Da Cima S. Maria verso il Gruppo di Cima Brenta, in basso Campo Flavona con Turrion Alto e Turrion Basso
Avevo adocchiato da tempo il selvaggio versante, a me totalmente ignoto, della
Val Goslada nelle
Dolomiti di Brenta Orientali (Val di Non), nel fascinoso
sottogruppo della Campa. La salita lunghissima e il dislivello quasi proibitivo per me mi avevano però sempre consigliato prudenza
. Stavolta però decido di rompere gli indugi. Dopo accurato studio a tavolino dell’itinerario, decido di affrontare
la salita a Malga Sporata (detta anche Malga Sporminore o Malga Vecchia) partendo da
Sporminore m 530 col
sentiero 360, percorrendo la
dorsale boscosa del Dos Brozara, tra le selvagge
Val di Cobel e
Val Goslada. Sono 1400 metri di dislivello solo fino alla malga ma ce la dovrei fare: non ho ancora fatto mega scavallate questa stagione ma sono rimasto sempre in movimento quindi l’allenamento non dovrebbe essere troppo indecoroso.
Lo stradello iniziale da Sporminore
Il sogno proibito però è un altro: proseguire fino alla
forcella dele Madonine 2440, scendere a
Sella del Montoz m 2327 e, a Dio piacendo, salire a
Cima S. Maria 2675, con un dislivello complessivo che sfiora i 2300 metri. Ma è inutile star lì a fare troppe congetture, bisogna andare e provare, poi si vedrà.
Parcheggio al campo sportivo di Sporminore e parto. Inizialmente il sentiero non corrisponde alle varie carte, ma ci sono le tabelle Sat e quindi vado abbastanza sicuro.
In seguito i segni diventano molto scarsi: seguendo fiducioso lo stradello principale, sbaglio due volte direzione sprecando almeno 200 metri di dislivello “gratis” su per una rampa micidiale nel bosco. Me ne accorgo con vivo disappunto grazie al gps.
In basso il sentiero è segnato poco con rischio di errori, in alto invece la segnatura migliora
Per 1000 metri di dislivello si cammina sempre nel bosco
Riprendo il sentiero, stando ben attento a non perdere i pochi segni.
Attraverso fitti boschi di latifoglie: questa zona è
il regno dell’orso! Cerco di non fare troppo rumore, perché la speranza è sempre quella di vederlo almeno una volta, sia pure a debita distanza. Tuttavia di orsi neppure l’ombra né impronte. Per i primi 1000 metri di dislivello il panorama è zero: sono sempre dentro al bosco fitto col sentiero che sale con pendenza a volte sostenuta e con larghi zig zag.
Verso i 1600 metri le aghifoglie prendono il sopravvento sulle latifoglie
Orchidea: Scarpetta di Venere; a dx clematide montana
Verso i 1500 metri di quota finalmente le latifoglie cedono il posto alle aghifoglie con bellissimi grandi larici e abeti rossi. Il bosco si fa più rado e arioso, inizio a intravedere finalmente qualche cima. Al Dos Brozara il sentiero piega decisamente verso sud, quindi sotto il
M. Rocca si spalanca la porta del paradiso: mi affaccio sull’alta
Val Goslada, con la conca verdissima della malga e le imponenti pareti rocciose del
Monte Bedole e
Palòn sullo sfondo: spettacolare!
Finalmente il panorama si apre: M. Bedole e Palon
Squarcio verso valle, con la Rocchetta e le Cime di Vigo con Cima Roccapiana
L'incredibile corrugamento delle rocce di M. Palon
Con un lungo traversone pianeggiante raggiungo
Malga Sporata 1931, deserta e ristrutturata di recente. E’ aperta: dentro è molto bella, con una grande cucina ben attrezzata con stoviglie etc, un grande tavolo.
Molto accogliente la camerata al piano superiore rivestita in legno, con circa 20 posti letto con brande, materassi e coperte in ottimo stato. C’è anche la luce elettrica funzionante, grazie ai pannelli solari!
La magnifica conca con Malga Sporata (detta anche Malga Vecchia o di Sporminore)
Per alleggerire la salita ho portato una sola bottiglia da 500cc, confidando che di solito dove c’è una malga c’è anche l’acqua ma un cartello avvisa “acqua non potabile”. Poco distante però c’è un
vascone di raccolta con un rubinetto, dal quale posso riempire la bottiglietta: il sapore dell’acqua non è il massimo ma non c’è cattivo odore, meglio di niente.
Proseguo salendo verso la forcella, con
ottima segnatura del sentiero 360 con paletti, attraversando
bellissime conche erbose zeppe di fiori, le genziane nei prati sono milioni!
Milioni di genziane nei prati
Fiori ovunque!
Il Monte Rocca sopra Malga Sporata
Dopo 1800 metri di dislivello arriva però la crisi: mi sento improvvisamente fiacchissimo, uno straccio. Mi sparo allora un “gel” che tengo sempre nello zaino per le emergenze. Poco alla volta recupero le forze, affronto la dura rampa finale che mi conduce al
Pas dele Madonine 2440, da dove posso finalmente vedere il mio sogno proibito: Cima Santa Maria! Ci sono solo alcuni nevai, facilmente aggirabili, ho portato inutilmente i ramponcelli ma pazienza.
Scendo alla Sella del Montoz a 2327 in circa 15 minuti. Sto abbastanza bene: decido di salire a Cima Santa Maria. A questo punto ci devo arrivare, a costo di salire in ginocchio!
La salita verso il Pas dele Madonine 2440
Il Monte Corona, salendo alla forcella
Eccomi al Pas dele Madonine, affacciato verso Cima S. Maria (a sx) e sulla Sella del Montoz in basso
Vista verso Cima della Campa
itinerario di salita a Cima S. Maria: non ci sono sentieri solo tracce vaghe, qualche ometto, radi segni colo ruggine sui sassi
Non ci sono sentieri ma dei segni color ruggine sui sassi e qualche ometto indicano la via su per delle pietraie.
Il percorso sale a ridosso del colossale sperone roccioso senza nome, salendo per una rampa erbosa molto ripida e sdrucciolevole (ghiaino). Guadagnata la dorsale, attraverso quasi in piano delle placche rocciose fino alla base della vetta, dove affronto un’
ultima faticosa rampa di ghiaia che mi porta fino alla vetta di
Cima Santa Maria 2675. Una gioia immensa, non sono neppure troppo stravolto anche se ora si impone una sosta per recuperare.
Croz del Re
Verso Cima S. Maria
Da Cima S. Maria affacciato su Campo Flavona e Cima Brenta (nascosta dalle nuvole)
Il paesaggio è grandioso: sono affacciato sulla meravigliosa valle di
Campo Flavona, molto più in alto del
Turrion Basso e
Turrion Alto. Di fronte ho il
Passo del Grosté, più a sudovest il gruppo di montagne intorno a
Cima Brenta, con
Cima Roma fatta l’anno scorso avvolta dalle nuvolaglie. A sud il
Crozzon della Spora, passo della Gaiarda e
Cima Gaiarda. Verso ovest svetta la piramide del
Croz del Re e il
Monte Corona. Verso nord l’immenso anfiteatro che culmina con
Cima Scura e
Cima della Campa.
La sculturina in vetta, sullo sfondo Passo Grosté
In vetta, splendidi fiori alpini: Thlaspi rotundifolium
Verso Cima Gaiarda
Vista su Pietra Grande in lontananza, in primo piano a sx cima Termoncello
Interessante fenomeno di carsismo poco sotto Cima S. Maria: le scannellature nel lcalcare o Rillenkarren: sullo sfondo il Croz del Re
Tanta bellezza fa quasi dimenticare la fatica fatta fin qui. Ora mi toccano 2200 metri di discesa: le gambe reggeranno? Scendo senza problemi
verso Malga Campa col sentiero 338, a metà strada trovo anche
una sorgente con cui faccio rifornimento d’acqua. Attraverso bellissime conche erbose fiorite, nei panorami a dir poco meravigliosi sotto il gruppo di
Cima Borcola.
Sguardo indietro verso Sella Montoz
Scendendo verso Malga Campa, con Cima della Campa 2597
Sguardo indietro verso Cima S. Maria (a dx)
Cima Borcola
A
Malga Campa 1918 (acqua in abbondanza da una grande fontana) mi fermo per chiedere ai malgari informazioni sulla discesa, che non conosco affatto. Scarto subito quella per la
Val di Cadin Basso (per il Bait dele Bale), troppo lunga, scegliendo il rientro più corto col sentiero
361A e poi
361 verso il
Doss Pezzol.
Malga Campa
Inspiegabilmente il malgaro mi indirizza, che il cielo lo strafulmini, per il
sentiero 363 che risale a ridosso delle rocce del versante est di
Cima Trettel. Dopo un po’ l’intuito mi dice che sto andando fuori direzione: grazie al gps ne ho la conferma, sto andando verso l’
Alpe Vedretti che non c'entra niente. Taglio allora per una valletta senza tracce per
riprendere il sentiero 362 che corre più in basso. Devio quindi per il
traversone col sentiero 361A grazie al quale arrivo finalmente sulla
forestale con segnavia 361. Inizio l’eterna discesa, ora l’orientamento dovrebbe essere più semplice. Dopo meno di un’ora di cammino, un colpo di fortuna: mi raggiunge una jeep che sta scendendo, l’indigeno che la guida si ferma per chiedermi se voglio un passaggio… secondo voi cosa gli ho risposto? Mi risparmio così circa 6 km di “passeggiata”, ma direi che oggi ho già dato abbastanza.
La forestale di rientro
Concludendo,
un’escursione davvero grandiosa: il Brenta qui ha una
dimensione epica e primordiale dal fascino impagabile, ci si sente veramente fuori dal mondo. Giro consigliato per chi ama la solitudine nei paesaggi grandiosi del Brenta, in uno dei suoi luoghi più belli e selvaggi. Il giro completo sarebbe stato di 30 km, ma grazie al passaggio ne ho fatti “solo” 24, dislivello m 2300.
Il percorso: in alto la salita, in basso la discesa