Cima quota 2686
Una cima secondaria senza nome che sfiora i 2700 metri e che non ho mai salito. Non ci sono sentieri o tracce. Con le immagini satellitari intravedo arditi trinceramenti degli austroungarici che corrono lungo lo stretto crinale a picco sui precipizi. Anche questa cima faceva parte della lunga linea del fronte del Lagorai, dalla Panarotta al Rolle, e perciò presidiata da massicce opere di difesa su ogni cima e forcella, con postazioni, trinceramenti per chilometri, baracche e accampamenti in quota. Decido di andare a dare un’occhiata.
La mulattiera della Grande Guerra che sale al Lago di Cece
Salendo verso forcella Cece, con un nevaio che ormai "farà il giro"
Mulattiera e baraccamenti, sullo sfondo Cima di Valbona
La mulattiera della Grande Guerra verso Cima Slavaci
Forcella trincerata
Fortificazioni in vetta
Quando attacco la cima, a metà giornata dopo un lungo avvicinamento, cala la nebbia e una pioggerella mista a pallini di grandine rende le pietre scivolose come il sapone. Qui, in questi posti infami, i soldati ci vivevano, soffrivano, combattevano, morivano: posso desistere dalla salita per queste banali difficoltà? No di certo. Mi arrampico con cautela sulle ripide lastronate roccia e poi per pietraie che rendono penosa la salita.
Sul versantre opposto, resti di massicciate della mulattiera che sale verso Cima Slavaci
Ultimo tratto verso la cima, con la scalinata della Grande Guerra, franata in diversi punti
Rintraccio le tracce della mulattiera che sale con gradinate a picco su tremendi baratri: in vari punti è franata o sconquassata dalle frane, in altri appare decisamente pericolante. Bisogna stare attenti: queste magnifiche mulattiere ai tempi di guerra erano mantenute costantemente, spesso protette da corrimano e parapetti, funi di sicurezza. Dopo un secolo è tutto in rovina, precario e franoso tra gli sfasciumi di porfido.
Galleria in vetta con le travature originali
Il cunicolo scavato nella roccia
La feritoia si affaccia su Miesnotta, che era presidiata dalle truppe italiane
Postazione con vista verso Cima Valon e Cima Cece
Arrivo finalmente sul filo di cresta: ci sono i resti delle baracche, con le travature in legno originali di cento anni fa. I ripari dei soldati sono collegati da stretti camminamenti, caverne, nidi d'aquila, postazioni. La nebbia e la pioggia rendono spettrale il paesaggio: da una piccola feritoia di un muro a secco vedo comparire in uno squarcio nelle nuvole la severa Cima Valon e, sullo sfondo, l’imponente profilo di Cima Cece. Sul versante opposto appare e scompare nelle nebbie la vicina cima Slavaci. Più in basso a nord est le sterminate pietraie verso Cima Bragarolo e Ceremana.
Scalinata precaria
Vista sulle "laste" sotto gli Slavaci
Postazione a picco sul precipizio
Camminamento trincerato
Galleria scavata nella roccia della cima
Nido d'aquila
Il micidiale crinale di sfasciumi, con cima Valon al centro e dietro Cima Cece
Forcella senza nome, coi "gendarmi" di roccia
Mi infilo con molte precauzioni in una galleria parzialmente franata, scavata da un versante all’altro e che si affaccia con una stretta finestrella sulla Miesnotta, all’epoca presidiata dalle guarnigioni italiane. Percorro con attenzione i camminamenti tra i precipizi che conducono ai vari “nidi d’aquila” dei soldati, osservatori in cima a dei roccioni che fanno paura solo a guardarli. Le vedette ci passavano ore, giorno e notte, estate e inverno.
Discesa per la Val Caserina
La zona dei Slavaci nel Lagorai nord orientale