Mi sembrava l'approccio più indicato, non conoscendo quasi per nulla il Lagorai..
Eccoci quindi al Passo Manghen (2047 m) per fare un bel anellino del Ziolera e del Montalon, mettendoci dentro pure un paio di cimette.
Scegliamo il 322a per l'andata (nord) e il 322 per il ritorno (sud).
Freddo becco alle 8.30 di mattina, brina in certi punti. Partiamo tremolanti, schivando frequenti acquitrini e abbondanti cacchette ovine
e in poco tempo fiancheggiamo il bel Lago delle Buse, dalle acque blu scuro intenso che riflettono un cielo terso solcato da varie scie bianche in tutti i versi e direzioni.
Per lievi saliscendi in breve arriviamo alla forcella Pala del Becco e subito attacchiamo la normale (?) dell'omonimo rilievo. La traccia è esile, ma grazie ai pochi ometti la via s'individua. Dopo una piccola selletta erbosa la salita si fa più ripida e rocciosa ed occorre togliersi le mani dalle tasche. Da qui alla cima è tutto di I grado e in certi punti qualcosa in più, ma in un attimo siamo in cima (2434 m).. Vista stupenda, anche se non conosco i rilievi circostanti... e comunque il mio sguardo corre alla roccia del Brenta ad ovest e del resto delle Dolomiti ad est
Sciendiamo per la via dirupata (roccia ancora in ombra e gelida al tatto) ed imbocchiamo il CAI 322 verso il Ziolera, ammirando un versante diverso rispetto a quello dell'andata, più dolce, prativo, pieno di rigagnoli e con l'erba gialla molto alta di chi ha ricevuto il sole di un'estate intera..
Il cielo si sporca un po' e dalla cima del Ziolera sappiamo già che non vedremo una mazza o quasi. Ma ci andiamo comunque, almeno per firmare il quadernetto di vetta (2478 m) e notare quanto bazzicata e differente sia rispetto alla cima precedente.
Il ritorno si conclude sempre per il 322, che si srotola panoramicamente dalla bella Forcella del Frate fino al Manghen.
Non si può che concludere l'escursione con un bel piatto di canederli al gulash, birra, strudel e grappino al mugo, il tutto miracolosamente concessoci gentilmente dai gestori negli ultimi istanti utili di cucina aperta (ore 15)
Devo dire, non essendo molto amante dei Lagorai, che mi ha colpito, complice magari la stagione più che avanzata, l'assoluta quiete quasi magica di luoghi isolati ma non remoti, visivamente rassicuranti (tonalità dominanti calde, incluso il tono rossiccio e verdognolo del porfido), nè aspri nè sublimi, niente di meglio per chi voglia rigenerarsi passeggiando in montagna per il semplice gusto di farlo...
Qui le foto:
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