Alle notizie di Radetzki aggiungo che fino a pochi decenni fa la conca a nord del Canin racchiudeva il ghiacciaio più "basso" di tutto l'arco alpino. Ricordo che io ho iniziato ad andare in montagna all'inizio degli anni 80 del secolo scorso (mi vien da ridere a dirlo
) e in occasione della mia prima salita al Canin del luglio del 1982 per attraversare il ghiacciaio erano necessari ramponi, piccozza e corda. Poi con gli anni la superficie del ghiacciaio si è sempre più ridotta tanto che l'ultima volta (nel 2002 o 2003 dovrei rivedere i miei appunti per essere preciso) si saliva solo su rare lingue di neve fino ad arrivare all'attacco delle prime attrezzature della ferrata Julia. Ed anzi queste prime attrezzature sono state aggiunte con gli anni perchè il ghiaccio copriva una ventina di metri di parete e la ferrata originale iniziava più in alto.
E la conca di Prevala era in grado di offrire sciate anche durante il perido estivo e questo è stato, credo, uno dei motivi della nascita della stazione sciistica di Nevea. Purtroppo con la "valorizzazione" hanno rovinato irrimediabilmente uno degli angoli più belli delle Giulie occidentali soprattutto con il collegamento tra gli impianti italiani e quelli sloveni. Collegamento che ha funzionato un solo anno dopo il fallimento della società che gestiva gli impianti sloveni. Insomma si continuano a costruire impianti e piste qualndo neve ne viene sempre meno. E anche sella Prevala in occasione della mia prima salita dal versante italiano era un luogo davvero magico e questo anche perchè allora c'era ancora la Jugoslavia quando era bene non scherzare nei pressi del confine. Ora, con le stazioni d'arrivo delle due funivie è un vero cesso e scusate il termine ma quando ci vuole ci vuole.
Allego una foto di com'è sella Prevala attualmente ma è meglio pensarla com'era una volta anche se basta allontanarsi di poco da quella bruttura e si torna a respirare l'aria di una volta, soprattutto incamminandosi per il bellissimo sentiero che porta verso il lontano Rombon. Sentiero che, è già stato ricordato, è stato utilizzato dalle truppe italiane che combattevano nella zona del Rombon dopo la rotta di Caporetto.