Cercando di trarne qualche idea, spulciando nel forum ho incontrato un paio di discussioni in cui si menzionava la zona della Spora, in particolare delle cime che la coronano a ovest. A malga Spora ero giunto diversi anni fa accodandomi a una chiassosa gita cai alla quale ero riuscito a spiluccare un buon piatto di pasta. La mia visita si fermò lì.
Quattro chiacchere coi vecchi malgari misero in risalto la corona della madonna, così erano sancite le cime intorno al crozzon della Spora. Infatti localmente questo monte è detto croz della madonna. Le cime a ovest, Mandrini Gaiarda e Ridont, disposte ad arco intorno al croz danno valore al nomignolo.
Così m’incammino da Andalo, 1010, sul mitico segnavia 301, che con lenta progressione porta alla magnifica entrata del campo della Spora, ove in disparte è collocata la malga omonima, 1854.
Il quadro è meraviglioso, non lo ricordavo così vasto, così verde, attorniato da larici secolari dalle forme contorte e pittoresche e da un corollario di cime meravigliose. Sono soggiogato.
Continuo sul bel sentiero che tagliando le fiumane del Fibion sbuca al passo Gaiarda ,2242, in vista della val Flavona e della catena settentrionale del Brenta, dal Grostè al monte Peller passando per la pietra Grande, corno di Flavona, cima Sassara, cima Livezze e Peller. Montagne a perdita d’occhio. Risalgo la dorsale nord del crozzon dei Mandrini con i camosci che scappano per ogni dove franando sassi a cascata e faticosamente sbuco in vetta, 2579. L’unico ometto trovato è quello in cima. Rimango a lungo in solitudine ad ammirare il panorama sulle cime del Brenta centrale.
Scendo aggirando la base e risalgo al passo dei Mandrini, 2485, da dove per la cresta nord giungo su cima Gaiarda, 2640. C’è una croce metallica e un libretto firmato da non più di 5 – 8 visite annuali, comprese anche quelle di scialpinisti. Il lago di Molveno è una macchia blu sul fondo della val delle Seghe, si intravede quello di Cavedine, si riesce a vedere anche il campanile Basso.
Ritorno al passo dei Mandrini e traversando a naso riesco a non perdere troppo dislivello e raggiungere così una bocchetta giusto sotto il Ridont, 2390. I camosci si lanciano giù da pendii che paiono verticali provocando franamenti anche importanti, aspetto senza fretta che scendano tutti.
Da questo intaglio precipita con impressione uno scolo di rocce rossastre e friabili direttamente nella val Perse.
Per un canalino monto sul piano superiore ingombro di colossali macigni, oltre i quali raggiungo la cima, 2461. Il cocuzzolo è spoglio e la sensazione di isolamento garantita. Nonostante la vicinanza di queste cime, le prospettive cambiano molto cosicchè le visioni sono sempre nuove e appaganti.
Sceso alla base, frano per un ghiaione che scivola nell’alveo del Moredont, una valletta solcata da erbe e mughi che mi porterebbe, nelle mie speranze, ad intersecare il sentiero tra Spora e passo Clamer.
Ma vengo attirato dallo spunto autoritario del crozzon della Spora, che si erge roccioso e imponente di fronte al Ridont. Cambio piano e decido di andare a vedere quantomeno l’attacco dello spigolo.
Traversando l’alveo del Moredont per bancate erbose che si riveleranno non lineari, raggiungo a fatica la selletta sotto il croz, 2280. Lascio lo zaino per evitare intoppi e inizio ad arrampicare qualche gradino. Scartando tra salti impegnativi riesco a salire fin sotto un’ultima cintura di rocce verticali. In questo punto penzola un vecchio cordino metallico ancorato in pochi punti e molto lasco. Senza toccarlo si riesce a portarsi sotto una specie di fessura.
Qui si materializza il passaggio forse più difficile. Il cavetto è lasco ed esterno e inutilizzabile ai fini di una sicura “sicura”. Provo il passaggio in libera un paio di volte, poi coraggio e oopp sono sopra. Passo oltre un colletto e giungo sul croz, 2360. C’è una madonnina bianca posta su una colonnina.
Il vecchio libretto nella scatolina è privo di firme, forse perché manca una matita, ma l’impressione è che sia una cima assai raramente salita. Spettacolare la vista a volo d’uccello sul campo della Spora e sulle cime che fanno corona intorno. Davvero una bella cimetta, che si riscatta con una altrettanto bella arrampicata anche se brevina.
Ridisceso alla base recupero lo zaino e scivolo giù per alcuni solchi erbosi nel Moredont, e ravanando per qualche corridoio d’erbe e mughi riesco sul piano della Spora, da dove riprendo subito la via di ritorno ad Andalo.
Che dire un giro assolutamente fantastico, su creste e cime che non avevo mai considerato o percepito. Tutte, nessuna esclusa, hanno un proprio carattere e stranamente un diverso panorama. La giornata è stata speciale, serena, l’ideale per questo genere specifico di montagne, ove le colate di detriti e le città di sassi e macigni prima e i meandri di mughi poi, possono mettere in seria difficoltà con le nebbie.
Il giro, fatto con la dovuta calma e le placide soste contemplative, ha portato via un’intera giornata, circa 12 ore, il dislivello è poco oltre i 2000 metri.
A partire dal passo della Gaiarda e fino a che non si rientra giù a malga Spora si è sempre in assenza di traccia, in piena libertà di movimento. Qualche ometto si trova salendo la Gaiarda, peraltro su percorso facile ed intuibile tra macigni. Per le altre montagne l’ometto è quello in cima e sono quelle che regalano maggior soddisfazione anche. Un paio di ometti datati li ho trovati anche sullo spigolo del crozzon della Spora.
Le difficoltà prettamente tecniche sono di rari passi forse di primo grado per salire il finale della Gaiarda e un canalino iniziale per il Ridont. Il crozzon dei Mandrini è elementare, solo faticoso. Il crozzon della Spora presenta una breve arrampicata non esposta per gradini e canalini con passi di primo grado, un paio di primo superiore e quell’accennata fessura, questa sì esposta, che a mio modesto parere stimo di secondo pieno. In discesa sembra stretto il solo secondo, ma quando si è soli tutto può sembrare più grande.
Le foto appena ho un pò di tempo