Giornata dedicata all’esplorazione e al ravanage hard. Decido di esplorare la zona dell’incantevole
Alpe Laghetti, sotto
i selvaggi bastioni rocciosi di Cimon di Lasteolo, a nord est di Passo Valcion in Lagorai. Avevo già esplorato l’anno scorso i bellissimi laghetti senza nome a est di Cima Laste de le Sute
http://girovagandoinmontagna.com/forums/index.php?topic=3253.0;highlight=alpe laghetti, stavolta tocca ai
laghetti a sud est del Cimon di Lasteolo. Questo mi permetterà di vedere finalmente da vicino la
Val Ziotto e la
Val Cupolà, viste tante volte da lontano dalle cime circostanti. Ho in mente un giro di massima, da adattare secondo le difficoltà che si presentano.
Malga Valcion
Parto da
Ponte Conseria m 1468 (€ 3,5 euro di pedaggio) e raggiungo velocemente il
Passo Cinque Croci m 2018, quindi con la forestale fino a
Malga Valcion 1973. Di qui in avanti è per me territorio ignoto.
Il sentiero 301 scende in una incantevole valletta pianeggiante, con torrente e mucche al pascolo. Un piccolo paradiso. Proseguo e arrivo a
Malga al Ziotto 1841, purtroppo ridotta in ruderi, ma la bellezza del posto è quasi commovente. Al di sotto della malga in rovina (chissà com’era bella quand’era attiva!) una magnifica spianata di prati con decine di ruscelli. In lontananza ancora mucche al pascolo. Non c’è un’anima. Dopo aver perso 150 metri di dislivello il sentiero riprende quota fino a
Passo Cupolà 1959, il punto chiave dell’escursione perché qui devo abbandonare il sentiero per cercare di raggiungere i laghetti.
Posti meravigliosi dove non c'è nessuno
Mi sposto un po’ verso il
Col del Latte per vedere meglio il versante e decidere la salita, che si presenta ardua. Sbinocolo per vedere meglio. Tracce non ce ne sono, ma quel che è peggio è la natura del terreno: estese cortine di mughi, rododendri e ginepri in mezzo a frane di macigni. Col binocolo individuo una vaga dorsale dove la vegetazione sembra meno ostile. Dopo un breve rifocillo, parto. L’inizio è traumatico: dal passo vado verso il versante ma devo attraversare una conca umida con rododendri e erba alta sopra a buchi e fossi profondi anche un metro e più. Scivolo e cado subito per tre volte di fila. Si comincia male!
Ecco i laghetti in un posto che più fuori mano non si può!
Provo a tagliare più decisamente verso il costone e dopo qualche minuto di bestemmie per uscire da quel casino ho un miraggio: vedo con stupore segni bianco/rossi sugli alberi. Mi dirigo rapidamente verso i segni (ma non sono segni Sat), e trovo una specie di traccia ormai quasi praticamente “mangiata” dalla vegetazione, ma con frequenti segni sugli alberi. Seguo i segni, che mi permettono di uscire senza troppe rogne da una a dir poco infame mugaia. Come erano apparsi, i segni improvvisamente scompaiono. Ma poco male, ormai sono in una specie di valletta che si insinua tra pietraie e baranci alti 3 metri. Prendo quota e raggiungo la dorsalotta avvistata dal passo. Vedo improvvisamente una grossa volpe, cerco di prendere la macchina fotografica ma si allontana trotterellando verso l’alto, fermandosi ogni tanto a guardarmi, poi scompare. Proseguo per il costone piuttosto ripido cercando di scegliere il percorso migliore tra pietraie e zoppe di erba scivolosa come il sapone.
La dura salita alla forcella
Finalmente il paesaggio si apre. Sotto, la magnifica Val di Cupolà, con la malga in una vasta distesa di prati, sullo sfondo si erge la mole severa di Cima D’Asta. Arrivo alla grande conca sotto il Lasteolo, una immensa distesa di pietraie. Controllo l’altimetro, ci siamo quasi. Pochi passi ed eccomi finalmente ai
laghetti a m 2202 di quota: due splendidi specchi d’acqua circondati da pietre e macigni. Missione compiuta! (quasi).
Il tempo si sta annuvolando. Faccio una sosta per il rifocillo e per decidere il da farsi. Le forcelle circostanti sono tutte ripidissime e impervie, e ovviamente pietrosissime. L’unica “decente” è forcella Cupolà, altri 250 metri di dislivello, ripida e con le solite pietraie infami da attraversare. Sbincolo per scegliere la via di salita migliore e parto. Attraverso le pietraie di avvicinamento senza troppe difficoltà, sono sassi grandi, e poi attacco il muro finale tenendomi su una “striscia” di zoppe pungenti. Raggiungo
forcella Cupolà m 2440 e trovo come previsto il sentiero 321.
Forcella Lasteolo ingombra ancora di reticolati della Grande Guerra
Qui avrei due possibilità: tornare indietro verso forcella Lagorai o proseguire verso il Litegosa. La gamba è ancora buona, proseguo. Qui il paesaggio si fa decisamente lunare, con distese di pietre e rocce a perdita d’occhio. Si costeggia una specie di cengia punteggiata dai resti della Grande Guerra: trincee, muri, reticolati, resti di baracche. Arrivo al cospetto della tetra cima Liegosa, invasa dalla nebbie. Vorrei salirla (saranno 50 metri) ma è già tardi e mi aspetta un lungo e complicato rientro. Sono comunque nel punto più alto dell'escursione, circa 2500 metri.
Scendendo verso Passo Litegosa: Cima del Frate e Castel delle Aie
Discesa infame verso il Lago Nero
In discesa verso Passo Litegosa raggiungo due tizi, lei e lui, carichi come muli. Scambiamo due chiacchiere: sono napoletani (!) e sono impegnati nella translagorai, ora sono diretti al Rif. Cauriol. Saluto e via. Al
Passo Litegosa 2261 cerco per curiosità il bivacco, che non ho mai visto. La tabella non indica a quanti minuti, il sentiero 321 prosegue ripido e non ho tempo di andare a cercare. L’idea è di tagliare giù per passo Litegosa. Mi affaccio per vedere com’è la discesa. Potrei proseguire per il 321 e scendere da Passo Sadole ma sarebbero altri 4 km di sentiero.
Resti di proiettile
La discesa sembra fattibile, mi butto. L’inizio non sembra male, sassoso-pratoso, poi incontro addirittura un pezzo di strada militare che mi fa illudere per una discesa “sul velluto”, invece la traccia finisce presto. Quindi iniziano le pietraie infami, poi il vallone diventa ripido. Seguo con difficoltà un canalino franoso che scende a sbalzi, tra rocce e zoppe. Nulla di tragico ma devo fare bene attenzione a dove metto i piedi, è un niente prendersi una storta, tra decine di scivoloni. Molto faticosamente calo di quota questi benedetti 400 metri di quota e raggiungo finalmente
il sentiero 301 a 1840 metri (col senno di poi, forse facevo prima a seguire il 321).
Qui inizia il lunghissimo rientro, il sentiero è accidentato e devo riguadagnare quota qua e là. Aggiro il costone di Cupolà dove finalmente il sentiero diventa un sentiero “serio”, cioè senza pietre a spezzare continuamente il passo. Dopo aver traversato un bel torrente arrivo alla
Malga Cupolà m 1825, che avevo visto dall’alto in una magnifica spianata. Non c’è nessuno. Do’ una occhiata al bivacco, bello! Ora devo risalire ancora, attraversando zone acquitrinose, verso Passo Cupolà e chiudere finalmente l’anello.
Rientro verso Malga Cupolà
Raggiungo il passo e ripercorro quindi la stessa via dell’andata fino a malga Valcion: con queste maledette salitelle la stanchezza inizia a farsi sentire. Da Malga Valcion ancora salita fino al
Passo Valcion 2076. Ora se dio vuole è tutta discesa! Il percorso lo conosco a memoria, scendo per i Campivoli di dentro, quindi seguendo una stradella nel bosco arrivo a
Malga Valsorda Prima m 1863 che comincia a fare buio, ma ormai sono sulla strada forestale. Ancora diversi chilometri a scendere ma ormai vado per inerzia. Non tiro fuori nemmeno la frontale. Alle 21.30 sono finalmente alla macchina a Ponte Conseria, sano e salvo, dopo una lunghissima giornata di ravanate. Dislivello 1600 m, sviluppo 30 km.