per tutti, per il comune di Bolzano che non si impegna e per chi vuole costruire funivie sempre più in alto, per il Cai che ha la responsabilità di prendere una posizione e per i «fondamentalisti» dell'ambiente. Alla fine, la sua ricetta è molto semplice: «La montagna fino a una certa quota, sui 2.500 metri, va fatta prosperare, mentre sopra va lasciata integra». E anche gli uomini: «Ci sono i turisti e gli alpinisti, e non vanno confusi».
Un'idea di questa mostra è che le montagne sono ormai considerate una «sport arena», Disneyland, o perfino parco giochi. È una tendenza inarrestabile?
«Sì. Dobbiamo finalmente discutere che cos'è il turismo e cosa è invece l'alpinismo. L'alpinismo comincia quando il turismo finisce. Per il turismo bisogna fare un'infrastruttura, i rifugi. Io non ho niente in contrario a questo perché il turismo è la base della nostra economia».
Cosa la fa arrabbiare?
«C'è un museo a Bolzano che riceve mezzo milione di euro di sovvenzione e ha il parcheggio gratuito, mentre a me, che non chiedo nulla, fanno addirittura pagare 30.000 euro all'anno solo per il parcheggio. È assurdo».
Lei che cosa si sente? Un contadino, un artigiano, un alpinista, un esploratore, un collezionista d'arte...
«Un po' tutte queste cose. L'unica cosa che non mi sono mai sentito è un esploratore. Ecco, forse uno scienziato anche senza aver studiato. Ma mi sono appassionato alle montagne sacre e volevo sapere il perché di questa montagna, il perché di un'altra. Un contadino: porto avanti tre masi di montagna e ne sono molto fiero.»
Sopravviverà la prossima generazione di contadini di montagna?
«Io so che un contadino di montagna con un maso a mille, duemila metri di altezza sopravvive solo se si autosfrutta, se va a lavorare e porta soldi a casa. Il resto sono tutte le chiacchiere, ed è davvero assurdo che i contadini di montagna debbano pagare le tasse come quelli di città: è sciocco. In Alto Adige la prossima generazione riuscirà a salvare il territorio solo se verrà tutelata da chi porta avanti la nostra politica. Durnwalder era un contadino e ha fatto il massimo, un lavoro bellissimo: forse non tutto era perfetto ma lui ha salvato la nostra economia negli ultimi 25 anni. A questo punto sono anche favorevole ad un presidente cittadino, ma deve capire le esigenze di chi vive e lavora in montagna, senza contadini non c'è turismo»
Lei dice di rifiutare i contributi...
«Io sono del parere che è molto meglio cavarsela da soli. È chiaro che in montagna le strade le devi fare, e sono molto costose, ma se si vuole l'autonomia totale bisogna essere molto bravi in tutti i campi. E io sogno questa situazione».
Cosa bisogna fare dunque?
«Questo paesaggio è la somma di due valori: la terra coltivata, cioè la cultura della montagna, e la terra selvaggia, il wilderness. È molto facile, in realtà: nel corso del tempo l'uomo ha dimostrato fin dove può fare delle infrastrutture e dove invece deve fermarsi, intorno ai 2.500 metri: vanno quindi tutelati i sentieri ed i rifugi che già ci sono, ma non si deve costruire nulla di nuovo. Sotto, bisogna invece aiutare le malghe in difficoltà, e contrastare i fondamentalisti che protestano contro ogni intervento umano. C'era questo maso, ma sia il Cai che l'Alpenverein e Mountain Wilderness hanno impedito che venisse costruita una strada, e così il contadino se ne è andato.
C he differenza c'è tra turisti e alpinisti?
L'alpinismo comincia dove il turismo finisce. Io mi occupo di entrambi gli aspetti della montagna, sia della cultura che c'è nelle Alpi da circa 10.000 anni, che della natura con cui l'uomo non dovrebbe mai interferire. Io sono un turista e un alpinista, e quando sarò vecchio, sarò solo turista e sarò contento. Il Cai avrebbe il compito di fare un ponte tra queste due anime».
Il Trentino guarda all'Alto Adige. Può essere un modello di riferimento?
«In Trentino va abbastanza bene: noi ci teniamo moltissimo alla cultura di montagna, però loro hanno i prezzi un po' più bassi e un grande successo con i paesi dell'est. Non mi sento in competizione con il Trentino, però voglio battermi per la mia terra perché abbiamo solo una possibilità per salvare la cultura di montagna».
l'adige 20 marzo