Vi racconto della mia escursione di giovedì scorso, quando mi sono decisa ad affrontare chi mi sorrideva sornione ogni qual volta sbucavo nella valle del Vanoi.
Avrei potuto farlo da tempo, ma ogni volta mi ritraevo timorosa, molto timorosa di affrontare due montagne montagne.
Lo sapevo possibile in semi-fuoritraccia, ma temo gli imprevisti e le situazioni "troppo aeree".
Ho approfittato della solita mezza giornata rubacchiata agli impegni e, vista l' ora tarda di partenza e quella tassativa di rientro, ho un po' barato salendo in macchina fino alla malga Coldosè, m 1400.
Da lì ho proseguito a piedi per la forestale verso il campigol dei Solai, pensandoci un po' prima di cominciare a togliermi strati di vestiario, vista l' aria frizzantina.
La giornata infatti si presentava splendidamente tersa, dopo la pioggia del giorno avanti, che poi era stata una spolverata di neve sopra ai 2.300 m, almeno da quello che si vedeva attorno.
Ad un certo punto ho imboccato una traccia che ho perso con disinvoltura una decina di minuti dopo, bofonchiando all' indirizzo di chi mi aveva consigliato quella via di avvicinamento ("è una bella stradina militare, la più diretta", mi si disse
). Il bosco in quella zona per fortuna è praticabile e, sapendo dove dovevo andare a parare, ho seguito la direzione e sono arrivata piuttosto facilmente al Campigol de Busa Alta dove mi aspettavano i resti di una strada militare che mi hanno accompagnato un poco più su, disperdendosi poi molto prima della forcella del Cardinal, m 2222.
Giacca al volo (che aria!!) e l' inizio della cresta sud del Cardinal, disseminata di costruzioni militari di ogni sorta, con l' imponente cima del Cauriol a farmi compagnia poco più in là. Passato il primo tratto più facile, ho proseguito anche grazie alle preziose informazioni di Pian, alla ricerca di quei sparuti ometti che mi hanno permesso di salire per delle ripidità esposte che generalmente non amo fare, fino a riguadagnare la cresta, se possibile ancora più aerea. Ero abbastanza sul limite di quello che mi sentivo di rischiare, ma con calma ho proseguito, dandomi il tempo per guardarmi attorno, ammirando il contesto nel quale mi trovavo, occhieggiando la montagna che forse avrei tentato di affrontare dopo, con quella traccia a mezza via che molto poco mi convinceva...
Che bello, dei panorami magnifici, e io lì in mezzo; ma come cavolo avevano fatto a pensarsi di combattere una guerra su quelle cime???
Comunque sia un poco alla volta ho guadagnato la cima del Cardinal con la sua croce, m 2481, alla faccia di chi non vuole simboli religiosi sulle montagne. Qui per me ci stava come un minimo segno di riconoscimento ai tanti morti......uff
.
Leggendo sul libro di vetta, c' era chi aveva salito anche la cima di Busa Alta, un gentile invito a crederci; il pensiero adesso era guadagnare l' omonima forcella, scendendo per il sentiero ufficiale, ben segnato ma comunque da percorrere con attenzione, con anche dei tratti attrezzati.
La forcella di Busa Alta è un pò stretta fra le due imponenti montagne, le cui pareti si ergono abbastanza verticali: non c' era tanta scelta. O scendere verso malga Sadole per il sentiero segnato, subito scartata, o scendere verso la malga Coldosè per un vallone pieno di sassi, oppure, visto che mi ci trovavo, almeno tentare per quella traccia che poco mi attraeva e salire alla cima di Busa Alta dal versante sud. Mi sono trovata concorde nel provare l' ultima opzione, studiando bene prima da che parte del vallone sarei scesa in caso di ripensamento. Con un po' di sano timore mi sono avviata e con mia sorpresa ho trovato anche alcuni ometti ad avvalorare l' ipotesi che per di là si arrivasse davvero da qualche parte. Il sentierino attraversava in quota quasi tutto il versante sud della montagna, che da lì sembrava meno ripida di quello che si vedeva da lontano, e non pensando al volo che c' era di sotto, ho considerato che la cengia era abbastanza larga e quindi affrontabile. Le ultime tracce visibili arrivavano ad una selletta in prossimità di uno spuntone rocciso, dove rimaneva poco altro da fare se non risalire verticalmente l' ultimo centinaio di metri di dislivello, relativamente facile, ma con temuta sorpresa soffiante a pochi centimetri dalle mie mani e quindi dal mio naso, vista la ripidità della situazione. Aggirata con estrema circospezione e salita un poco più in là.
Conquistata la cima, lo sguardo un po' indietro per rimirare e un po' in avanti, alla vetta vera, la Kaiser Spitze, cima gemella e un po' più alta. Questa dove mi trovavo durante la guerra era italiana, quella più in là evidentemente no.
Che ci facessero quassù arrampicati con le unghie e con i denti e guerreggianti si fatica a capirlo, stà di fatto che la cresta è abbastanza affilata, l' ho percorsa un pò dal lato nord e un pò dal lato sud, non è che ci si possa inventare molto. Arrivata alla selletta tra le due cime ho tirato un bel sospiro di sollievo, la via era poi nota.
Una grossa soddisfazione per me arrivare sulla cima della Kaiser Spitze m 2513, con le sue quattro croci.
Il panorama , manco dirlo, era da gustare.
La discesa, per degli ancor splendidi camminamenti, è dal lato nord, dove ancora permaneva la poca neve e il ghiaccio, quindi ancora una volta ho proceduto con molta attenzione in un clima più invernale che altro (per fortuna avevo i guanti!). Poco più sotto ho abbandonato il sentiero ufficiale procedendo per una traccia che sfruttando una cengia (e rompendo per l' ennesima volta la quiete dei camosci presenti) mi ha portato sulla forcella Canzenagol, dove ho scollinato in direzione della forcella Coldosè, abbassandomi poi ad intercettare il sentiero 339, grazie al quale sono rientrata velocemente alla macchina, e quindi agli impegni.
Alcune foto qui
https://picasaweb.google.com/118054519086914813359/22Settembre2012