Giovedì 20 agosto: c’è il sole!
Oggi optiamo per una classicissima del Catinaccio: dal Ciampedie al Passo Principe.
Prendiamo la funivia che da Vigo ci porta al Ciampedie e all’imbarco ci accorgiamo che oggi la “moltitudine” si è risvegliata di colpo. C’è una lunga coda alla biglietteria, fortuna che nei giorni scorsi avevamo fatto l’abbonamento, così saltiamo la fila e ci imbarchiamo subito. Anche noi oggi facciamo parte della “moltitudine” quindi non lamentiamoci troppo.
All’arrivo lo spettacolo è decisamente migliore di qualche giorno fa.
Ci avviamo senza indugio verso il sentiero che conduce al Gardeccia che percorriamo un po’ più velocemente rispetto a lunedì scorso. Una piccola sosta alla cappelletta dedicata alla Madonna e poi ci avviamo anche noi verso i rifugi Vajolet e Preuss.
Il sentiero è largo, all’inizio ha una discreta pendenza, poi, dopo un paio di curve si appiana e procede tranquillo in leggera salita circondati da una cornice di montagne. Le soste per fare foto non mancano. Si comincia ad intravedere il Preuss appollaiato su uno sperone di roccia
Già, quello sperone. Non ho idea quanti metri di dislivello ci separino dal rifugio (50? 100? 150?) e che dobbiamo superare. La vista della pendenza ci fa un po’ tentennare. Ma che diamine! Siamo o non siamo rudi escursionisti? Poi siamo in montagna, che notoriamente non è pianeggiante anche se finora abbiamo percorso sentieri quasi sempre in piano o con leggera pendenza. Quindi via, saliamo, piano, ma saliamo!
Poco prima dell’arrivo, nei pressi dell’ultimo tornante, noto sulla sinistra le indicazioni del sentiero 541 che porta al Roda de Vael. Ricordo di aver visto nella cartina che ad un certo punto una diramazione scende al Gardeccia. Mi può tornare utile al ritorno. Dal Gardeccia al Vajolet ci abbiamo impiegato circa un’ora, soste comprese. Butto uno sguardo verso la gola del Gartl, per il sentiero che porta al rifugio Alberto e alle torri del Vajolet. Faccio per indicarlo a mia moglie per sentire se le andrebbe di provarci ma non ho il tempo di aprire bocca: “non se ne parla nemmeno!” è la sentenza.