La vetta piramidale di c. Valon sovrasta il sentiero della Translagorai nel tratto che va da forc. Valon al Coston dei Slavaci. Ieri l’abbiamo raggiunta dopo faticosa scarpinata sia all’andata che al ritorno. Nel programma era prevista anche c. Valbona: stanchezza e orario ci hanno tolto questa velleità.
Si parte dai Pulesi (Paneveggio) e ci aspetta la forestale lungo il lago. Lasciato a sx il bivio per Ceremana proseguiamo nel traffico di macchine di servizio per il lavoro di taglio ed esbosco.
Seguendo la traccia sul Gps imbocchiamo un bel sentierino che sale nel bosco, sul versante orografico dx del Valon. Raggiunta una forestale, la percorriamo fino al suo termine e guadagnando quota in mezzo agli abeti, le brise e i finferli, usciamo sulla splendida dorsale erbosa dove è stato eretto il delizioso baito del Coston dei Slavaci, già ampiamente descritto su queste pagine.
Continuiamo a salire sulla panoramica costa. Il baito dall’alto.
Verso ovest, sopra il tesoro del Lagorai, spuntano le cime.
Valbona, Cece, Sella
Quando raggiungiamo il punto più alto della dorsale, dopo la quale inziano le prime rocce, appare anche la nostra meta.
Dopo breve consulto decidiamo di calare fino in fondo al Valon. Dalla forcellina che si vede a sx in alto traversiamo brevemente e poi scendiamo sul pendio erboso interrotto da lingue di frana.
Il fondo del Valon. Quando ci passai nell'agosto di quattro anni fa qui si adagiava un ampio nevaio.
Attraversato il fondovalle, riprendiamo a salire verso il lago Ghiacciato. Il percorso non è impegnativo ma abbastanza faticoso.
Siamo al lago, dominato da c. Valbona.
Il tempo non è il massimo, ma non minaccia e tutto sommato meglio così che il sole pieno. Verso sud ci alziamo fino a raggiungere il sentiero 349. Ora si tratta di indovinare il canalino che permette di vincere la base rocciosa della c. Valon.
L’unico accesso pare essere una profonda fenditura che si apre nel fianco nord-ovest. E’ la via giusta. Purtroppo a metà della sua lunghezza un masso incastrato ci crea qualche problema. Riesco a spingermi su e con uno spezzone di corda faccio una specia di sicurezza ai miei compagni.
Il masso incastrato.
Con l’intento di controllare una via di discesa più comoda, invece di percorrere la cresta a sx, attraversiamo l’ampio vallone – una sassara – sostenuto dalla base e ci portiamo sul ciglio della cresta dx. Verifichiamo che la via di discesa migliore è ancora il canalino con sasso.
Dal punto di osservazione avanziamo fin sotto la cresta dx puntando ad un muretto a secco che, nella foto, si trova proprio a dx di quei tre spuntoncini rocciosi, sopra la testa del mio compagno.
Seguendo tracce belliche, tra cui scalinate ancora ben conservate, ci avviciniamo alla cima.
La frana eterna ci accompagna fino in vetta, di cui non posso fornirvi foto. Il palo non è la croce di vetta, ma siamo poco distanti.
In discesa percorriamo la cresta di sx (salendo) e scendiamo per il solito canale.
Alcuni metri prima del sasso, che ci costringe a sciogliere nuovamente la corda.
Sulla parte destra della fascia rocciosa si vede bene la fenditura che interrompe la base.
Altro consulto. Impensabile salire alla c. Valbona: siamo un po’ stanchi ed è anche tardi, le 14:30 circa. Il nuovo programma è: forc. Valon, forc. Cece, val Caserna e un lunghissimo rientro fino al lago di Paneveggio.
In marcia verso forc. Valon.
Ma subito al di là della forcella il largo canale che scende in val Caserina ci induce ad abbandonare il sentiero. Ci dirigiamo verso il fondovalle.
E cambiamo nuovamente programma. Rimaniamo alti e per balze erbose, canali franosi, placconate di porfido attraversiamo il fianco ovest di cima Valbona, raggiungendo con breve risalita una specie di colletto tra la lunghissima dorsale verso nord e la c. Valbona, alla quale abbiamo fatto quasi un girotondo.
A nord di c. Valbona corre il solco del vallone da evitare accuratamente per salti di roccia nella parte finale.
La dorsale è lunghissima ma non presenta difficoltà. Si esaurisce al boscoso cimotto del Castel, al centro nella foto.
Sul fianco ovest del Castel un bel sentiero
conduce al rudimentale baito del Castel. Niente a che vedere con quello del Coston dei Slavaci.
Dal baito scendiamo sempre verso nord per magnifici boschi fungherecci. Ci spostiamo gradualmente verso est fino al raggiungere una forestale che con percorso lunghissimo ci riporta alla quota del lago ma ben lontani dalla diga, più o meno all’altezza degli impianti di Bellamonte. Il rientro al parcheggio dei Pulesi deve essere solo citato per la cronaca.