La forra vista dal Venticcia, a sx il paese di Valda
Venticcia II, la vendetta. Voi lo sapete, sono un tipo testardo. Nelle prime 10 esplorazioni, a botte di 20 km a uscita, non potevamo attardarci troppo nei dettagli: dovevamo capire in tempi relativamente rapidi se il tratto di Avisio da Molina di Fiemme a Lavis, per circa
100 km complessivi su entrambe le sponde, era
fattibile a piedi, senza troppi guadi e stando il più possibile sull rive. Perciò quando trovavamo una vecchia mulattiera o un buon sentiero, che non fossero troppo lontani dal fiume, andavamo via spediti. Per esempio il
Sentiero dei Vecchi Mestieri tra Piscine e Sover è molto bello, lungo circa 3 km, ma è piuttosto in alto e tocca poche volte il greto del fiume, laddove ci sono invece paesaggi più spettacolari ed entusiasmanti.
Il tratto di Avisio nella zona di Valda è incassato in profonde forre
Avisio arrivo! Ma come si scende fin laggiù?
In questa seconda serie di esplorazioni sono perciò andato ad esplorare tratti più corti ma spesso più impegnativi, perché
la discesa al fiume è del tutto ignota e spesso ostica. Inoltre, una volta raggiunto l’Avisio,
si possono percorrere le rive per brevi tratti, a volte solo alcune centinaia di metri per via delle solite
forre insuperabili. Quindi sono necessarie diverse discese e risalite di 250/300 metri di dislivello ogni volta. In un giorno se ne possono fare un paio, massimo tre, poi le forze cedono perché i percorsi sono sempre piuttosto faticosi, non essendoci sentieri...
Discesa per la dorsale del Venticcia
Avevamo capito subito che la
zona di Valda era molto rognosa. Qui l’Avisio si incassa in una serie di forre e il corso d’acqua è molto tormentato. Di recente ho fatto ben 4 esplorazioni dettagliate tra Gresta e il Venticcia, uscendo sempre scornato: nel senso che sono riuscito sempre ad arrivare fino al fiume, ma le rive si sono poi rivelate in gran parte impraticabili.
Il Venticcia sulle carte sembra una montagnola insignificante che non raggiunge neppure i 1000 metri, ma il suo
dirupato versante nord quasi precipita nell’Avisio ed è veramente insidioso. Studiando bene le carte però intuisco che
una discesa è possibile: c’è un
canalone abbastanza ampio a est, apparentemente senza salti di roccia. Ma soprattutto confido in
qualche traccia degli indigeni: i soliti cacciatori e pescatori. Invece di affrontare direttamente le incognite del canalone, provo a
scendere per la dorsale che sta sotto il Centro Raccolta Materiali di Segonzano.
Discesa verso il fiume
Trovo infatti una vaga traccia che cala nel bosco di pini con vari zig zag. Quando la dorsale si fa ripida e cade a precipizio sul fiume, arrivo su una specie di
poggio roccioso, trasformato in tiro al bersaglio dai cacciatori (coi soliti pali-saline per attirare gli ungulati), che hanno il capanno addirittura sull’altro versante.
Vedo l’Avisio più in basso, ma soprattutto vedo quel che speravo:
una traccia che con un traverso scende nel canalone principale. Seguo dunque la traccia un po’ malagevole, che però
mi porta senza grossi problemi fin sulla riva.
Scendendo nella boscaglia: un grosso castagno
Eccomi sulla riva...
Piscine naturali
In fondo alla forra, ora provo a risalire...
Imbocco questo viottolo sabbioso nella morena..
Altro scorcio spettacolare...
Qui esploro subito il tratto verso valle, costeggiando una
grande morena di sabbia invasa però da detriti e quindi impraticabile.
Il torrente si infila in una forra creando una meravigliosa ansa di acqua calma. Arrivo su una spiaggia sabbiosa ma devo fermarmi sotto la solita parete rocciosa a picco sul fiume. Devo tornare indietro,
risalgo allora verso monte ma non faccio molto strada: anche qui c’è un bellissimo scorcio con una piscina naturale tra le rocce, ma è impossibile proseguire. C’è un vago passaggio sulle rocce verticali ma, se si scivola, il tuffo è garantito e non mi pare il caso.
La golena di sabbia finissima...
La riva alterna tratti camminabili ad altri di una boscaglia molesta da attraversare...
Ogni tanto si incontrano autentici giganti vegetali
Decido di non rischiare: torno indietro.
Vorrei quasi provare a tagliare su per dei canaloni ripidi: ma osservando bene il versante, per quel poco che si può vedere dal basso, mi pare siano pendii davvero impervi. Perché ficcarsi in posti simili con l’unica certezza di fare un fatica boia su un terreno instabile, e magari dover affrontare anche tratti pericolosi? Meglio di no. Torno quindi dalla stessa traccia fatta in discesa: più lunga ma sicura.
Eccomi verso monte, con le solite rocce che sbarrano l'accesso
Sassi colorati e radici
Di qui non si passa...
Un singolare portone in ferro, chiuso con lucchetto: pare sia una galleria esplorativa quando si vagheggiava di costruire la diga di Valda
Riguadagno lentamente quota...
Rieccomi sulla dorsale boscosa, ormai è fatta...
Un altro tratto che pareva inavvicinabile è dunque esplorato.
Anche qui angoli di selvaggia bellezza da levare il fiato.
Valeva la pena di sfacchinare anche stavolta, come sempre.
Il percorso
La mappa con tutte le esplorazioni da Molina a Lavis -
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