L'orso fotografato da un guardiaparco in PrimieroPRIMIERO - Toh, chi si rivede! A distanza di vent'anni, un orso
ivano orsingher PRIMIERO - Toh, chi si rivede! A distanza di vent'anni, un orso. Allora, ci aveva pensato il regista francese Jean Jacques Annaud, colpito dalla bellezza dei luoghi, a portare da queste parti un paio di plantigradi giusto per girare il film, dal titolo - che originalità - «L'orso». Ad essere del tutto sinceri, poi, di «orsi» in valle ne esistono quasi 2000, visto che così sono soprannominati gli abitanti di Mezzano e di Caoria. Ma trattasi di bipedi e non di quadrupedi; in ogni caso meno propensi a incutere terrore e meno dannosi. Altrettanto vero che fugaci avvistamenti sono storia anche più recente. Fritz, un maschio della Slovenia, nel 2001 intorno a Canal San Bovo, lasciò una carcassa e arnie distrutte. Nessuno lo vide.
Ora, però, ci si trova di fronte a una presenza almeno più costante, continua, affamata. E, soprattutto, fotografata. L'orso in questione si è fatto notare la settimana scorsa per un'incursione nel pollaio del maso del «cheno» a «Cazola» sopra Mezzano: un orto distrutto e un po' di animali fatti fuori. Ha bissato l'impresa sul fine settimana, approdando sabato alla mensa conviviale del maso di Guido Bancher a «Spadez» sopra Siror.
Divelto il pollaio, si è sbafato sei galline, lasciando le altre sei terrorizzate e con la promessa di ritornare. Missione compiuta, nel giorno consacrato, e fine dell'allevamento. È ora tutta competenza dei forestali che, avvertiti, hanno raccolto il materiale - pelo impigliato nelle reti di delimitazione dei pollai per la precisione -, spedendolo a chi di dovere per risalire a cippi e origini. Il patrimonio genetico dirà se è figlio dell'immigrazione forzata e regolare dell'Adamello Brenta o ancora di profugo senza permesso di soggiorno, sconfinato dalla Slovenia. L'orso predatore, intanto, si è fatto un bel giro anche nel Parco Paneveggio Pale di San Martino, dove è stato avvistato e immortalato dal personale di vigilanza, nel caso Maurizio Salvadori .
Guardaparco e personale del Corpo forestale provinciale gli sono alle calcagna, monitorando ogni suo respiro; a debita distanza per non sentirne l'alito. La gente nei paesi si informa: c'è curiosità; un minimo trepida e si preoccupa. Il direttore del parco, Ettore Sartori , filosofeggia: «È necessario che tutte le istituzioni che hanno il compito di presidiare l'ambiente si impegnino accanto ai progetti di conservazione dell'orso alla promozione di momenti di approfondimento mirati alla condivisione con la popolazione locale di questi stessi progetti.
È quindi importante che maturi gradualmente nell'opinione pubblica l'accettabilità di progetti in questo ambito, attraverso la partecipazione a queste scelte anche per limitare eventuali conflittualità sul territorio». Intanto, su due tavole oggi niente brodo di gallina o occhi di bue. E, magari, una certa «strizza» a tornare lassù, sui masi, a neppure un chilometro dai paesi.
l'adige 12/06/2009