Sono anni che rimugino l' idea di percorrere in una sola volta tutto l' arco di questi monti, pensiero sempre accantonato per vari motivi contingenti: il fatto preponderante di non averci mai creduto per davvero, il riuscire a pianificare tuto, il tempo che manca sempre, le condizioni meteo perlopiù incerte. Quest' anno ho deciso che potevo fare a meno di tutte queste paranoie, e per gli stessi soldi tanto valeva provarci. Ho approfittato della settimana di ferie di mia sorella, che, parzialmente ignara di ciò che l' aspettava, non ha esitato ad accompagnarmi, complice la passione per la montagna e la promessa di bel tempo stabile.
Siamo quindi partite dalla Panarotta martedì 20 settembre alle 6.20 e quindi cima Panarotta, una ventosamente artica cima Fravort, Gronlait e via di seguito su e giù tutta la giornata per valli, passi, crinali a noi finora del tutto ignoti.
Abbiamo potuto avvalerci di tutto quel posto per sostare, ammirare, rifocillarci, svestirci, rivestirci, fotografare, appoggiare quell' accidenti di zaino che per principio mi ero rifiutata di pesare alla partenzaper non scoraggiarmi, persino incontrare gente!
L' intralcio maggiore era dato da quella zavorra indispensabile che per forza abbiamo dovuto reascinarci dietro e poi da quel poco di neve saltuaria scesa alla fine della settimana precedente, che contavamo si sciogliesse man mano che ci avvicinavamo al Rolle.
Dopo 12 ore di cammino siamo arrivate al bivacco ana ai mangheneti, dove abbiamo trovato altre genti che pernottavano. Vista la fredda serata ci siamo accese il fuoco nella stufa, che di riscaldante emanava solo il rumore della legna che ardeva, gustandoci quell' ottima minestra liofilizzata che avevamo considerato con sommo sospetto al momento dell' acquisto. Non abbiamo impiegato molto tempo a cedere alla calda promessa di riposo del sacco a pelo, che abbiamo abbandonato alle 5.15 della mattina seguente. La giornata sulla carta si presentava ugualmente impegnativa di quella appena trascorsa, perchè contavo di dormire dalle parti del Cauriol; ero abbastanza fiduciosa perchè da li in poi conoscevo il percorso e poi avevo visto che riuscivamo a stare nei tempi dei segnavia sat.
Ripartite quindi per le 6.10, via tranquille con le nostre pause zaino, cibo, foto, "cipollarci e scipollarci" a seconda del sole, ombra, vento, sosta, cammino, anche se il clima era più mite del giorno precedente. Arrivate sopra al lago delle Stellune il primo grande intoppo: mezz' ora per passare una "masiera" innevata con 10-15 cm dove non si sapeva di preciso dove si avrebbe appoggiato il piede. Un' altra odissea a passare dietro la cima delle Stellune: li i primi forti dubbi sulla possibilità di percorrere tutta la traversata. Verso le 13. 30 abbiamo fatto la sosta pranzo ufficiale alla forcella delle buse dell' oro, e in quel mentre abbiamo bocciato l' ipotesi che sembrava più credibile di scendere dalla forcella Lagorai verso Refavaie, dove avremmo potuto farci venire a prendere facilmente da qualcuno, data la preponderanza dell' esposizione sul lato nord del sentiero nel proseguio del nostro tragitto; abbiamo invece deciso insistere sul nostro cammino tenendo buone le ipotesi bivacco Nada Teatin e il rientro dal passo Sadole. Per fortuna la neve disturbava solo per dei pochi (lunghi!) tratti decisamente "pusterni", perchè il calore del sole faceva del suo per venirci incontro; la presenza di neve ha dato anche due vantaggi: il primo il dimenticarsi del peso dello zaino (come posso preoccuparmi di quello quando non so dove andrò ad appoggiare i piedi?), il secondo di potersi affidare anche alle tracce sul bianco sentiero lasciate da qualcuno che ci aveva preceduto penso nel giorno avanti. Senza di quelle avremmo faticato a trovare i segni da seguire, che ci sono sembrati un pò troppo radi e scoloriti; non so dire quanto questo sia dato dalla stanchezza, perchè negli anni scorsi ho percorso ancora quel tratto fra le Laste delle Sute e Cupolà nel senso inverso senza avere grossi problemi. Siamo riuscite pian piano a guadagnare terreno fino al Sadole, scartando definitivamente l' idea del rientro anticipato, visto il migliorare delle condizioni della neve sul sentiero.
Ci siamo fermate per la notte in quella che sembra una "masiera col quert", una baracca poco sotto il passo a mezz' ora dal rifugio Cauriol, datomi inagibile per la presenza di un campo di allievi finanzieri. Con 13 ore di cammino alle spalle qualsiasi cosa era gradita per potersi porre in orizzontale e riposare le stanche membra, nonostante un forte sciacquio che proveniva dal ruscello mezzo metro più in la.
Giovedì 22 siamo partite alle 5.30, con i favori dell' alba estiva. Mezz' ora di larga strada camionabile e poi nei pressi del rifugio abbiamo trovato senza problemi l' imbocco dell' inevitabile e famigerata salita verso il Coldosè. Tre ore dopo ci siamo rinfrancate con una seconda colazione a base di pane e nutella con vista sul lago delle trote e del lago brutto, riscaldate da un velato sole piazzato proprio sopra alla forcella Moregna, che abbiamo poi conquistata, scollinata e dimenticata, puntando dritte verso il nuovo e fiammante bivacco Paolo e Nicola. Passato il critico lato nord del Cece sempre causa neve, abbiamo affrontato un intonso sentiero alla volta del Rolle: nessuno era passato prima di noi.
Questa giornata è stata contraddistinta da un clima equatoriale, da un sollievo dall' oppressivo peso dello zaino (avremo pur mangiato qualcosa!) e da una imprevista abbronzatura sul viso con naso fosforescente ("le giornate sono corte, la cream solare è un peso che non mi serve").
Che emozione vedere dalla forcella Colbricon la mia macchina a malga Rolle: un puntino rosso nel parcheggio che ci aspettava nel punto più vicino all' arrivo del sentiero; avevamo già avvisato chi di dovere che quella sera avremmo fatto tardi. Siamo scese per l' ampio vallone verso i laghi di Colbricon, dinnanzi al tramonto sulle Pale accompagnate dai chiari bramiti dei cervi nella foresta di Paneveggio. Alla macchina siamo giunte alle 20.30, 15 ore dopo essere partite quella mattina. E' stato un piacere togliere quei pesantissimi scarponi bagnati e quegli zaini che potranno raccontare di essere stati portati a fare il giro del mondo senza tanta fatica. Loro.
Mia sorella non ha recriminato cercando di sciogliere il nostro legame di parentela come si poteva supporre; penso che a lei non siano servite due giornate per rimuginare se era proprio il caso di insistere nel raggiungere dei discutibili obiettivi. Il terzo giorno ho deciso che è stato bello e che mi posso dire soddisfatta. Con il passare del tempo si tende a conservare solo i ricordi positivi.
Un BRAVO! a chi ha letto tutto fino in fondo!