Il Lago Lagorai visto dalla forcella del Macaco Gran bella escursione ai
Laghi di Bombasel ieri. Inizialmente, poiché sono fresco reduce da una trallonite e non volevo esagerare, volevamo portarci in quota con la funivia del Cermis, e scendere poi a piedi fino al fondovalle. Invece abbiamo scoperto che avevano aperto solo il primo tronco! (ma che senso ha?).
Dopo un primo momento di disappunto, decidiamo ipso facto un cambio di programma: andremo su dalla
Val Lagorai. Ci portiamo in auto fino al divieto a circa
1300 metri, quindi attacchiamo la ripida forestale, un po' noiosa. Finalmente la grande cascata ci annuncia il maestoso
Lago di Lagorai m 1870. Il cielo è nuvoloso, vorremo fare una sosta ma temiamo che il tempo peggiori e di prendere acqua. Decidiamo di salire ai Laghetti di Bombasel. Io e la mia compagna ci dividiamo temporaneamente: lei salirà per il comodo sentiero 6-316, io invece mi intestardisco per andare a cercare il fantomatico 319, che taglia il ripido costone puntando direttamente alla
Forcella del Macaco m 2278, proprio sopra i laghi di Bombasel.
Salgo per un conoiode ma il sentiero non si vede né si trova. Eppure qualcosa deve esserci... anche se in disuso la traccia deve essere rimasta. Salgo ancora fino a intercettare una traccia assai vaga. E' lui. Almeno credo. La traccia si infogna spesso nel bosco fitto, in canaloni chiusi da boschetti quasi inestricabili di ontani. Devo inoltre superare molti alberi crollati, con aggiramenti faticosi. Poi la traccia per fortuna migliora via via, arrivando poco sotto la forcella, dove abbiamo un cronometrico ricongiungimento
. Morale:
questo sentiero praticamente non esiste più, anche se è ancora riportato sulle mappe addirittura con numerazione, sia pure un po' ballerina: chi lo da come 319 (kompass 618), chi come 359b (Tabacco 014). Sbuchiamo alla forcella del Macaco (che nome strambo), con spettacolare vista.
Siamo ancora in forze, vorremmo fare il
Cimon del To della Trappola m 2401 ma i nuvoloni neri subito dietro ci suggeriscono di dar di piglio al sontuoso pranzo che avevamo in saccoccia, che se dovesse piovere rischiamo di non poter fare. Scendiamo leggermente fino alla bella "Baita del Pastore" (ricovero di fortuna), tra bei specchi d'acqua (circa 6) e torrentelli gorgoglianti, e attacchiamo il pranzo: zucchine, melanzane e peperoni grigliati, mozzarelline con pomodorini e olive, lucanica, formaggio stagionato, panini con prosciutto e formaggio, mezza boccia di Marzemino
Un pranzo da re! Ogni tanto ci vuole. Dopo il lauto pasto però l'incioccamento da Marzemino ci fa depennare la salita al Cimon, del resto il tempo minaccia ancora. Caliamo per il
bellissimo e ampio impluvio sotto i laghetti, senza sentiero né tracce, e arriviamo ad una radura con un altro lago, quindi caliamo per un costone con ampie placche rocciose lisce dove scivolano mille rivoli d'acqua, con pozze e cascatelle. Un posto fiabesco. Arriviamo alla splendida e romantica "
Casera di Mezzo m 2024", assai malridotta ma intarsiata sui legni dalle scritte di remoti visitatori negli anni 50. Una iscrizione porta la data del 1906!
E' un posto da favola,
sembra di essere in Canada (se non fosse per l'orrido Paion del Cermis che svetta sull'orizzonte con le sue mega antenne). Sulla carta, sotto la Casera, c'è il
sentiero 5A che sembra una stupidaggine, e che ci dovrebbe portare giù alle Mandre a 1521. Invece il sentiero, piuttosto vago, va giù di brutto per un vallone ripidissimo e scivoloso. Caliamo faticosamente, col sentiero che spesso e volentieri "sparisce", fino alle
rovine della Casera delle Capre m 1827, invasa dall'erba alta un metro. Si cala ancora per boschi ripidi e selvaggi (
di qui sicuramente non passa mai nessuno, dal Lago Lagorai in poi non abbiamo più incontrato anima viva), il sentiero migliora a tratti diventando stradella, poi ancora sentiero accidentato. Dopo una discesa che pare eterna, arriviamo finalmente alla
Mandre m 1521, dove prendiamo la forestale che ci riporta fino al parcheggio.
In conclusione, bellissima escursione, specialmente la parte alta è spettacolare e selvaggia, circa 1000 mt di dislivello (alla faccia della tallonite
).