Dal Rujoch vista sul primo tratto della traversataDa almeno un paio d’anni avevo in mente questo grandioso itinerario studiato sulle mappe: il
giro della Val dei Mocheni percorrendo le creste
dalla Panarotta fino a Costalta. Giro lungo, lunghissimo: misurando con Google Earth, risultano circa 40 km per un dislivello indefinito difficile da calcolare per i continui saliscendi, non stratosferico ma neanche così banale. Salvo sfighe imprevedibili (infortunio, crisi isterica etc), dovrebbe essere alla mia portata
. Dovevano essere della partita due note forumiste
, ma non si riusciva mai a far incastrare i rispettivi impegni e così alla fine ho rotto gli indugi e ho deciso di affrontarlo da solo. Le giornate in questo periodo si accorciano sempre più e, con la stagione inoltrata, basta una nevicata precoce in quota per complicare tutto e dover rimandare a chissà quando. Quanto all’impresa solitaria, la condivisione è bella ma in taluni casi anche l'esperienza in solitudine lo è altrettanto, almeno per me: in queste escursioni quasi “mistiche” dove bisogna dare fondo ad ogni stilla di energia, fisica e mentale, andare col proprio passo. Essere liberi da condizionamenti, consapevoli o no, aiuta a distribuire meglio lo sforzo.
Alba sul Brenta vista salendo al FravortSabato 14 settembre è annunciata giornata di bel tempo stabile e così decido di partire. Ho a disposizione circa
14 ore di luce, calcolate dalle 6 di mattina fino alle 20 di sera. L’itinerario, fatto tutto a pezzi e bocconi a più riprese, lo conosco molto bene (oserei dire a memoria) e quindi da questo punto di vista non ho problemi.
Salendo al Fravort: inizia ad albeggiare sulla ValsuganaSveglia alle 4, alle 5.40 sono al
piazzale degli impianti della Panarotta dove parto con la luce frontale. Fa freddo, ci saranno non più di 4-5 gradi e devo tenere le mani in tasca perché non gelino. Arrivo a La Bassa e quindi alla prima salita dove mi scaldo finalmente un po’. A metà dorsale inizia ad albeggiare e mi godo il sorgere del sole sulla Valsugana, lame di luce illuminano il Bondone, il Brenta, il Carè Alto...
A metà dorsale mi accoglie un nutrito gruppo di capre che mi osserva con attenzione.
Prime luci sulla dorsale del FravortUn nutrito gruppo di capre mi accoglie poco sotto la cima del FravortAlba sulla ValsuganaQualche minuto dopo sono in vetta al
Fravort 2347. E’ curioso: solo fino a pochi anni fa, questa sarebbe stata la mia mèta massima prima di fare ritorno a casa
Oggi invece sono appena all’inizio. Guardo la grande mole del Gronlait, prossima cima, con la sua lunga dorsale. Ora si inizia a ballare, iniziano le “montagne russe”. Da qui in avanti sarà un continuo, infinito saliscendi.
Cima Fravort: iniziano le montagne russe, vista sulla discesa e salita verso il GronlaitVista sul Carè AltoScendo alla forcella, quindi in leggera salita raggiungo la
Cima del Gronlait 2383. Il sole si sta alzando, il panorama è già strepitoso, in giro non un’anima viva. Qualche foto e via. Giù al
Passo Portella, salgo un po’ verso l’Hoabonti per prendere il
sentiero attrezzato (con brevi tratti con cordino) fino alla
Forcella del Lago, sopra il Lago di Erdemolo, che ancora non si vede.
In vetta al GronlaitDal Gronlait vista sul versante occidentale della Val dei Mocheni, con la catena di cime che mi aspettano orribilmente lontane...
Verso forcella del Lago, vista su SettelaghiSguardo indietro dopo il traverso da passo Portella: sullo sfondo il Gronlait, si distinguono bene i vecchi sentieri della Grande GuerraZoomata su Sette LaghiUn gregge di pecore mi segue per un tratto, deve avermi scambiato per qualcun altro Verso forcella del Lagog
Lago Erdemolo, sullo sfondo la lunga dorsale del RujochAncora salitelle
verso il Monte del Lago, quindi discesa fino alla forcella sottostante poi di nuovo su a
Forcella Cavè. Ancora leggera discesa fino a
Forcella Conella, segue il traversone in leggera salita che aggira
Cima Sette Selle. Qui ero tentato di evitare la discesa al rif. Sette Selle sfruttando delle tracce che si vedevano da lontano ma lascio perdere, meglio non andare a incasinarsi.
In marcia verso Forcella CavèDa Forcella Cavè verso Forcella Conella, con le cime di Sette Selle e Sasso RottoHoamonderForcella D'Ezze e Cima d'Ezze, ora inizia la discesa al rif. Sette SelleScendo fino al
rif. Sette Selle 2014 dove arrivo poco dopo le 12. Dovrei essere circa a metà percorso, sono 6 ore circa che marcio e coi tempi mi pare di essere abbastanza in campana, non sono stanco e sto bene. Al rifugio faccio il rabbocco d'acqua e, dopo qualche titubanza (temo assai l’ingolfamento), mi concedo un piatto i canederli in brodo, te’ e un caffè.
Il Brenta visto dal Passo dei GarofaniSosta al rifugio Sette SelleZoomata sul Brenta centrale, si distingue il Campanil BassoPasso dei Garofani, sullo sfondo Monte Conca e a sx Schiliverai Spitz e RujochSguardo indietro: a sx Cima Sette Selle, a dx il FravortQuindi, senza perdere altro tempo prezioso, riparto con la salita al
Passo dei Garofani 2150. Altra discesa fino a
Passo Palù 2071, poi altra salita fin poco sotto la
Cima di Palù e il
Monte Conca 2301, cui segue altra discesa fino a
Passo Cagnon 2124.
Da Passo Palù verso Val CalamentoUltimo strappo da Passo Cagnon a Passo Val Mattio e cima dello Schilverai SpitzQuindi un ultimo strappone in salita fino al
Passo di Val Mattio 2310 e poi l’ultima rampa allo
Schileverai Spitz 2432, la massima elevazione di tutto il percorso. Quando sbuco in cresta tiro un po’ il fiato, il più grosso a questo punto è fatto... Comincio però ad essere anche un po’ stanchino.
Schliverai Spitz 2432, la più alta elevazione di tutta l'escursioneResti di stufa in accampamento militare della grande Guerrapg
Malga Stramaiolo col Lago di Serraia sullo sfondoBusa di Val Mattio e Monte Croce Dalla dorsale dello Schliverai Spitz sguardo su Passo di Val Mattio e il traversone sotto Monte ConcaRaggiungo la vicina
cima del Rujoch 2415 dove faccio una breve sosta per rifiatare e mangiare una barretta (la seconda della giornata). Da qui rivedo quasi tutto il percorso fatto finora, è abbastanza impressionante. Inizio a far calcoli sul tempo rimasto. Dovrei essere in cima a Costalta verso le 19, con un’ora scarsa di luce per calare di quota per la dorsale sud e trovare la via per scendere a Faida. Ce la posso fare. Ora mi attende l’eterna
discesa fino a passo Polpen poi giù di brutto fino a passo Redebus 1464.
Schliverai Spitz visto dal Rujoch: sullo sfondo a dx il Monte CroceDorsale Schliverai Spitz - RujochMentre scendo dal Rujoch un diavoletto perfido mi bisbiglia “Ma che fai, fatti venire a prendere a Redebus, chi te lo fa fare…”. Ma siccome son testardo, assesto idealmente al diavoletto un robusto calcioinculo. Arrivo a
Passo Redebus 1450 abbastanza stancarello, consapevole del fatto che mi attende ora la parte più dura: la risalita di
Costalta 1955, ribattezzata subito la “salita della morte”: altri 500 metri di salita che, in altra circostanza, potrei fare su una gamba sola. Ma che col dislivello e coi km nelle gambe di adesso mi appare come scalare lo Stelvio a piedi
.
Discesa verso Passo Polpen: dietro, il LemperpechPer “riposarmi” preferisco evitare il sentiero che sale a Malga Pez e salire per la strada forestale, più lunga ma con salita più graduale. Grazie al passo regolare riesco a tirare un po’ il fiato e far riposare anche i piedi. La strada Malga Cambroncoi-Redebus mi è sempre sembrata eterna e noiosa in discesa, figuriamoci in salita e dopo un giro del genere.
Ho ancora la forza di fare una foto a questo bellissimo fiore di Tanacetum vulgare L. - Tanaceto, Erba amaraArrivo a
Malga Cambroncoi 1700 e devo fare un’altra breve sosta prima di affrontare l’erta finale. 300 dei 500 sono fatti, restano ancora 200 alla cima, ce la faccio! Mi sparo uno schifoso gel, sperando che mi tiri un po’ su. Ormai però è chiaro che dovrò fare il rientro a valle al buio. Riparto con passo lento ma regolare su per il noto stradello, conto mentalmente i tornanti, ed ecco che verso le 19 passate
sono in vetta a Costata 1955 accolto da un vento gelido ma con un tramonto bellissimo sul Brenta.
In vetta a Costalta, ora se dio vuole è tutta discesa!!!Tramonto sul BrentaLa gioia e la soddisfazione dell’aver raggiunto l’obiettivo fanno quasi scomparire la stanchezza. Avviso l’amica con la quale ho concordato il rendez-vous a valle che sono in cima a Costalta, ne avrò ancora per un paio d’ore circa per
scendere a Faida. Mi volto per un’ultima vota verso est e e riguardo l’incredibile cavalcata in quota che mi sta di fronte,
dalla Panarotta fino al Rujoch: sembra impossibile averla percorsa tutta a piedi!
Ultimo sguardo alla traversata nella parte orientale, pare incredibile aver fatto tutta questa strada a piedi!Ma c’è poco tempo per gli entusiasmi, il tempo stringe e il buio incombe. Il giro non è ancora finito, devo
scendere fino a Maso Stefani e trovare la discesa (incerta) per Faida prima che arrivi la notte. A quota 1770, quando è ormai quasi buio, incrocio un cartello col
sentiero “S.Orsola 405”. Non l’ho mai percorso ma, a questo punto, mi pare molto saggio scendere per un sentiero sicuro piuttosto che ravanare di notte per sentieri o tracce incerte. Neanche a farlo apposta però, hanno appena disboscato e il 405 è ingombro di grossi tronchi e distese di ramaglie. Perdo il sentiero due o tre volte, che il cielo strafulmini gli esboschi e i boscaioli. Col buio tutto si complica, ravano un po’ e lo ritrovo, e non lo mollo più. Alla luce della frontale (sia benedetta) scendo per l’eterno 405, a tratti ripido, scivoloso e molto faticoso, che incrocia molte strade e stradelle,
giù giù fino a S. Orsola, dove arrivo che sono ormai le 20.45. Telefono all’amica per comunicarle il cambio di programma, verrà a raccogliermi pietosamente e mi accompagnerà a riprendere l’auto in Panarotta.
In vetta a Costalta: il sole tramonta dietro le Dolomiti di BrentaLa soddisfazione è veramente tanta, non sono neppure devastato dalla fatica come potevo immaginare: nell’attesa mi gusto una birra al bar della piazza e riguardo nel buio la sagoma scura del Fravort dove, 15 ore prima, è iniziata quest’avventura solitaria che conserverò nella memoria a lungo. Che dire, un giro davvero grandioso, forse il fatto di conoscere bene i posti ha tolto un pizzico di fascino alla mega escursione ma del resto è stato una garanzia di non perdere tempo per orientarsi.
E’ andato tutto come meglio non poteva, compresa la piccola complicazione del finale al buio, che avevo peraltro messo in conto. E’ stata per me l’escursione più lunga e impegnativa di sempre, anche questa una ulteriore soddisfazione di riuscire a fare, nonostante l’età non più verdissima, escursioni che 30 anni fa potevo solo immaginare nei sogni più sfrenati
Sviluppo km 40,3 dislivello m 2300 (circa)
Il percorso