Monte Croce versante nord dopo la bufera Per questa escursione devo anzitutto ringraziare Rad. Il tempo ieri mattina presto era pessimo ed ero addirittura sul punto di rinunciare. La sera prima avevo ideato un giro piuttosto ambizioso: un
mega anello con salita a Cima Croce da nord, discesa per il canalone SO e salita al Fregasoga, quindi il lungo crinale fino al Cimon del Tres. Mi scocciava “sprecarlo” con una giornata di brutto tempo. Mentre guardavo webcam e incrociavo bollettini, alle 7.27 ho letto sulla bacheca del forum un messaggio di Rad: “E’ in gran parte nebbia, fuori che migliora, buona camminata!”. Allora mi sono detto “Ma sì chi se ne frega, vado”. Alla peggio farò un giro esplorativo alla Busa Fornasa a nord di Monte Croce, versante a me del tutto ignoto.
All’arrivo a
Baita Fornasa m 1450 mi accoglie una gaia pioggerella (e qui vorrei strozzare Rad
. Qua e là però si intravedono squarci d’azzurro, parto ugualmente. Ho una “geniale” intuizione, farò il giro in senso orario rispetto al previsto, nel tentativo di evitare il peggioramento previsto e le nuvolaglie all’orizzonte.
C’è una parte ravanatoria in programma non banale e sono armato di ben quattro carte: Kompass, Geo, Tabacco, 4land. Ho intenzione di risalire la lunga dorsale NE di Monte Croce, senza sentieri ma con tracce qua e là. Dopo 15-20 minuti di cammino una sorpresa: un nuovo sentiero con segnali del Comune di Fornace (!) con indicazione “
Sentiero Forestale Valletta Pian dei Cavai” e un estratto di mappa Tabacco. E’ proprio dove voglio andare io! Lo seguo e inizio a salire. Il sentiero è molto bello e si inoltra nel bosco con ampi squarci panoramici sul fondovalle. Poi arriva in una magnifica radura pianeggiante, un posto fantastico per piazzarci una tenda. Proseguo sulla bella e panoramica dorsale, il tempo migliora leggermente e ogni tanto spunta il sole. Arrivo sopra la magnifica
Busa Fornasa, in basso si intravede Malga Fornasa Alta. Improvvisamente appare una coppia di baldi giovanotti (lui e lei, sulla sessantina a occhio), sono in grosse difficoltà con l’orientamento (volevano salire a passo Fregasoga se non ho capito male). Gli chiarisco le idee di dove siamo. Sono titubanti se proseguire ma vedendo me prendono “coraggio” e mi seguono. In realtà non ho mai fatto la salita al Croce da questo versante e non so se è praticabile, ma sono deciso a provare. Man mano che salgo mi dico “Sì, almeno il Croce si può fare”. Seguiamo il crinale fino ad arrivare ad una specie di intaglio con un canalone franoso, un passaggio un po’ delicato: la donna mi segue ma l’uomo si rifiuta e si accoccola per terra e fa segno di “no” con la manina
. Dopo qualche minuto di titubanze però ha uno scatto d’orgoglio e viene su anche lui, superando di slancio il tratto rognoso
. Affrontiamo l’ultimo tratto ripido su roccette, si arrampichicchia su passaggetti facili e dopo un po’ siamo finalmente sulla vetta di
Cima Croce 2490. C’è, manco a dirlo, il solito gruppetto di veneti, il tempo è discreto anche se all’orizzonte avanzano nuvoloni scuri. A quel punto mi dico che posso provare ad andare verso il Fregasoga, alla mal parata scenderò dal passo.
Dopo 15 minuti di sosta, saluto i compari e scendo solitario verso sud, quindi imbocco il canalone a SO sotto la cima. Ho le scarpette basse ma sono eccezionali anche negli sfasciumi di pietre, scendo bene fino sotto il Monte Camin, quindi prendo il sentiero 423 che sale al Fregasoga. Al passo Fregasoga, dove volevo fare una sosta, mi arriva un messaggio di Angela dal Primiero: “Varda che qua la piove fissa” (piove forte!). Salto quindi la sosta e attacco subito la salita. Arrivo anche su
Cima Fregasoga 2452. Dalla mia parte c’è ancora il sole, ma verso est c’è una muraglia di nuvole nere che sta aggredendo il Montalon. Salto anche la sosta sul Fregasoga e riparto dopo aver trangugiato una famigerata bustina di gel, è venuto il momento di provarne una: è una specie di sciroppo, il gusto è quello delle caramelle gommose, neanche così schifoso come temevo. Calo di quota e poi salgo alla
Pala delle Buse 2412. Giù ancora e poi su di nuovo, sulle varie cimotte lungo il crinale. Alle 16 esatte sento il primo impressionante rombo di tuono proveniente dal Ziolera avvolto nelle nuvolaglie. Benon! Guardo verso est, è brutta… Dopo altri tuoni ecco arrivare la grandine, ma il grosso per fortuna è tutto sul Ziolera, mentre al di là del Rujoch, sul pimentano, c’è ancora il sole. La grandine viene giù di traverso con raffiche di vento gelido, ma sono ben equipaggiato e non ho problemi, metto la giacca impermeabile col cappuccio e vado avanti a salire. Mi giro e vedo che la bufera è arrivata sul Croce. Altri tuoni e fulmini, ma mi sembrano abbastanza a distanza di sicurezza e insisto. Intanto la grandine sta arrivando a ondate, ha imbiancato il terreno, ora è tutto scivoloso. Quando attacco l’ultima rampa al
Cimon del Tres 2292, la furia degli elementi si placa e spunta il sole! Mi giro indietro e vedo tutte le cime imbiancate: Ziolera, Croce, Fregasoga emergono dalla nebbie in una specie di giorno dantesco. Una visione fantastica!!! Penso con orrore se avessi preso la grandinata quando ero sul Croce appena qualche ora prima! Guardandolo da qui, dal Cimone del tres, il Croce fa paura, sembra un cima himalayana
.
La gamba è ancora buona, decido di andare a dare un’occhiata all’ultima cima della lunga dorsale verso
M. Brustoloni 2108. Alla
quota 2176 però è impossibile proseguire, la cima è dirupata e finisce in precipizi. Ok, inizio allora a scendere in un difficile ravanaggio per bosco ripido rognoso con salti di roccia e rododendri alti. Le North Face sono eccezionali, un “grip” quasi incredibile nonostante sia tutto bagnato e scivoloso. Con molta prudenza scendo lentamente fino a incrociare il bellissimo sentiero che ricordavo di aver fatto tantissimi anni fa. Poi con un lungo traversone a mezza costa quasi pianeggiante raggiungo il
Baito del Tres 1914, quindi per forestale un altro bel baito,
Villa del Tres 1759, entrambi aperti. Più spartano il primo, bellissimo e confortevole il secondo.
Sulle carte vedo dei sentieri che accorcerebbero la discesa ma è tardi e non voglio infognarmi, e poi gli “attacchi” non si trovano proprio, sono pressoché inesistenti. Dopo una discesa eterna su forestale arrivo al
Baito dei Slavazi 1618 (chiuso). Risalgo ora ancora di quota con un altro eterno traversone in salita per stradella forestale. Ora la stanchezza inizia a farsi sentire. A quota
1715 la strada però finisce improvvisamente, mentre sulla carta avrebbe dovuto guadare il torrente e andare sull’altro versante! Maledico la 4land, che ho usato finora per la buona rappresentazione della morfologia del territorio. Ho un attimo di scoramento, mi siedo e consulto le carte: non ho nessuna voglia di salire ancora per andare a cercare la strada, mentre tornare indietro sarebbe lunghissima. Decido di cercare un guado. Ma non è facile, il torrente è impetuoso e i sassi sono scivolosi come saponette. Alla fine, ravanando lungo il rio, trovo un guado, salto e sono di là. Salgo un po’ per il bosco e trovo con gioia la strada che mi riporta finalmente a Baita Fornasa. Arrivo alla macchina alle ore 20.15. Alla fine, pur essendo partito senza alcuna aspettativa, è uscito un giro semplicemente FANTASTICO. Sono riuscito a fare esattamente quanto avevo previsto, e sono stato anche graziato dal maltempo, che mi ha preso solo di striscio ma che ha reso, in qualche modo, ancora più “epico” il percorso. E’ proprio vero che alle volte, bisogna osare e fregarsene delle previsioni
. Sviluppo 25 km, disl. 1800.