VAL DI PEIO - Dopo i tre Kaiserschützen affiorati nell'estate del 2004, il ghiacciaio del Piz Giumela ha restituito i resti di un altro soldato dell'esercito austro-ungarico, caduto probabilmente durante la battaglia del San Matteo del 3 settembre 1918
VAL DI PEIO - Dopo i tre Kaiserschützen affiorati nell'estate del 2004, il ghiacciaio del Piz Giumela ha restituito i resti di un altro soldato dell'esercito austro-ungarico, caduto probabilmente durante la battaglia del San Matteo del 3 settembre 1918. La presenza dei resti umani in una zona crepacciata ma abbastanza pianeggiante del ghiacciaio era giunta dalla stazione del Soccorso alpino di Santa Caterina Valfurva (Sondrio) a Maurizio Vicenzi, direttore del Museo della guerra «Peio 1914-18.
La guerra sulla Porta». Ieri mattina il recupero: una squadra di tecnici è salita a quota 3520 sul ghiacciaio del Piz Giumella e ha provveduto a raccogliere i resti umani (incompleti e riferibili ad un arto inferiore) del soldato dell'imperatore. Nell'intervento, coordinato dalla stazione dei Carabinieri di Cogolo di Peio (comandante Domenico Oliva) e reso possibile grazie all'appoggio del Nucleo elicotteri della Provincia, hanno operato gli archeologi della Soprintendenza per i beni librari archivistici e archeologici.
Della squadra facevano parte lo stesso Maurizio Vicenzi, l'archeologo Nicola Cappellozza, l'agente forestale Guido Moreschini e il collaboratore del Museo di Peio, Rinaldo Monegatti. Nonostante la grande quantità di neve caduta nell'inverno scorso, ancora visibile nelle zone di accumulo, lo scioglimento estivo della superficie glaciale ha fatto affiorare uno scarpone e i resti dell'arto, e non è escluso che altri resti dei combattenti italiani e austro-ungarici vengano alla luce. In tutto, nel corso delle battaglie per il possesso di cima San Matteo, caddero un centinaio di soldati, una cinquantina per ogni fronte. Sul destino di molti caduti non ci sono dati precisi e ciò rende ancora più difficile il già arduo lavoro di ricostruzione di un'identità.
La Provincia, per il corretto recupero dei resti umani riferibili a soldati, applica tuttavia una metodologia di tipo archeologico, grazie alla quale possono essere recuperati dati utili alla definizione del profilo biologico del caduto e anche alla ricostruzione della sua identità personale. «Dobbiamo operare con un metodo che garantisca il rispetto dell'identità e della memoria dei caduti - sottolinea l'assessore provinciale alla cultura Franco Panizza - di qualunque esercito essi facessero parte». Oltre che sui ghiacciai, la Soprintendenza opera anche nelle aree degli altopiani, in collaborazione con l'Università di Padova (professor De Guio) e con l'ospedale di Vicenza (Galassi). Lo scorso anno la Provincia di Trento ha siglato un accordo di collaborazione con la Provincia di Vicenza per il corretto recupero delle salme dei caduti della prima guerra mondiale.
La Soprintendenza per i beni librari archivistici e archeologici collabora da tempo con le istituzioni preposte alla verifica della natura del contesto e della provenienza dei resti umani e con le associazioni che intendono assicurare il dovuto rispetto delle salme dei soldati caduti (Procura della Repubblica, Carabinieri, Croce Nera, Onor Caduti).
L'Adige
20/08/2009