Cima del Piccolo ColbriconNon ero mai salito fin sulla cima del
Piccolo Colbricon in inverno. Che poi tanto piccolo non è, visto che raggiunge la rispettabile quota di 2511 metri, solo 90 metri meno della vetta maggiore che gli sta di fronte a 2602 metri. Così ieri sabato 16 febbraio, ancora mezzo influenzato ma forte delle previsioni di sole splendente, decido di provare ad andare. La neve dovrebbe essere ancora ottima, farinosa, il pendio infatti è esposto a nord. Quando esco dalla porta di casa vestito di tutto punto mi cascano le braccia: una nuovolaglia grigia copre praticamente tutto il cielo. Mavaff... Ormai sono in ballo, parto ugualmente alla volta del
Passo Rolle. Quando arrivo al
parcheggio a quota 1600 m lo trovo strapieno, il tempo è pessimo, il cielo di un grigiume sconfortante. Mi viene quasi voglia di riunciare. Provo a proseguire per la strada per il Rolle per vedere se c’è qualche piazzola più a monte ma niente. Torno giù al parcheggio e grazie al 4x4 riesco a trovare un posticino in extremis ravanando nella neve. Parto buon ultimo, alle 10.30 circa, imboccando la forestale. La zona la conosco benissimo e quindi arrivo senza problemi alla
Malga Colbricon 1838.
Circa un metro di neve, di cui circa 50 di frescaMalga Colbricon 1838, sullo sfondo le Dolomiti con la Roda di VaelC’è circa mezzo metro di neve fresca: se non c’è una traccia che sale però sono guai. Il solito canalone sopra la malga però non ha tracce di salita. Cercando un po’ ne trovo una verso il bosco, tracciata da un delinquente che tira su dritto come una bestia. Ai miei tempi si tracciava in tutt’altra maniera, gli alzatacchi non erano stati inventati e quindi si saliva molto meno rudemente assecondando la morfologia del territorio, alla vecchia maniera e, in definitiva, facendo decisamente meno fatica. Chi ha tracciato qui invece è andato su come un orangutan con zig zag stretti e ripidissimi al limite della tenuta delle pelli. Comunque, oggi, meglio nella traccia battuta che fuori. Metto gli alzatacchi al massimo e parto. Il pendio è molto ripido e “movimentato” da grandi dossi e salti che bisogna aggirare al limitar del bosco. Sarà l’influenza ma faccio una fatica porca.
Malga Colbricon e le Pale di S. Martino sullo sfondoVeduta sul LatemarVista sulle DolomitiIntanto scendono parecchi scialpinisti che calano a valle con una certa circospezione affrontando il vallone ripido e i “saltoni”. Intanto il tempo migliora lentamente, esce il sole e il cielo si rischiara d’azzurro, il che mitiga anche la fatica. Arrivare in cima nel grigiume senza vedere nulla è infatti abbastanza deprimente. Proseguo lentamente la salita seguendo obbligatoriamente la traccia battuta. Il rampone me la ricordavo più corto e sembra non finire mai. Finalmente sbuco sul ciglio del costone che finalmente ha pendenze più tranquille verso la cima. I pendii sono fantastici, solcati da decine di tracce in mezzo metro di neve fresca. Già pregusto la discesa. Per un momento scambio
Cima Stradon 2328 per la vetta, quando ci arrivo mi accorgo che ce n’è ancora un bel pezzo. Ma ormai è fatta, anche se mi sento un sacco vuoto arrivo fino alla vetta verso le 14.00, c’è solo un tizio che scende subito in telemark. Sono solo in vetta
I pendii sotto la cimaPale di S. MartinoUltimi metri alla vettaNel frattempo è uscito il sole che fa risplendere le due cime del
Colbricon di fronte, e più a sud ovest i fantastici pendii delle
Cime di Ceremana e
Bragarolo. Un paesaggio da sogno, anche se verso il
Cimon della Pala si addensano nuvoloni. Faccio un po’ di foto, tiro il fiato e mangio una barretta. Vedo gente sulle cime di Colbricon e Ceremana.
Le due cime del ColbriconVeduta verso CeremanaScialpinisti scendono da Passo ColbriconAncora il ColbriconMi preparo per la discesa. Parto cercando i tratti di neve fresca, c’è un farinone bellissimo, direi entusiasmante, anche se qua e là ci sono tratti sventati e qualche sasso, ma nelle vallette è semplicemente fantastico. Scendo verso le
Buse dell’Oro, devo stare attento a non perdere troppa quota sull’onda dell’entusiasmo di sciare in fresca e per non perdere l’entrata nel vallone.
Parte il telemarker...I pendii nei pressi di Cima StradonFantastiche serpentine in neve fresca, una è mia Invitanti pendii che scendono verso Buse dell'Oro... La traccia di dx è mia Per qualche attimo accarezzo l’idea di scendere alle Buse dell’Oro e rientrare in qualche maniera per il sentiero estivo (ammesso di trovarlo), ma non c’è alcuna traccia, sono troppo stanco e forse non è il caso di andare a infognarsi nel bosco che so essere discretamente rognoso. Scendo quindi per il vallone fatto in all’andata che si rivela faticossisimo, forse anche più che in salita. E’ arato da decine, anzi centinaia di solchi di sci profondi 40 cm ed è praticamente insciabile, sembra un campo di patate, anzi un campo minato
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Il percorso di salita e discesaPale di S. Martino nel loro splendoreQuindi
si scende alle meno peggio con poche curve decenti e molti diagonali nel farinone superstite evitando dossi, salti e alberi. Nel finale decido di provare a scendere verso nord evitando così il tratto terminale del canalone. Una dura ravanata nel bosco seguendo la falsariga di un sentiero estivo che sale a zig zag. Finalmente arrivo esausto sulla forestale. Scendo quindi un po’ più rilassato per la suggestiva stradella rientrando alla macchina che ho già principi di crampi alle gambe, insomma arrivo ridotto praticamente al lumicino
) Spero siano i postumi dell’influenza e lo scadente allenamento, altrimenti una forma così scarsa è davvero preoccupante in vista delle prossime uscite...
Disl. 900 metri, km 12. Scialpinistica MS.