Cima Ceremana vista da Forcella Colbricon
Ravanando virtualmente con
Google Earth e il layer di Bing per avere la massima risoluzione possibile, “scopro” che su
Cima Ceremana 2699 nel Lagorai orientale ci sono tantissime tracce della grande guerra: baracche, trincee e mulattiere, una vera e propria
cittadella militare austroungarica a 2700 metri di quota.
Esplorando Cima Ceremana con le immagini di Bing: evidentissime le tracce delle trincee, delle mulattiere e dgli accampamenti militari della Grande Guerra
Cercando in rete, si trovano solo salite invernali scialpinistiche ma nessuna estiva. Ed è comprensibile: con la neve è tutto più “facile”, le pietraie e gli scomodi sfasciumi sono sepolti sotto metri di soffice neve. Il fatto che, apparentemente, ben pochi si siano presi la briga di salirci a piedi, è uno sprone ulteriore. Dopo uno studio accurato di carte e
foto aeree di Bing e, il piano è pronto. L’idea è di salire fino alla cima (non esistono sentieri), scendere e poi
allungare verso il Bivacco Aldo Moro cercando
qualche canalone per scendere a sud e rientrare da passo Valcigolera.
Il Colbricon con la forcella omonima e il Piccolo Colbricon
Lago Colbricon inferiore
Lago Colbricon superiore col Coblbricon e il rifugio omonimo
Parcheggio a
Malga Rolle 1908 e per la stradella quasi pianeggiante (
sentiero 348) raggiungo i
Laghi di Colbricon 1927. Raggiunto il
passo Colbricon 1908, affronto quindi il
sentiero 349 la ripida e disagevole salita fino alla
forcella Colbricon a quota 2418. Sempre con il 349, traverso fino a
Forcella Ceremana 2426.
Salendo verso forcella Colbricon, vista sulle Pale
Cima Ceremana avvolta dalle nuvole, vista da Forcella Colbricon
Forcella Ceremana
Sguardo indietro verso il Piccolo Colbricon e la Forcella Colbricon
Si entra "sulla Luna", pietraie immense a perdita d'occhio
Proseguo seguendo ancora il sentiero per un tratto, fino
in corrispondenza della cresta nord che si dirama da Cima Ceremana. Accendo il gps del cello (
sempre utile in queste circostanze per togliersi eventuali dubbi) e avanzo verso ovest fino ad attraversare delle
vaste placche rocciose. La cima non è visibile dal basso: individuato quindi il percorso di salita per un impervio
valloncello di sfasciumi, abbandono il sentiero 349 e inizio la ravanata con percorso libero per le placconate di roccia.
Abbandono il sentiero 349 dopo il crinale nord di Ceremana e affronto la salita fuori traccia
Gli sfasciumi salendo alla cima, sullo sfondo il lago di Forte Buso o Paneveggio
Si alzano le nebbie, speriamo che la visuale rimanga buona o son dolori...
Salgo per le lastronate di porfido abbastanza agevolmente, arrivando ad una
conca di sfasciumi dove la salita si fa più impegnativa con qualche passaggetto di 1 grado. Inizio a vedere dei pali sparsi tra le rocce, segno che gli accampamenti militari sono vicini. Superato una specie di gradone, eccomi nella piccola conca che dà accesso al
vallone dove vedo le rovine di diverse baracche. Distano qualche decina di metri una dall’altra, e sono disseminate praticamente su tutto il versante nord, unite da un
reticolo di camminamenti ancora ben visibile.
Rotoli di reticolato abbandonati tra le rovine
"Stol" scavati nella roccia
Le rovine dell'accampamento militare
Davvero impressionante: quanti soldati stanziali potevano vivere in questo accampamento in quota? Provo a immaginare come fosse la vita quotidiana quassù: un deserto di pietre in estate, una landa desolata sepolta da metri di neve in inverno. Tra le rovine trovo una
quantità enorme di rottami ferrosi, scatolette, centinaia di cocci di bottiglia, cerchi in ferro dell botti, fornelletti scaldarancio, schegge di ogni tipo. Verso la cresta ovest ci sono delle postazioni a picco su precipizi paurosi. Provo a esplorarne qualcuna ma bisogna stare molto attenti, ci sono crolli ovunque e tutto appare in equilibro assai precario.
Reperti...
Sui crinali ci sono ancora
i reticolati a picco sui dirupati versanti sud ed ovest, contro ipotetiche incursioni dal basso.
Le caverne scavate nella roccia (stol) nei posti di vedetta sono piccole, anguste, ci sono ancora i resti delle assi in legno e le
coperture di carta catramata a difesa delle infiltrazioni d’acqua.
Un trincerone costeggia il crinale fino alla vetta, anche questa ingombra di rovine ovunque. Delle persistenti nuvolaglie purtroppo impediscono qualsiasi vista verso sud. Poco sotto della cima, altri rovine con molti
baraccamenti crollati, ancora
grotte,
caverne, grosse travi spezzate. Ci sono ancora grandi
cataste di legna, probabilmente utilizzate per il riscaldamento.
"Stol" a picco sul dirupato versante ovest
Macerie e rovine a perdita d'occhio
Dopo avere esplorato la zona, inizio a
scendere lungo il crinale ovest percorrendo un camminamento. Salendo da sud non c'erano tracce, eppure da qualche parte dovevano arrivare i rifornimenti. Infatti
scopro una mulattiera che corre a ridosso delle forcelle verso ovest.
Cima Ceremana
Bunker sotto la cima
Stol con vista su Fiemme
Ecco la mulattieria in quota a ridosso delle forcelle
Nido d'aquila sui precipizi del versante ovest
Ora viene il difficile: capire da quale canalone posso scendere. Percorro la mulattiera per 1 km scarso. Trovo il primo canalone, ripido ma sembra fattibile. Passo oltre e vado a vedere il successivo più avanti: fattibile anche questo ma molto sassoso, sicuramente abbastanza tremendo per gambe, ginocchia e caviglie. Ci sarebbe un terzo canalone più avanti da andare a vedere ma è troppo lontano e il tempo comincia a stringere. Decido di tornare indietro e fare il primo. Scendo con prudenza, passo una fila di reticolati a difesa della stretta forcella non più ampia di un paio di metri. Quindi calo lentamente di quota per il canalone su sfondo molto malagevole fatto di ghiaie e grossi sassi mobili. Con discreta fatica arrivo fino in fondo alle
Buse Malacarne un po’ stanchino, dove faccio una sosta panini finalmente su una piazzola di morbido prato: è tutto il giorno che non vedo altro che sassi!
Il canalone che ho deciso di scendere, ripido ma fattibile: sulle rocce resti dei reticolati che impedivano la salita di eventuali incursori
Mi volto indietro, il canalone si è biforcato e purtroppo inizia il fondo assai scomodo di grosse pietre: voleranno sassi dall'altro? Speriamo di no
Sono quasi in fondo, ecco le verdi Buse di Malacarne
Uno spiraglio di sole, guardo il canalone appena sceso: è quello di destra
Riprendo quindi la marcia, scollino
Forcella Valcigolera 2421 e faccio una deviazione per andare a vedere il
laghetto senza nome, quasi in secca. Quindi calo fino a
Punta Ces 2228, dove scendo per un tratto per la pista. Invano cerco possibili deviazioni segnate sulle carte per non perdere troppa quota, che ovviamente non esistono.
Laghetto senza nome, quasi in secca
Discesa verso Punta Ces
Scendo quindi per la pista fino a quota 1823 in Val Bonetta, dove affronto con un traversone
gli ultimi 100 metri di dislivello per tornare al passo Colbricon 1908, da dove rientro per il tratto fatto all’andata ripassando per i Laghi Colbricon e quindi fino a Malga Rolle, dove arrivo all'imbrunire vero le 19.30. E’ andata bene anche stavolta
Eccomi di ritorno all'imbrunire ai Laghi di Colbricon
Conclusioni: giro solitario in ambiente grandioso e selvaggio. A parte poche persone incontrare ai laghetti di Colbricon e qualcun’altra a forcella Ceremana, poi non ho più visto nessuno in tutto il giorno! Orientamento non banale per salire alla vetta (utile il gps, specie in caso di nebbie!) con buona parte del percorso fuori sentiero e fuori traccia. Impressionanti le rovine della cittadella militare poco sotto la cima. Difficoltosa e ostica la discesa per il canalone senza alcuna traccia. Anche se, con calma, si fa senza grossi problemi. Sviluppo 21 km, dislivello 1100 circa
Il percorso