Nel precedente giro con salita al
M. Cornon - Monte Agnello (val di Fiemme) avevamo dovuto tralasciare il
M. Pelenzana per il buio incombente. Torniamo quindi a “regolare i conti” ma soprattutto per osservare le famose
Scritte dei Pastori. Si tratta di antichi graffiti, risalenti ad alcuni secoli fa, che i pastori di capre e di pecore hanno lasciato sulle rocce a testimonianza del loro passaggio. Le scritte sono state catalogate dal
Museo degli Usi e Costumi di S. Michele all’Adige, che ne ha contate addirittura
30.000, sparse un po’ ovunque nel
massiccio del Cornòn, sottogruppo del
Latemar. Molte purtroppo sono state cancellate dal tempo, ma sono ancora tantissime quelle ancora perfettamente leggibili. Le più antiche risalgono al 1600-1700.
Le scritte si trovano alla base dei roccioni, spesso a strapiombo
I pastori usavano un'
ocra rossa che si reperisce facilmente in loco, chiamata “ból” o “ból de bèsa” nel dialetto fiemmese, un pigmento che serviva a contrassegnare le pecore. Questo minerale era strofinato e sbriciolato su una roccia piatta bagnata da un po’ di
latte di pecora o di capra fino ad ottenere una densa poltiglia. Per pennello si usava un
rametto masticato all'estremità o battuto con un sasso, per liberarne parzialmente le fibre.
Le scritte si compongono perlopiù di iniziali, ovvero il nome e cognome dell'autore seguita dalle lettere FL (abbreviazione di: Fece l'Anno) e dall'indicazione dell'anno. Quindi compaiono spesso il mese ed il giorno e il conteggio del bestiame portato al pascolo. Le scritte sono frequentemente racchiuse da cornici di varia foggia, talvolta accompagnate da disegni come motivi floreali o simboli religiosi come le croci. Qua e là sono presenti figure di animali, sia domestici che selvatici, scene di caccia, ritratti, autoritratti, messaggi di saluto e annotazioni diaristiche. Per ulteriore informazioni, il sito ufficiale
scrittedeipastori.itLe scritte sulle rocce si trovano ad altezza d'uomo, ma spesso anche in alto: i pastori si arrampicavano su improvvisate scale o sfruttando i cumuli di neve primaverile
La distribuzione delle scritte (30.000!) nel massiccio del Cornon
Arrivati in
Val di Fiemme ci dirigiamo a
Ziano e parcheggiamo l’auto in una piazzola a
quota 1060 poco a monte dell’
Agritur Val Averta. Pasticciamo un po’ fuori sentiero per trovare la
strada forestale, che con un lungo traversone verso est ci porta verso il
sentiero 515. Dopo il freddo pungente del mattino, spunta il sole e siamo quasi subito in maniche di camicia.
Un sentiero non segnato sulle mappe, ci permette una risalita in quota più decisa con congiungimento al sentiero 515.
Intorno ai 1400 metri di quota, una deviazione a sx senza alcuna indicazione, che prendiamo per pura curiosità, ci porta a vedere una
prima notevole serie di scritte su dei roccioni verticali. Molto belle e anche emozionanti, pensando a chi le ha tracciate tanti anni fa: chissà quante storie di uomini e di fatiche ormai perduti nel buio dei secoli.
Riprendiamo il cammino, con molti saliscendi, costeggiando alla base pareti rocciose verticali dove le scritte sono ricorrenti negli anfratti o nelle zone riparate da strapiombi.
Arrivati al sentiero 515 inizia una dura salita che non lascia respiro.
Verso quota 1500 incontriamo un’altra serie di bellissime scritte che ammiriamo a lungo.
Per gran parte della salita si cammina nel bosco ripido o ripidissimo, solo verso i 1800 metri si comincia a vedere qualcosa.
Nella foto, Predazzo con la Val Travignolo e le Pale di S. Martino sullo sfondo
Riprendiamo la dura salita, che pare non finire mai, fin sotto dei grandi roccioni dove il sentiero spiana un attimo con un traversone, per poi risalire fino alla dorsale e quindi alla grande croce di vetta di
Cima Pelenzana m 2181 (su alcune mappe è segnata come cima Forcella). Vista bellissima e grandiosa a picco sopra il paese di
Predazzo con vista sulle
Pale di S. Martino, la
Val Travignolo, l’onnipresente
Catena del Lagorai a sud. Verso nord la visuale è in parte chiusa dal
Monte Agnello, poi si vedono i gruppi del
Latemar,
Sassolungo,
Sella,
Marmolada.
Dopo una durissima salita, finalmente sulla dorsale del Pelenzana a quota 2150, con vista sul Monte Agnello e Latemar
Cima Pelenzana 2181 con la grande croce in legno
Quasi a picco sul paese di Predazzo
Visuale sulle cime del Lagorai, sulla sx in basso Cima Pelenzana
In vetta facciamo una meritata sosta pranzo. Il cielo nel primo pomeriggio si annuvola e una brezza gelida si alza per cui decidiamo di riprendere la marcia. Proseguiamo per la
magnifica dorsale ampia e quasi pianeggiante del Pelenzana, punteggiata di splendidi cirmoli, in direzione del M. Agnello. I dolci paesaggi in alta quota contrastano con i midiciali e ripidissimi versanti appena saliti per esili e tortuosi sentieri. Sembra quasi impossibile che i pastori si spingessero fin quassù, a cercare magri pascoli affrontando salite (e discese) così ostiche tra boschi ripidi, pareti verticali di roccia, canaloni quasi impraticabili.
Vista sulla Val di Fassa, al centro la parte occidentale della Catena di Bocche col Mulat e, dietro, Cima Viezzena. A dx il Mulaz e le Pale
La dorsale di Pelenzana, sullo sfondo la Catena del Lagorai
L'ex Malga Boneta, sullo sfondo il Lagorai: da qui in avanti il sentiero di inabissa gradualmente nel micidiale canalone
Ultimo sguardo indietro verso la val Boneta e M. Agnello
Poco sotto la sua cima tagliamo col
sentiero 522 verso il grande impluvio della splendida Val Boneta. Ora scendiamo verso sud col
sentiero 509, raggiungiamo la
ex malga Boneta 2047 ormai ridotta in ruderi, quindi iniziamo la discesa verso
la valle che diventa sempre più ripida, fino a inabissarsi in
una vera e propria forra fiancheggiata da impressionanti pareti verticali alte centinaia di metri. Troviamo ancora delle scritte, ma ormai è quasi buio, tiriamo fuori le pile frontali.
Giù per la Val Boneta, verso la forra, sullo sfondo il Lagorai
Ancora scritte...
Per l’oscurità non vediamo la deviazione e anziché fare il sentiero “comodo” più a ovest arriviamo su una
parete rocciosa molto ripida che si infila direttamente nella forra. Per fortuna la discesa è attrezzata con
un cordino che aiuta parecchio. Ormai è buio, col rumore di diverse cascate scendiamo con molta attenzione il sentierello che cala con stretti zig zag, piuttosto infido per il fondo sassoso o di ghiaino assai sdrucciolevole. Caliamo attaccati al cavo lungo le scoscese pareti rocciose, assai
esposte su notevoli baratri. Un piede in fallo e ciao.
Tentativo di foto notturna, calando nella forra col non banale sentiero attrezzato...
Il buio non aiuta, ma scendendo con calma e prudenza arriviamo fino in fondo dove il rio scorre fragoroso in un budello di roccia.
Quattro assi permettono di passare sull'altra riva, quindi con un traversone e altri tratti esposti nel bosco ripidissimo, caliamo ancora di quota fino a intercettare la strada forestale percorsa all’andata, quindi in breve raggiungiamo l’auto, sani e salvi anche stavolta. Giro bellissimo, piuttosto duretto, con una salita veramente sfiancante. Meravigliosi i vasti panorami in quota. Discesa impegnativa, ripida, a tratti esposta su boschi molto ripidi o canaloni, col tratto attrezzato che richiede assenza di vertigini, esperienza e pié fermo. Dislivello circa 1300 m. sviluppo 15 km.
Il percorso