Palon di Cece 2690, dalla trincea in vetta verso Cima Cece
Brutta, brutta, brutta! Non saprei come altro definire salita (e discesa) di questa cima che sarà vista sì e no da 10 persone l’anno. Il versante sud di accesso, l’unico praticabile da un escursionista -tutti gli altri sono orrendi dirupi- ha miliardi di sassi e non ce n’è uno che stia fermo! Sassi di tutte le dimensioni su ghiaino, una combinazione micidiale. Ci sarebbero anche dei costoloni erbosi ma è perfino peggio: l’erba alta, pungigliosa e scivolosissima, copre i sassi e i buchi che ci sono sotto, con alto rischio storte o cadute.
Verso Forcella Valmaggiore
Questa cima l’avevo vista con noncuranza tante volte salendo a
Cima Cece, ma l’avevo sempre considerata inaccessibile. Nell’ultima salita a Cece però, osservando meglio, mi sono accorto che sul
Palon di Cece (molte carte non riportano neppure il nome, solo la quota di 2690) c’erano delle
postazioni della Grande Guerra! Quindi da qualche parte i soldati dovevano essere saliti. Il versante sud appariva come l’unico affrontabile in modo escursionistico. Dopo accurato studio di carte, immagini, mappe e foto aeree coi soliti Google Earth e Bing, decido di provare. Ho scarne notizie di prima mano: qualcuno aveva parlato addirittura di una mulattiera che saliva, insomma non sembrava così ostica.
Palon di Cece versante nord
Da
Malga Valmaggiore 1620 parto di buon passo e in h 1.15 sono al
Bivacco Paolo e Nicola 2180. Ora si inizia a ballare.
Presso la sorgente poco sotto il passo, abbandono il sentiero e seguo una esile traccia (senza segni o indicazioni) che traversa in costa. E’ abbastanza visibile per circa 1 km scarso ma arrivato nei pressi di una fascia di bosco e grandi pietraie scompare nel nulla.
Il traversone per traccia verso il Monte Tabio
Vista su Cima d'Asta
Verso il Monte Tabio
Traverso dunque a intuito, su terreno infido, con pietre coperte da vegetazione alta,
verso forcella Tabio. Mentre cammino mi chiedo che senso abbia l’ipotetica mulattiera austriaca sul versante sud, visto che gli italiani erano di fronte sul Tabio e avrebbero potuto farne un facile bersaglio... (infatti scoprirò poi che non c’era nessuna mulattiera!).
La difficile pietraia da attraversare
Eriofori negli specchi d'acqua sotto Cima Tabio
Vista verso Cima Paradisi
Appena possibile esco dalla pietraia per guadagnare un più comodo costone erboso. Vedo una
bellissima volpe che si aggira tra i sassi, appena mi vede scompare al trotto dietro a dei grossi macigni. E’ sempre una grande emozione vedere gli animali nel loro ambiente! Sarei tentato di salire a
cima Tabio 2354 per vedere meglio il
canalone micidiale che sale verso il Palon di Cece, che da sotto appare abbastanza complicato. Inutile star lì a tergiversare, lascio perdere cima Tabio e inizio a salire, poi lungo la via si vedrà.
Il canalone d'accesso, non c'è alcuna traccia utile
Uno degli infami colatoi
Mi sto alzando di quota, al centro il Monte Tabio
Il canalone non è troppo ripido, ma
la salita è piuttosto faticosa per sfasciumi mobili, sono 600 metri di dislivello alla cima. Arrivato ad una
fascia rocciosa impervia, devo decidere come salire.
Scelgo il canalino di sx, che sembra più abbordabile.
Dopo un po’ però decido di uscire: troppo faticoso, un passo avanti e due indietro e pietre che “partono” dappertutto appena si poggia il piede. Mi arrampico con attenzione su
articolate coste erbose ripide con rocce, aiutandomi spesso con le mani. Nulla di particolarmente difficile, ma un ruzzolone avrebbe conseguenze dolorose. Nella parte in alto mi infogno in un canalino ripido franoso, il fondo scivolosissimo di ghiaino. Non mi piace per nulla ma ormai devo salire, scendere sarebbe più pericoloso.
Sbuco finalmente su una specie di ripiano, una conca sotto la forcella, dove posso tirare il fiato.
ll ripiano dove posso tirare il fiato
L'ultimo strappo alla forcella
Il trincerone sotto la cima, sullo sfondo Malga Miesnotta
Resti di baraccamenti a preicipizio sul versante nord
Cerco invano l’ipotetica “mulattiera” ma ovviamente non c’è nulla, niente alla lettera: nessuna traccia. Resisto all’idea di salire il ripido fianco occidentale per roccette, che sarà un 1° grado massimo 2°, ma se si scivola si vola di sotto e non è proprio il caso.
Decido di salire almeno fino alla forcella, che è abbastanza facile, poi si vedrà. La raggiungo faticosamente, scegliendo accuratamente il percorso per evitare le pietraie più rognose o i tratti di erba alta scivolosa.
La forcella si affaccia su un ripido canalino che precipita a valle, si vede anche un cavo volante che probabilmente serviva per aiutare i soldati che salivano dal ghiaione.
Sono in dubbio se proseguire, ma vedo i resti di una trincea verso la cima e decido di provare a seguirla, sono a quota 2550 circa e non manca molto alla vetta.
Il trincerone verso la cima sud
L'anticima con la postazione della Grande Guerra
Dopo 100 anni c'è ancora il pavimento con le assi di legno!
Un pezzo di indumento
La trincea è molto malmessa e in molti punti franata, ma almeno si sale senza l’esposizione sul ripidissimo versante. Alcune deviazioni conducono a
resti di baracche a picco sui burroni: mi avventuro con molta attenzione,
la roccia è marcia e ci sono franamenti ovunque.
Poco sotto la cima, il trincerone diventa più imponente. Lo seguo fino ad un cunicolo nella roccia che conduce all'anticima dove c’è una
postazione coi resti di una baracca della Grande Guerra a picco sui precipizi spaventosi, un vero e proprio nido d’aquila.
La trincea poco sotto la cima, con vista verso Cima Cece
Trinceramenti nei pressi della cima
La pavimentazione in legno della baracca ha resistito fino ai giorni nostri
Dall'anticima sud verso cima Palon di Cece 2690
Si sente forte il puzzo di carta catramata, che affiora in grandi quantità dal terreno.
Il pavimento della baracca ha ancora le assi in legno, incredibile! Ci sono ancora travature e assi di legno, rottami vari, pezzi di ferro, chiodi, mattoni della stufa, pezzi di stoffa indefinibili, scatolette. Chissà cosa c’è sotto le assi del pavimento: provo ad alzarne qualcuna ma sono ancora saldamente inchiodate. Inimmaginabile come potesse essere durante l’inverno con metri di neve e un freddo spaventoso!
La follia della guerra appare in tutta la sua tragica evidenza, anche se solo in parte immaginabile ai giorni nostri, abituati alle comodità di vivere in tempo di pace.
I tremendi dirupi del versante ovest
Vista verso sud
Vista verso est su Cima Cece
Torno un po’ indietro per salire la cima vera e propria, arrampicando con attenzione per roccette ancora per 20-30 metri, fino alla vetta di
Cima Palon 2690! La soddisfazione è immensa, il panorama è grandioso, che però al momento non mi godo granché perché sono assai preoccupato per la discesa che mi aspetta. Faccio un po’ di foto, vedo in lontananza
Cima Cece 2754, dalla quale mi giungono le voci degli escursionisti che affollano la cima. Dove sono io invece non c’è nessuno, non ho visto letteralmente un cane in tutto il giorno.
In vetta al Palon di Cece
Trincea poco sotto la vetta
L'anticima sud con la trincea che conduce alla postazione dove sorgeva una baracca a picco sul precipizio
Decido di non fare sosta panini+birretta per mantenere la lucidità necessaria alla impegnativa discesa. Non ci sarebbe nulla di peggio che scendere con lo stomaco ingolfato dalla digestione.
Sono sul ciglio del baratro, almeno 400 metri di “volo” dove sono affacciati i resti delle baracche. Faccio una sosta per tirare il fiato e raccogliere le forze mentali per la discesa, che si preannuncia assai ostica. Alle 14 sono pronto, parto per la
lunga ed estenuante discesa. Scendo molto piano, ogni passo va misurato al millimetro. Di solito non cado quasi mai, qui sono caduto 3 volte, con centinaia di scivoloni recuperarti in extremis grazie ai bastoncini.
Inizio la discesa
Ultimo sguardo a Cima di Cece
La lunga ed estenuante discesa
Una delle tante schegge di granata tra i sassi
Arrivato alla conca,
non voglio rifare il canalino schifoso fatto in salita, quindi provo a scendere per quello più a est. Che purtroppo non è messo meglio. In qualche maniera riesco a scendere, sempre con molta prudenza, calandomi per alcuni salti di roccia per fortuna non troppo alti. Quindi la lunga discesa nella parte bassa del ghiaione, non meno rognosa.
Eccomi in vista di forcella Tabio con la cima omonima
Da Forcella Tabio verso Buse Malacarne, sullo sfondo Cima Ceremana avvolta dalla nebbie, a dx Cima Miesnotta
Ritorno verso Forcella Valmaggiore, le pozze sotto il Monte Tabio con gli eriofori
Arrivo a forcella Tabio e non mi pare vero di poter calpestare del prato,
ci ho messo ben 2 ore a scendere solo 600 metri di dislivello! Sono abbastanza cotto, mi accascio sull’erba per recuperare le forze.
Avevo una mezza idea di scendere verso Malga Miesnotta di Sopra e rientrare da Forcella di Cece, ipotesi che però scarto subito perché non conosco il percorso (non ci sono sentieri) ma soprattutto perché sono davvero troppo stanco. Torno quindi dalla stessa via dell’andata col lungo traversone che mi porta a Forcella Valmaggiore. Da qui per scendere alla malga impiego più tempo di quello che ci ho messo a salire, tanto per dire quanto fossi cotto a puntino
La meraviglia dell'Alpe Fossernica
Ultima foto al laghetto sotto Forcella Valmaggiore, prima di scendere verso valle
Conclusioni:
escursione bellissima ma veramente dura, penso sia la prima e ultima volta che faccio una cosa del genere
In definitiva la sconsiglierei a chiunque non sia disposto a soffrire e non poco
. Dislivello 1250, sviluppo km 15,5