In questo inverno avarissimo di neve cosa c’è di meglio che scarpinare sulle belle cime salite spesso con gli sci?
Scelgo allora il vecchio amico Fravort, poi si vedrà cosa fare una volta raggiunta la croce “Mercedes”. La Dada mi fa capire di non aver molta voglia di tuffarsi nel freddo e allora me ne vado da solo.
La mia è l’unica macchina al parcheggio della Panarotta e salendo noto che solo una pista è battuta, la prima, quella che scende in due rami a Montagna granda. Le altre piste sono poverissime di neve, impianti fermi (la famosa seggiovia “frigorifero” tra c. Storta e Rigolor non c’è più). Insomma, è l’immagine di una stazione praticamente dismessa.
La stagione qui è andata e penso amaramente ma anche con una certa rabbia che come ogni anno ci sarà chi ripianerà i debiti.
Enrosadira mattutina sul Brenta
Percorro non la strada mulattiera in alto ma il sentiero con segnavia SAT, che passa nel bel bosco di larici più in basso. Scelta azzeccata perche dalla Bassa vedo lucide lingue di ghiaccio sulla mulattiera.
Una volta alla Bassa c’era un solo palo segnaletico quello della SAT. Ora, fra tabelle della GG, indicazioni degli amici di Vetriolo e ippovie varie, si vedono parecchi pali sparsi qua e là. Li avessero almeno messi vicini!
Fine dei lamenti.
Alla Bassa mi accoglie il sole.
Salgo per il pendio verso la Fontanella, poi seguendo il sentiero, ne attraverso il fianco ovest in ombra
fino a sbucare sul crestone pianeggiante, al sole. La pala del Fravort è completamente pulita.
Vado su di buon passo e intanto penso a dove andare dopo. Mi attira traversare verso il Gronlait
ma poi avrei un rientro lunghissimo. Vedremo.
L'ultimo strappo
prima della croce "
Mercedes"
Il gruppo Hoabonti-Cola
La giornata è meravigliosa, non una nuvola, di vento solo qualche alito, la temperatura accettabile. Giunto alla croce, sbinocolo un po’ e decido. Vado giù verso l’Oscivart e vorrrei scendere in direzione delle malghe alte di Roveda. Da quella zona c’è un sentiero pianeggiante che torna alla Bassa.
Giù per il versante ovest, allora, sulle tipiche scaglie ferrigne del Fravort.
La focella del Fravort dalla cresta percorsa in discesa
Con attenzione su roccette calo ad una forcella e da qui in breve raggiungo il cocuzzolo erboso dell’Oscivart.
La sua piccola croce in legno non è sulla cima ma un po’ più in basso, al termine di una breve ed esile crestina rocciosa che si protende verso nord. Si va a toccarla, come sempre.
Continuo lungo la cresta erbosa,
dove il vento ha ammassato un po’ di neve: ci metto dentro i piedi voluttuosamente,
come en popo!
Abbandono la cresta, che comunque termina poco avanti, e scendo per un pendio ripido fino a intercettare il sentiero che va alla Bassa. Sentiero molto bello e facile, elementare, direi.
Vi piazzo un’ultima lamentela. Lungo il sentiero, in alcuni tratti, sono state piantate delle ringhiere: per me non erano necessarie, il sentiero è largo, pianeggiante, comodo. Le ringhiere invece sono tutte piegate dalle slavine e non offrono alcuna protezione.
Si passa anche da un baito - mai visto prima d’oggi – che era una postazione austro-ungarica della GG e ricorda i caduti sotto una slavina.
Sono alla Bassa e parto in quarta verso la Panarotta. Salita breve che termina al bosco metallico della cima.
Lungo le piste non battute ma senza sprofondare nella neve, mi dirigo al parcheggio. L’attraversamento dell’unica pista aperta è un passaggio ad altissimo rischio,
me butto o non me butto, vista la folla di discesisti che solcano la neve artificiale.
Con calma olimpica affronto il temibile traverso e giungo incolume alla vettura.