Autore Topic: Incidente spedizione italiana sull'Aconcagua  (Letto 9085 volte)

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Offline AGH

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Re: Incidente spedizione italiana sull'Aconcagua
« Risposta #30 il: 20/02/2009 10:48 »
"L’attrezzatura dei soccorritori non è all’altezza della situazione. A settemila metri occorrono scarponi speciali con la calzatura doppia, come quelli che indossava Federico. La gente che gli sta attorno non fa parte di una squadra di soccorso, sono volontari raccolti al campo base, uno fa il cuoco... Ma non ho dubbi, ce l’hanno messa tutta per tirarlo via da quell’inferno".

parole di Mirko Affasio, uno dei sopravvissuti, a cui hanno fatto vedere il filmato.
Aggiungo al post di soramont il link dell'articolo del Secolo XIX, molto interessante
http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/italia_e_mondo/2009/02/19/1202099798874-impossibile-salvare-guida.shtml
Blog di Montagna
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donkey71

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Morti ed alpinismo in quota
« Risposta #31 il: 21/02/2009 10:27 »
Qualche anno fa, pure io avevo pensato all'Aconcagua per la via normale che passa da nord / nord-ovest. Poi, complice un periodo in cui ero "al verde" e sicuramente un bel po' di rinato buon senso, non se ne era più fatto nulla. Non ho rimpianti, anzi. Ho fatto nel tempo dell'altro di cui posso andar più che fiero. Leggendo questa ennesima brutta storia, una domanda mi son posto: non potevano sorreggerlo a spalla, visto che erano in sei persone? Mi pare un po' strano come han agito i soccorritori, certo - lo ripeto - è difficile giudicare essendosi loro trovati in una situazione meteo alquanto difficile. Le vie alpinistiche in quota rimangono una cosa seria, credo lo si debba evincere al di là dei morti che ogni anno tormentano le cronache. La quota elevata e le repentine variazioni climatiche e meteo, unite alle eventuali difficoltà tecniche più o meno alte, rendono tutto davvero difficile. Chi non ha esperienza, anche psicologica, per affrontare certe difficoltà, è meglio se ne resti a casa. La testa è importante, perché comanda il corpo e le nostre azioni in un terreno a volte molto ostico. Credo si tenda troppo spesso a prender sottogamba certe salite. Anche il Monte Bianco per la via normale citata da Agh, se fatto in certe condizioni, non è propriamente una passeggiata. Considerano facile salire dal Gouter? Lo dimostrano i vari deceduti e feriti dell'anno scorso. Basta del resto una pioggia ed una successiva gelata in alta quota, e tutto diventa molto più impegnativo...sopra i quattromila, il mondo è infinitamente diverso da quello della pianura e serve tempra fisica e psicologica per gestire talvolta situazioni "al limite". Credo che ognuno debba seguire la propria effettiva dimensione, senza strafare, perché la montagna per me deve rimanere essenzialmente piacere e gioia. Conoscere i propri limiti, è importante. Unico imprevisto è destino e la fatalità, se ci si mette la sfortuna su una Kuffner o su una Noire, non posso certo incazzarmi...accettare un po' il rischio, è purtroppo parte di questo bel gioco del salire e scendere per le cime. Se non fosse così, non andrei in montagna. Ciao montanari.
« Ultima modifica: 21/02/2009 10:56 da donkey »

Offline radetzky

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Re: Morti ed alpinismo in quota
« Risposta #32 il: 21/02/2009 12:38 »
Credo che ognuno debba seguire la propria effettiva dimensione, senza strafare, perché la montagna per me deve rimanere essenzialmente piacere e gioia.

Perfetto direi  ;)  Anche a costo di soffocare il proprio "ego" bisogna saper rinunciare a priori a quelle attività che magari ci entusiasmano ma che ci procurererebbero sofferenza fisica per limiti fisici o stress per limiti tecnici.
quando che le pegore le va a destra.. mi vago a sinistra. e quando le va a sinistra mi vago a destra !