GIM - Girovagando in Montagna in Trentino
TRENTINO => Ambiente del Trentino => Natura => Topic aperto da: pianmasan - 21/09/2025 19:41
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Questo pomeriggio sono andato a passeggio nei boschi di Faida. Sono luoghi che conosco benissimo per averli frequentati praticamente da quando ero bambino in ogni estate. Passeggiate, escursioni e... funghi.
Era dal 2019 che non ci mettevo piede. Allora, circa sei mesi dopo Vaia, non si poteva camminare nelle zone colpite dalla catastrofe. Troppe piante divelte e aggrovigliate disordinatamente, parlo di piante con circonferenza di un metro, un metro e mezzo, cioè dei bei bestioni.
Ora del bosco rimangono sparute, esili piante, dalla zocca fino a metà pianta senza rami, come se un barbiere avesse lasciato il lavoro a metà. Ma ciò che mi ha stupito maggiormente e dolorosamente è stato il cambio radicale del paesaggio, del bosco, del terreno. Dove correvano ombrosi sentieri erti e tracciati dalla sapienza antica dei nostri bis/nonni, lungo il fianco di dossi boscosi, nelle vallette umide e silenziose, là ora strade forestali stremate dal sole... per carità, create al fine di portar giù legname e far pulizia, colline pelate o ricoperte di cespugli germogliati e cresciuti liberamente in questi sette anni, impluvi di rivi tra prati esposti a luce piena. E dove c'era il muschietto dei funghi? Erbacce,
Ho percorso una strada forestale andando alla ricerca di un maso, passaggio obbligato per salire ai "Pradi de bedól" (per Spidi, mas del Perandel). Sapevo che c'era e c'è ancora. Quello Vaia non me l'ha toccato! Appena potrò muovermi in autonomia, ho già deciso: là tornerò, al mattino presto.
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Uno degli aspetti più impattanti della tempesta Vaia credo riguardi proprio l'aspetto emotivo legato al ricordo...Come sempre i cambiamenti,in particolare quelli estesi e repentini colpiscono maggiormente chi ha memorie:luci ed ombre,profumi,riferimenti visivi,immagini iconiche di un determinato ambiente.Sono emozioni che si costruiscono nel tempo,con la frequentazione dei luoghi,con le relazioni umane che vi si intrecciano:non è solo ambiente,paesaggio è un vissuto più profondo cui ancoriamo parte della nostra personalità ed esperienza.
Se riusciamo ad analizzare più freddamente la cosa ci ricorderemo che anche quel paesaggio scolpito nella nostra anima era frutto di mutazioni altrettanto devastanti,come la guerra e la successiva necessità di mettere velocemente a profitto i boschi distrutti,oppureera frutto di secolare lavoro di uomini che hanno plasmato,piegato,boschi e montagne alle loro esigenze di quotidiana sopravvivenza...
All'età non più verdissima che accomuna molti di noi ,ci rendiamo conto che difficilmente vedremo tornare "le cose aposto",corrispondenti al ricordo che ne conserviamo.D'altra parte possiamo leggere questi eventi come una rivolta della natura,una possibilità che il bosco si rigeneri in modo più anarchico,più vicino a quelli che sono gli equilibri naturali,senza un eccessivo intervento utilitaristico dell'uomo.In alcune zone questa rigenerazione spontanea è già visibile e personalmente mi incuriosisce e mi piacerebbe poterne seguire gli sviluppi....
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E' vero, l'aspetto emotivo è quello che più viene colpito e direi, compromesso. Sono ricordi e ricordi di un tempo che non tornerà più, ahimè! E come dice Kobang, è amaro constatare che per noi ultrasettantenni sarà impossibile rivedere quei luoghi come li abbiamo scolpiti nella memoria, ora ancor più nitidamente, visto come sono poi cambiati. Le strade, che una volta erano chiamate "mulattiere" ed ora "forestali", appaiono lungo il fianco della montagna come ferite aperte. Solo un nuovo bosco potrà rimarginarle.
Mi viene da pensare che il lento, faticoso e metodico lavoro stagionale di esbosco, taglio e trasporto di legna "da ardere" e per costruzione - quello portato avanti dai nostri nonni - è stato fatto in una sola notte di una catastrofe di proporzioni bibliche, generando un caos emotivo ed ambientale dal quale sarà difficile riprenderci.