Ieri era il mio turno per provare gli off track “muletto”.
La giornata non si presenta affatto bene mentre vado a prelevare Kobang: pioggerella, nebbia e temperatura autunnale. Raggiungiamo gli altri amici a Torcegno perché l’idea è di salire al Ciste da nord, partendo dal ponte Salton.
Bisogna prima regolare gli attacchi degli off track sulle misure dei miei scarponi. Kobang allunga al massimo l’attacco (io non ho un piedino) ma, disdetta, lo scarpone non passa giù. Non c’è verso di farlo scendere all’interno della talloniera. Sono già sulle spine perché il MIO scarpone blocca la partenza dell’escursione. Ma gli altri partecipanti, senza fare una piega, si sguinzagliano chi di qua chi di là in attesa che il problema venga risolto. Cosa che avviene nell’officina di Rolando, vero antro vulcanico ingombro di attrezzi di ogni genere. Lui e Kobang, che si è anche spellato un dito con un cacciavite, spostano le talloniere alcuni centimetri indietro e voilà, lo scarpone entra. Sembra “detto fatto”, invece si è trattato di un’operazione di alta chirurgia tecnologica, un vero e proprio trapianto, con uso di calibro, punzone, squadra, trapano a colonna, avvitatore, cacciaviti di varia dimensione e, utilissimo nella sua umiltà, bianchetto per segnare i fori. Si parte, in macchina.
Al ponte Salton, visto il miserevole stato della neve, decidiamo di proseguire fino alla Baessa e quindi salire al Manghen lungo la provinciale. Così poco dopo eccoci camminare leggiadri sotto una pioggerella che sembra più adatta ad andar per funghi che non con gli sci. Si sale abbastanza rapidamente seguendo vecchie tracce e tagliando, dove possibile, i tornanti. Vi assicuro che i sessantenni del gruppo tirano… La pioggia, benché lieve, non cessa, la nebbia gira silenziosa per valloni e boschi, ma la neve è abbondante anche se non di prima qualità. Levando lo sguardo verso l’alto si vedono i pini ricoperti da un leggero pulviscolo bianco che sa di neve nuova: lassù fiocca e noi andiamo felici a prenderci la nevicata.
Dalla capanna dei Camosci – ultimo edificio prima del passo - saliamo per breve tratto lungo la strada e affrontiamo poi il pendio ripido che ci permette di evitare il tornantone finale, quello sotto cima Valsolaro. Qui cominciano i primi fiocchi di neve gelata. Raggiunta nuovamente la strada siamo alle ultime curve sotto il passo. Una breve deviazione ci conduce al bivacco dei Fanti di Telve, pochi metri sotto il passo, dove ci fermiamo. Là, sotto una tettoia, tra frizzi e lazzi di stampo goliardico, consumiamo le nostre cibarie. Fuori, nel bianco, fiocca che è un piacere.
Scendiamo cauti fino alla strada, che percorriamo per breve tratto. Poi ci buttiamo giù per il pendio salito in precedenza. La neve è pesante, bagnata e collosa, ma gli sci girano benissimo senza grosso sforzo. Non oso pensare come sarebbe stato con sci “lunghi” tradizionali. Giù ancora fino alla capanna dei Camosci su spazi aperti tra rada vegetazione, con nuove curve che disegnano linee sorprendentemente filanti. Sono già soddisfatto del test. Più in basso è necessario percorrere la strada alimentando l’andatura con numerose spinte. Passiamo le due malghe Valsolaro, il bivio per la Valtrighetta e arriviamo alla Baessa sotto una pioggia insistente.
Nonostante l'intoppo iniziale, tutto ok, dagli sci (che in serata ho ordinato), all’escursione (quando si torna senza danni per me va sempre bene), alla compagnia molto ben assortita (si va dal taciturno all’estroverso), che ringrazio, alla magica nevicata sotto le cime del Manghen.
Al bivacco dei Fanti di Telve
Discesa