La discussione sui "cani della prateria" in altro thread mi ha fatto venire in mente le tragiche esperienze escursionistiche canadesi... Posto qui un raccontino che avevo fatto all'epoca
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A SPASSO NELLO YUKON
Whitehorse (Yukon, Canada), maggio 1987.
Lo svizzero che ci ospitava a Whitehorse, oltre ad una moglie, aveva anche tre cani: Pancho, Sascha, Foxi. Quest'ultimo era sicuramente il piu' fesso dei tre. Gli altri due erano di razza "Husky", quelli da slitta. Due bestioni. Foxi invece era una specie di volpino, di media taglia. Durante le mie escursioni esplorative nei dintorni me ne tiravo sempre dietro uno; non perche' amassi particolarmente i cani (anzi, li ho sempre cordialmente detestati) ma piu' che altro per sdebitarmi col padrone di casa per il vitto e l'alloggio gratis.
Inoltre era una sana precauzione nel malaugurato caso d'incidenti, o come cane "antiorso", visto che le foreste nei paraggi erano infestate dai temutissimi, e aggressivi, orsi Grizzly. Mi ero comprato una mappa dettagliata della zona e siccome i miei amici svizzeri erano dei lavativi, partivo da solo, a piedi, con un cane appresso. Non conoscevo i luoghi e quindi era meglio esser prudenti. Secondo i miei piani, in caso d'incidente avrei potuto mandare indietro il cane per chiamare aiuto. Non avevo particolare simpatia per nessuno dei tre: Foxi, il volpino, pareva il piu' docile mentre Sasha era decisamente sul selvatico e anzi, non bisognava assolutamente lasciarlo andare perche' senno' non l'avrebbe visto piu' nessuno. Pancho era gia' piu' pacifico ma in ogni caso non bisognava dare troppa confidenza neppure a lui e comunque era bene tenerlo sempre al guinzaglio.
In compenso tutti e due, Pancho e Sascha, "tiravano" come due treni. Voglio dire che non seguivano il passo del loro padrone, ma tiravano a destra o a sinistra come dannati, a seconda di quel che fiutavano.
Un giorno ebbi l'infelice idea di fare un'escursione con Pancho (ancora non lo conoscevo bene), convinto che non mi avrebbe creato troppi problemi. Ci portammo fuori dal paese per circa sei o sette chilometri, costeggiando una strada secondaria, poi tagliammo su per la montagna. All'improvviso, appena dentro al bosco e senza una plausibile ragione, Pancho parti' al galoppo come un razzo neanche avesse avuto il fuoco nel culo. Io che non me l'aspettavo, fui trascinato via miseramente per almeno venti o trenta metri come fossi attaccato a un tram in corsa. Riuscii a fermare il cane a fatica "impuntandomi" affannosamente contro una pianta.
C'era una specie di sentiero, che avevo individuato sulla mappa, ma non c'era verso di farglielo seguire. Ogni volta che lo vedevo deviare sbraitavo ordini perentori, ma il cane se ne fotteva: sgambettava diligentemente per qualche metro per poi tuffarsi improvvisamente, a rotta di collo, su una nuova pista, avventandosi nella boscaglia in una corsa selvaggia con io dietro che tiravo bestemmioni paurosi.
Succedeva cosi' che per fare anche pochi chilometri s'impiegava anche un'ora. Era evidente che in quel modo non si poteva andare avanti. Inoltre capitava che il cane s'inchiodasse all'improvviso, col naso piantato in qualche cespuglio: nemmeno le pedate lo smuovevano. Bisognava letteralmente "sradircarlo" via, tirando come ossessi nel guinzaglio, con grande dispendio di energia in quanto la bestia si opponeva strenuamente.
Il ritorno fu abbastanza tragico, con le pedate che s'infittivano mano a mano che ci si avvicinava a casa. Quando arrivammo, io ero distrutto: mi pareva d'aver portato a spasso una mandria di bufali e inoltre, a furia di tenere il guinzaglio, avevo anche le "stimmate" alle mani come Padre Pio.
Quando lo svizzero che ci ospitava, cioe' il padrone di Pancho, mi vide arrivare col cane, mi chiese subito quale sarebbe stata la prossima gita. L'avrei preso a schiaffi.