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  • Festa della Tosatura a Pergine: 18/04/2015 - 19/04/2015

Autore Topic: Festa della tosatura  (Letto 3144 volte)

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Festa della tosatura
« il: 04/04/2015 22:28 »
FESTA DELLA TOSATURA

18-19 APRILE 2015
Pergine Valsugana
Parco dei Canopi

 

Sabato 18 Aprile
Dalle 10.00 ~  Mostra ~  Nuovo Teatro di Pergine
Mostra fotografica ‘Pastori nelle steppe - Testimonianze dalla Mongolia’; esposizione capi con lane del progetto Alpinet Gheep (PAT); creazioni a cura di ‘La Casa di Feltro.’

Ore 10.00 / 12.30 ~ La filiera della Lana ~ Parco dei Canopi
tosatura, lavaggio, cardatura, filatura manuale e musica.

Ore 10.00 / 12.00 ~ Archeologia industriale laniera ~
visite guidate per studenti all’ottocentesco Lanificio Dalsasso in via delle Pive, a cura dello storico Fabio Budel (su prenotazione).

Ore 10.00 / 16.00 ~ Degustazioni di prodotti tipici al parco~

Ore 15.00 / 17.00 ~ Il Filò ~ Parco dei Canopi
ritrovo delle filatrici.

ore 14.00 / 17.00 ~ Laboratori lana-latte ~ Parco dei Canopi 
realizzare un foglietto di feltro per pacciamatura; fare delle caciottine misto pecora; tingere la lana con pigmenti naturali (per prenotazioni: feltro-3389574901; formaggio-3472914399; tintura-3289477879).

Ore 09.00 / 17.00 ~ Knit Cafè  ~ Foyer e Caffè teatro di Pergine
vieni a sferruzzare in compagnia!

Dalle 17.30 ~ Conferenza ~ Nuovo Teatro di Pergine
Intervengono: Amministrazione Comunale di Pergine; Antonio Raschi e Marco Benvenuti(CNR); Stefano Mayr (presidente Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai);Sandro Malesardi (Azienda La Filiera della Lana); Marco Casagranda (Azienda Le Mandre di Bedollo), Cooperativa Sociale Oltre (servizio di Maso Toffa - Val di Fiemme), Associazione La Casa di Feltro.
A seguire rinfresco con prodotti tipici.


L'esposizione di opere prodotte in lana

Lo storico lanificio Dalsasso a Pergine, con visite guidate



Domenica 19 Aprile
Ore 10.00 / 12.00 ~ Mostra ~ Nuovo Teatro di Pergine

Ore 10.00 / 11.30 ~ Lana, rifiuto o risorsa?  ~ Parco dei Canopi
proposte sul futuro della lana locale, tutti sono invitati a partecipare.
Ore 10.00 / 12.30 ~ Archeologia industriale laniera ~
visite guidate per il più vasto pubblico all’ottocentesco Lanificio Dalsasso in via delle Pive, a cura dello storico Fabio Budel (su prenotazione).


Lo storico Fabio Bùdel
 
Capi artigianali in lana

Per info e prenotazioni:
casadifeltro@gmail.com
3289477879 - 3389574901
locandina
http://www.comune.pergine.tn.it/sites/default/files/eventi/100x100LANA%20-%20locandina%20con%20programma.pdf
« Ultima modifica: 18/04/2015 21:42 da AGH »
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Re:Festa della tosatura
« Risposta #1 il: 29/04/2015 11:38 »
Il prof. Bùdel mi ha inviato un interessante scritto sull'archeologia industriale laniera a Pergine, sulla attività dei pastori in Lagorai e sulla famosa iscrizione del Monte Pergol :)

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE LANIERA A PERGINE
Il lanificio DALSASSO (1875-2015)

Una storia scolpita nella roccia. La presenza sui Lagorai del pastore è una costante da millenni da quando l'incontro dell'uomo con quel docile animale che è la pecora si rivelò fonte di innumerevoli benefici e costituì nel tempo la base di un'autentica ricchezza economica. Una testimonianza storica di questa presenza e dell'alto suo valore sociale si colloca con certezza in epoca romana quando nel corso del I° secolo d.C. si fissarono i confini amministrativi della X Regione augustea. La parte sommitale dell'intera catena (che va dal torrente Silla al passo Rolle) è costituita da estesi pascoli e fu espressamente attribuita ai pastori dell'alta e bassa Valsugana e del Tesino anche se la divisione naturale dei crinali, altrove sempre rispettata dai romani, in talune parti la colloca ampiamente in Val di Fiemme. L'assegnazione fu di tale importanza che si provvide a scolpire a lettere cubitali sulla cima del monte Pergol, a 2000 metri di quota, il confine, di per se sacro ed inviolabile, che comportò anche la divisione antica tra i municipi romani, e sino al 1786 anche delle diocesi, di Trento e Feltre. La ragione è presto svelata.

Quei pascoli costituivano la maggiore ricchezza per i territori del sud celebrati per le pregiate lane che lavorate giungevano sino a Roma. Anche quando la prerogativa cessò, la pastorizia continuò sugli altipiani e sui declivi meridionali dei Lagorai sviluppando nei secoli una presenza che si estese sino al Primiero con scambi continui di greggi che in primavera salivano il monte e in autunno scendevano al piano in perenne transumanza.
Fu naturale che nel fondovalle sorgessero delle attività artigianali che trasformavano in manufatti uno dei più preziosi e versatili prodotti derivanti dalla pastorizia: la lana appunto.

Secoli dopo troviamo proprio a Pergine Valsugana un primo significativo insediamento produttivo per la filatura, tessitura e tintura della lana. L'avviarono i padri francescani che nell'antico convento, a partire dal XVII secolo, avevano realizzato un laboratorio a ciclo completo per la produzione dei rustici tessuti in lana per le tonache dei frati di molti conventi. Certamente attiva nel 1714, la tessitura dei cappuccini venne chiusa nel 1810 con la soppressione napoleonica degli ordini religiosi. Ma riaprì nel 1815 per chiuder definitivamente nel 1884. E qui s'innesta l'ultima, per ora, pagina di storia laniera nel perginese.
Una saga famigliare.

Nel 1875 dalla natia Roncegno giunge a Zivignano, piccolo borgo ad est di Pergine, Eugenio Dalsasso, 31 anni, esponente di un ramo d'una famiglia già dedita alla lavorazione della lana a Borgo e Scurelle, sempre ai piedi dei Lagorai. Avvia un piccolo laboratorio artigiano, ma i suoi orizzonti sono molto più vasti. Nel 1884 potenzia le sue prime macchine con quelle messe in vendita dal convento dei cappuccini di Pergine: quasi il passaggio materiale del testimone d'una tradizione antica. Poi, per incrementare la sua azienda artigiana che promette bene, cerca la disponibilità di una forza motrice, potente ed economica. Nel 1896 l'obiettivo si realizza con l'acquisto d' un vecchio mulino a Pergine che dispone di una splendida ruota a pale azionata dall'acqua di una roggia che si stacca dal torrente Fèrsina due km. più a monte.

Così con tutta la famiglia si trasferisce presso il nuovo laboratorio che integra con nuove macchine. Ma Eugenio non godrà a lungo della soddisfazione del suo lavoro. Muore cinquantenne e l'attività passa al figlio tredicenne Eugenio II che la sviluppa e la incrementa con capacità e determi-nazione oggi impensabili per un adolescente. Nel 1925 sostituisce i vecchi macchinari avuti dal padre con più moderni anche se usati. Macchine di produzione tedesca, di fine ottocento ma di provata efficienza e di singolare monumentalità, quella propria del secolo travolgente delle prime industrializzazioni. Nel contiguo vicolo Mulini aveva pure iniziato a vendere i suoi filati. Nel 1923 era nato Ciro che, preso il diploma di perito tessile a Valdagno dove si formavano i migliori tecnici della Lanerossi e della Marzotto, affiancherà il padre. Insieme raggiungono la massima espansione produttiva del lanificio, diventato oramai un punto di riferimento non solo per i pastori dei Lagorai. Fiducioso nelle proprie capacità, Eugenio II nel 1936 provvede ad ampliare il vecchio laboratorio artigianale che raggiunge le dimensioni d'una piccola industria. Così alla filatura giungono anche lane pregiate d'importazione che dopo la lavorazione vengono distribuite sui mercati trentini e veneti. L'apice lo si raggiunge negli anni 40 quando si richiedono forti quantità di panno di lana per le forniture all'esercito. Il lanificio Dalsasso arrivò a contare sino a 20 occupati, per la maggior parte donne. Il complesso provvedeva al ciclo competo di lavorazione. La lana giungeva in continuazione, a mano, su carretti e carri quella che scendeva dalla Valle dei Mocheni e dai Lagorai; in grandi balle di iuta quella che proveniva da più lontano o dall'estero. Quella locale arrivava grezza, appena tosata e veniva lavata con l'acqua corrente della roggia e centrifugata per asciugarla. Quindi passava nella filiera produttiva per la sgrossatura e la cardatura.

Dai complessi cardi traversi uscivano sottili strisce di lana e poi inconsistenti “stoppini”. Una poderosa macchina in linea, all'avanguardia negli automatismi (dal nome inglese di self-factoring opportunamente tradotto e contratto in “solfato”), trasformava i “stoppini” in candido filo di lana. A questo punto il filato era pronto per essere avvolto in fusi, torto in più fili e trasformato in rocchetti o in matasse che su richiesta venivano tinte. La maggior parte del lavorato prendeva la strada dei mercati. Una certa quantità rimaneva nell'azienda che provvedeva alla tessitura. Questo reparto oggi scomparso produceva tessuti, semplici ed operati tipo jacquard, di cui si conserva ancora una campionario. Sempre con la forza dell'acqua che spingeva una seconda ruota si provvedeva alla follatura (battitura) per rendere più consistenti alcuni tessuti. Nel 1974, quasi alle stessa età del nonno, mancò anche Ciro e, ancora una volta, la conduzione dell'azienda passò sulla spalle di un giovane Eugenio, il terzo della saga, e della sorella Fernanda. La ruota ad acqua ha continuato a girare sino al 1982 quanto l'opificio venne convertito interamente all'energia elettrica.

Ma contestuali all'epoca della pura lana vergine, sinonimo di alta qualità ed eccellenza della manifattura italiana, subentrarono imperiose sul mercato le fibre sintetiche o i derivati dagli scarti del petrolio di più facile e meno costoso realizzo. La lavorazione della lana ne risentì pesantemente. Ancora maggiore fu la crisi che si sviluppò nella pastorizia, specie in quella di montagna che contemplava alcune razze ovine autoctone. Le greggi a poco a poco sparirono dal consueto paesaggio e, cosa assai peggiore, iniziarono ad estinguersi attività, conoscenze, manualità, relazioni sociali che per secoli erano state alla base del vivere quotidiano. A causa della forte riduzione della domanda il lanificio Dalsasso cessò definitivamente di produrre lana nel 1992. Ma con un'encomiabile coscienza delle proprie radici ed il giusto orgoglio d'una storia ultracentenaria non si pensò allo smantellamento per più redditizie finalità.
Il sito archeo-industriale. Pregevole quanto il suo contenuto, la costruzione che si affaccia su via delle Pive conserva l'impostazione tipica degli edifici della fine del XVII secolo. Ve ne sono altri a Pergine, a Borgo e in altre località un tempo di frontiera. Linee essenziali ma pregevoli all'esterno che introducono attraverso un portone ad un lungo corridoio adibito a magazzini e ad una corte interna per lo scarico e il carico delle merci. Così era all'epoca dell'antico mulino e tale rimase nel frenetico periodo della filanda.

Oggi la corte è scomparsa per lasciar posto ad un passaggio. La facciata interna a ballatoio è esposta a mezzogiorno. Sul lato a levante della corte, dove un tempo sorgeva il mulino, fu ricavato il lanificio. Al di la del corpo di fabbrica, ben visibile da una finestrella interna della sala macchine da cui si controllava il flusso dell'acqua, sopravvive il tracciato della roggia, oggi secco, ma perfettamente conservato. Ovviamente la parte più preziosa, autentico e raro esempio di archeologia industriale, è rappresentato dalle macchine e dagli strumenti operativi ancora presenti che testimoniano quasi per intero l'evoluzione dalla manualità alla macchina. Certamente raro, se non unico, perché le macchine sono ancora perfettamente in linea produttiva come in attesa di ripartire, collegate da una selva di cinghie di trasmissione e di pulegge che in altri siti produttivi coevi, già assunti a musei degli albori della civiltà industriale, sono state totalmente rimosse durante gli interventi di ammodernamento. Qui è immediato percepire lo sferragliare delle macchine ed immaginare i frenetici passaggi delle operaie attente alle fasi di lavorazione. Macchinari monumentali nelle loro forme massicce dove tutto e delegato alle sole parti meccaniche realizzate con orafa precisione e con la voluta civetteria di alcuni particolari, come ad esempio nei “cartigli” delle ditte produttrici, veri antesignani delle moderne immagini di marca.

Oggi l'opificio Dalsasso sonnecchia sotto un prezioso, impalpabile vello bianco, mentre l'emporio di lane e derivati che si affaccia su via delle Pive mantiene viva la tradizione di famiglia, incorniciato nella suggestiva architettura secentesca con il rispetto dell'edificio e la discrezione delle vecchie botteghe di paese, esse stesse “luoghi da conservare” perché oramai scomparsi nella quasi totalità, cancellati dall'effimera estetica commerciale moderna, senza limiti, che in nulla si concilia con il tessuto urbano di alcuni centri storici totalmente feriti.

Alla signora Tullia Casagrande Dalsasso e ai figli Fernanda ed Eugenio dobbiamo la riconoscenza di aver conservato intatta una testimonianza che è un autentico monumento del passato, un bene culturale per tutta la comunità. Un bene che sarebbe delittuoso non conservare e tramandare almeno nella suo impianto produttivo anche se ciò comportasse un suo eventuale ricollocamento.

Fabio Bùdel. Segni della storia per capire la cultura del territorio, 2015
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Re:Festa della tosatura
« Risposta #2 il: 29/04/2015 13:24 »
meno male che qualche difensore dell'identità e delle radici dei popoli esiste ancora !
 :D
quando che le pegore le va a destra.. mi vago a sinistra. e quando le va a sinistra mi vago a destra !

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Re:Festa della tosatura
« Risposta #3 il: 30/04/2015 09:48 »
Complimenti per aver scovato il posto. Andrò a vedere!

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Re:Festa della tosatura
« Risposta #4 il: 30/04/2015 09:58 »
Complimenti per aver scovato il posto. Andrò a vedere!

non credo sia visitabile al pubblico ora, prova a informarti al comune di Pergine oppure penso dovresti contattare gli eredi dal Sasso per una visita privata
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