Bene, riporto la spiegazione da parte del gentilissimo operatore, tolto la parte privacy dello stesso, visto non ho chiesto permesso:
Nella fase primaverile il manto nevoso si riscalda non solo dalla sua base come avviene sempre per effetto geotermico ma anche dalla superficie per effetto del bilancio energetico positivo nelle 24h. Questo riscaldamento quindi “aggredisce” su due fronti lo spessore del manto nevoso inumidendolo piano piano, e portandolo alla isotermia di 0°.
La riserva di freddo in questo caso sarebbe composta dallo spessore del manto nevoso che ancora conserva temperature inferiori allo zero. Sappiamo che un manto nevoso ha diverse caratteristiche di resistenza fisico /meccaniche (quindi fratture, propagazione, plasticità) anche in funzione della sua temperatura (relazione fra temperatura e forme dei cristalli).
Un manto nevoso “freddo” si comporta in modo diverso da uno isotermico a 0° specie se questo strato di isotermia perdura più giorni. Ecco che anche le eventuali valanghe da aspettarsi sono diverse, sia come innesco che come tipologia di frattura.
In periodi tipo la settimana appena trascorsa le condizioni di pericolo possono variare molto in funzione della quota o esposizione, proprio in relazione al grado di inumidimento del manto nevoso. Il rigelo superficiale tipico dopo notti serene (quindi consolidamento), in termini di tempo ha una durata molto diversa se avviene su un manto “caldo” o un manto che al suo interno ha ancora un certo spessore di neve con temperature inferiori a 0°.