Autore Topic: Taddei: "Il verde a Trento oggi è penoso"  (Letto 2285 volte)

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Offline AGH

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Taddei: "Il verde a Trento oggi è penoso"
« il: 10/05/2009 21:48 »
bellissimo articolo-intervista a Ottone Taddei oggi su l'Adige, di professione arboricoltore, che finalmente dice chiaro di come sia penosa oggi la situazione del verde in città e anche in generale, in special modo depreca la mania di tagliare le grandi piante o i viali alberati.
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Il Trentino e i trentini amano la natura, animali ed alberi. O no? No! Qui da noi, e in Italia in generale, manca la cultura dell'albero, dell'albero monumentale, soprattutto nelle città dove la pianta con una grande chioma è, invece, un importantissimo regolare del clima. Per questo Ottone Taddei, 48 anni, fa di professione quello che negli Stati Uniti chiamano il dottore degli alberi, tree doctor .

Arriviamo a Villa Lubich, un paradiso di piante e di architettura soave. Una dolce signora ci offre un caffè e ci sentiamo in pace, parlando di serpenti e di ricci, poi anche di uccelli rapaci. Usciamo e Ottone è già lì. Con una grande fionda fiocina in alto una corda da scalata. Poi salirà sull'alta sequoia, 35 metri, con moschettoni e imbragatura. È un ragazzone ancora ma anche un uomo semplice e semplicemente innamorato degli alberi. «Faccio l'arboricoltore, professione poca diffusa in Italia, molto e da tanto nei paesi anglosassoni. Lì ci sono scuole, corsi specifici, specializzazioni universitarie». L'oggetto del tuo lavoro? «Gli alberi ornamentali, quelli dei giardini, dei viali. In Gran Bretagna, negli Usa, per curare gli alberi chiamano solo gli arboricoltori, magari affiancati da consulenze di laboratori universitari.

Lo chiamano tree doctor in Inghilterra, negli Usa tree surgeon . Esistono specifici contratti di assicurazione tarati su questa figura professionale. Da noi non esiste nemmeno la categoria tra le partite Iva». Tra le abilità di questa gente ci deve essere, naturalmente, anche quella della scalata. L'attrezzatura è fatta di seghe a mano, motoseghe, ma anche siringhe. «Qui da noi invece - dice Ottone - si fanno cose molto sbrigative sugli alberi. E sempio, gli olmi tagliati in via Grazioli a Trento. Mentre in piazza Fiera hanno preso l'unico olmo, hanno fatto dei consolidamenti dinamici tra i rami, lo hanno potato bene. In via Grazioli se ne era sradicato uno per le nevicate e ne hanno tagliati una decina». Timori degli schianti, dei danni, delle beghe. «Si poteva cercare di tenerli, anche con riduzioni severe. Del resto, se la pianta caduta fosse stata potata bene, non sarebbe caduta. Ora temo che in via Galilei si apprestino a fare lo stesso».

Ma hanno messo a dimora altre piante. «Non è affatto la stessa cosa, pensa al tempo che si impiega per rifare la massa verde. Le grandi piante hanno un effetto climatizzante nelle città. Ricerche specifiche hanno dimostrato che un certo aumento della temperatura può essere contrastato dagli alberi nelle città, anche con l'aumento dello loro chiome. Una pianta giovane non è eguale ad una pianta vecchia, perché per rifare una grande chioma ci vogliono 50 anni». Il Trentino, dicono i trentini, è all'avanguardia ambientale. Secco secco Ottone: «Per quello che vedo io i trentini amano il panorama più degli alberi. I trentini amano poco gli alberi vicino a casa. Sono ancora contadini: un albero che non dà frutto si taglia».

Le città, spiega Taddei, vivono in bolle riscaldate, anche 3-4 gradi in più della temperatura ambientale normale. «In America hanno fatto delle ricerche che hanno dimostrato quanto si possa risparmiare di aria condizionata con gli alberi». Doctor , quali sono le cure più tipiche per cui ti chiamano? «La più comune è la sistemazione dei danni, da neve ad esempio. O da incuria, come il seccume. Nel 2007 e 2008 da noi ci sono stati problemi gravi con la processionaria del pino. In Trentino per debellarla si tagliano le piante. Non serve, si può assolutamente curare. Due sono i sistemi. Togliere i nidi quando sono pieni e la famosa iniezione». Mostra la siringona, grande come quelle che un tempo ti schiaffavano nel petto quando entravi nell'esercito. «Inietto un prodotto insetticida, che rimane confinato dentro la pianta e lavora per due, tre anni. Il pino non prende più la processionaria. Endoterapia la chiamano in Italia».

Perché ti accingi a scalare questa grande sequoia? «Ha perduto la punta, per un fulmine. Dobbiamo cercare di ripristinarla. Quindi salgo per togliere i rami che potrebbero entrare in competizione con la nuova punta che si sta formando». È paziente Ottone, si vede che ama il suo lavoro e che ama le piante. «Spesso qui da noi, le nostre amministrazioni comunali hanno solo paura degli eventuali danni causati da alberi. Qui l'albero è poco considerato».

Un esempio. «Lungo l'Adigetto hanno tolto due o tre chilometri di alberatura. In Inghilterra una mostruosità del genere non sarebbe mai potuta passare. Un capriccio. L'Adigetto esiste da 150 anni e non è mai esondato». C'è più attenzione nei paesi anglosassoni, dice. Esempio? «In Inghilterra i piani regolatori prevedono anche le distanze dagli alberi a cui si può costruire». Ottone ha lavorato là, per una azienda che si occupava solo di alberi. D a cosa ti viene tutto questo amore per le piante? «Da una prima folgorazione. Ai miei 15 anni lessi un libro sugli alberi, di Hugh Johnson. Appassionante, mi ha fatto amare le piante. Anche se poi ho fatto scelte di studio e professionali diverse. Fino a che, un giorno, ho pensato di dedicarmi solo alle piante. Fu nel 2004 che presi la cosa seriamente».

Dove si studia arboricoltura in Italia? «Scoprii qualcosa a Monza ma corsi costosi e brevi. Poi su Internet ho saputo delle scuole inglesi, veri corsi, anni scolastici. Poi anche studi universitari. Io ho preso il diploma, due anni di studio, e dal 2005 ho deciso di dedicarmi solo a questo, come professione». Ci vivi Ottone? «Ho amici che lo fanno da 20 anni. Io però ho un altro approccio: quello della consulenza, della cura anche alla singola pianta. Comunque, adesso incomincio a viverci bene. Il lavoro me lo danno, al 95%, i privati. Io mi occupo anche di arbusti, e di impianti». Non solo di piante monumentali? «Macché, da noi sostanzialmente non ce ne sono e quelle che ci sono servono più che altro come richiamo turistico». Il tuo sogno quale sarebbe? E qui la frustata è forte: «Vedere sistemato l'assetto del verde a Trento. Oggi è penoso». E qui, davvero, ci fanno male gli alberi.

10/05/2009
Blog di Montagna
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