Un'altra pazzesca impresa degli alpini durante la Grande Guerra: una galleria di 5 km sotto il ghiacciaio dell'Adamello
Nell'estate del 1916 le truppe alpine italiane sostarono sulle posizioni conquistate utilizzando, per quanto possibile, i baraccamenti e le trincee costruiti a suo tempo dagli Austriaci. Si trattava di un fronte enorme, che andava dalle pendici di Cuna e Monte Gabbiolo sino alla Malga Lares ed al Crozzon del Diavolo (provincia di Brescia). Una linea costituita quasi unicamente da avamposti di osservazione più che di difesa, dietro ai quali si trovavano pochi nuclei di resistenza e scarse riserve. A tal scopo l'Adamello si presentava tra il 1915 ed il 1918 come un paesaggio di baracche in legno. Se ne dovettero soprattutto costruire di nuove perché quelle esistenti non avevano capienza bastante per il gran numero dí soldati che dovevano provvedere all'occupazione permanente ed alla difesa della zona. Le baracche erano costruite a ridosso di pareti di roccia in modo da essere al coperto dal tiro e dall'osservazione dell'avversario, e molte sorgevano sullo stesso ghiacciaio, con intercapedini, in modo da limitare al massimo le conseguenze derivanti dall'umidità della neve, specie nel periodo del disgelo.
Nei pressi di Passo Garibaldi
Oltre ai ricoveri si costruirono magazzini per i materiali, depositi viveri e di munizioni, officine di riparazione, baracchini per le vedette e per gli osservatori di artiglieria. Nello stesso tempo le varie postazioni vennero collegate fra loro grazie a camminamenti e piccole gallerie nella neve, dotate di trincee, piazzole d'artiglieria ed appostamenti per mitragliatrici, installazioni di riflettori e reticolati, posti di soccorso e piccole infermerie. Si venne così a costituire un sistema difensivo su tre linee, una per ogni dorsale montuosa, con il comando al Passo della Lobbia Alta.
Il problema principale che si poneva nell'occupazione dell'Adamello durante la stagione più fredda era costituito dalle necessità che si evidenziavano durante il soggiorno invernale di un presidio di circa duemila uomini, sparsi in piccoli distaccamenti, su di una vasta regione montana. Due gruppi elettrogeni erano situati rispettivamente al Passo della Lobbia e al Passo Garibaldi; via di comunicazione e rifornimento era la Val d'Avio, incessantemente battuta dalle valanghe.
Per ovviare a questo problema venne quindi costruito un lungo tunnel attraverso la lingua del ghiacciaio che lo percorreva, fino ad arrivare al passo della Lobbia a 3020 m. Nel dicembre del 1917, dopo sei mesi di fatiche la galleria fu aperta al transito. Essa risultò lunga 5.200 metri, alta due e larga due metri e mezzo. Aveva 80 camini e ponticelli di attraversamento su 25 crepacci, alcuni dei quali erano un immenso baratro, illuminati con fasci di luce acetilinica. Il piano della galleria nel mese di dicembre variava fra cinque e dieci metri sotto il piano della vedretta. Ogni due-trecento metri vi erano delle piccole piazzuole di scambio.
Passo Lobbia Alta
La lunga galleria non era destinata al passaggio dell'uomo ma di muli appositamente addestrati per percorrere il tunnel trainando una slitta colma di viveri, munizioni, medicinali e materiale da costruzione. Tale operazione poteva essere ripetuta anche più volte al giorno.
Il lungo tunnel sotto il ghiaccio dell'Adamello chiamato "Azzurra"
Tratto da “Analisi dendrocronologica di alcune travi del rifugio “Ai Caduti dell’Adamello” - Lobbia Alta, Trentino- Di Maria Ivana Pezzo e Alberto Zamatteo Gerosa