Non salivo sul Ruijoch dal febbraio 2009 e quel giorno infausto non raggiunsi nemmeno la cima poiché precipitai nella busa del Karl rompendomi alcune ossa. Per questa solitaria scelgo allora di andar a rivedere il luogo del misfatto.
Parto dal p. Redebus e imbocco la forestale dei masi di Palù fino al bivio con la ripida mulattiera che sale al p. Polpen. Tempo nebbioso ma senza pioggia. Un riflesso azzurro appenna accennato, in alto tra le nuvole, fa ben sperare. Arrivo allla larga sella del passo e la costante di tutta la giornata si manifesta pienamente: dalla parte pinaitra il cielo si apre mentre tra i Mocheni regna incontrastata la nebbia. Comincia la salita sulla larga dorsale dapprima tra i mughi, poi in campo aperto, su sentiero ben tracciato e ricco di ometti. Raggiungo l’Oltmon (Uomo vecchio) che si vede al centro nella foto
e da questo punto il percorso si fa meno ripido anche se non mancano i passaggi su sassi e rocce tipici del Lagorai.
Sguardo in avanti
Sguardo all'indietro
La croce del Ruijoch mi attende.
Ultimo strappetto e sono in cima.
Il sentiero prosegue verso nord, portandosi per breve tratto sullo scosceso fianco occidentale della montagna, fino alla Schliverlai Spiz, che, pur presentando due modesti ed umili legni “en cros” (sic) è leggermente più alta del Ruijoch. Ma è anche meno imponente.
La cresta appena percorsa.
M. Croce
Nella stessa direzione scendo leggermente e giungo al bivio per il sottostante e non visibile rif. Tonini. Io vado dall’altra parte per calare alla verdeggiante apertura del passo di Val Matio.
Alla mia destra, guardando verso i Mocheni, vedo il pendio che feci a rotoloni e saluto il roccione con il quale ci fu un incontro non proprio amichevole.
Ora, per raggiungere il p. Cagnon di sopra, ho due possibili varianti che aggirano la modesta quota al di là del passo: una a sud, verso la busa del Karl (lato mocheno),
l’altra a nord, alta sulla busa di Val Matio (lato pinaitro).
Scelgo questa, che corre lungo una non difficile cengia.
E’ il sentiero per salire al m. Croce. Aggirato il cocuzzolo, non mi resta che abbassarmi fino al passo.
Da p. Cagnon di sopra verso Croce, p. Cadin, c. Bolenga e malga Cagnona alta
Da qui prendo il segnavia SAT per p. Palù e rif. Sette Selle. Ma per poco. Mi inerpico lungo il fianco di c. Conca fino al colmo della sua spalla nord, nella nebbia.
e raggiungo la croce di vetta. Dall’altra parte calo alla forcelletta della Buca della chiave (dalla quale piomba verso Calamento un bellissimo vallone “scialpinistico”, ma da neve supersicura)
e con l’ultima salita tocco la tondeggiante c. Palù. Dall’altra parte l’omonimo passo sembra un formicaio: una quarantina di persone lo affollano, probabilmente una gita sociale. Io me ne sto un po’ più su, proprio “
come ‘n ors”. Loro riprendono la salita verso il p. dei Garofani
e il passo torna nel silenzio. Mi resta la parte più ingrata dell’escursione: tornare al Redebus. Ma invece che scendere direttamente verso i Tasaineri lungo la magnifica Ausertol, prendo un sontuoso sentiero
che verso ovest taglia il fianco di c. Palù e di c. Conca: perde quota impercettibilmente, tanto che appare quasi in piano. Termina ad una splendida radura, alta sulla val Battisti,
nella quale l’unica nota stonata è questa.
Ravanando dolcemente in splendidi boschi, raggiungo la forestale che va al Redebus e a marce forzate sono al passo.