Autore Topic: Morte in Karakorum...  (Letto 2086 volte)

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donkey71

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Morte in Karakorum...
« il: 20/07/2009 18:35 »
Dopo le ultime gite da cui rientravo stamane, volevo anche raccontarvi qualcosina ora che ho un pochino di tempo...ma la notizia di stamane mi ha veramente turbato e commosso. Non riesco a pensare a quanto di bello ho vissuto in queste ultime due settimane in montagna, perché sono fatto di carne ed ossa e la morte mi fa sempre riflettere...anche quando talvolta non tocca chi conosco in prima persona. Ma che magari riconosco come persona amica, per ideali, passione, valori.
El Grio (il grillo, come simpaticamente la chiamavano) se n'è andata. Parlo di Cristina Castagna, 31 anni, alpinista esperta vicentina, che è precipitata sabato dalle vette del Broad Peek, uno spuntone del Karakorum a circa ottomila metri d'altezza. E dire che pareva se la sentisse, da quanto ho letto oggi sui quotidiani . Ma la morte aleggiava sulle montagne nei giorni giorni, lo dicevano in tanti alpinisti...questione di sesto senso, qualcuno ha rinunciato in base a quella "vocina" che noi alpinisti cerchiamo di ascoltare...non sempre riuscendoci. Come quel masso di ieri mattina che, mentre scalavo, ha ceduto sotto al piede di uno dei due miei compagni. Stava lì da anni, forse secoli. Eppure ha ceduto al nostro passaggio. Andar per monti, non è mai esente da rischi. E Cristina è scivolata, semplicemente scivolata. Ma ha poi sbattuto sulle rocce, precipitando infine in un crepaccio...una morte terribile. Sicuramente quella donna aveva una grande passione, oltre ad una tenacia fuori dal comune. A 26 anni aveva già salito un ottomila...il quinto, le è stato fatale. Era una gran brava ragazza, che come poche altre, inseguiva un grande sogno. Un sogno spento in quei grandi occhi azzurri, ora chiusi per sempre.  :'( :'( :'(
« Ultima modifica: 20/07/2009 18:39 da DONKEY »

Offline JFT

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Re: Morte in Karakorum...
« Risposta #1 il: 20/07/2009 18:48 »
C'è chi vive una vita senza possibilità di avere una passione vera. Lei è morta per la sua grande passione.
Chissà se è stata fortunata o sfortunata.

Di certo è molto triste.
"La vita è fatta di rarissimi momenti di grande intensità e di innumerevoli intervalli. La maggior parte degli uomini però, non conoscendo i momenti magici, finisce col vivere solo gli intervalli."
Friedrich Nietzsche

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Re: Morte in Karakorum...
« Risposta #2 il: 20/07/2009 18:50 »
A 26 anni aveva già salito un ottomila...il quinto, le è stato fatale. Era una gran brava ragazza, che come poche altre, inseguiva un grande sogno. Un sogno spento in quei grandi occhi azzurri, ora chiusi per sempre.  :'( :'( :'(

cosa vuoi, spiace sempre una fine così tragica ma, in fondo, meglio che morire in un incidente stradale, o peggio di tumore. Se n'è andata mentre stava facendo qualcosa che la rendeva felice, e non è poco. Pare poi abbia scritto in un biglietto ritrovato "se mi succedesse qualcosa, lasciatemi lassù", che è una bella e viscerale dichiarazione d'amore per la montagna. Tra le tante morti orrende, forse questa è la meno peggio.
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Offline radetzky

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Re: Morte in Karakorum...
« Risposta #3 il: 20/07/2009 19:27 »
cosa vuoi, spiace sempre una fine così tragica ma, in fondo, meglio che morire in un incidente stradale, o peggio di tumore. Se n'è andata mentre stava facendo qualcosa che la rendeva felice, e non è poco. Pare poi abbia scritto in un biglietto ritrovato "se mi succedesse qualcosa, lasciatemi lassù", che è una bella e viscerale dichiarazione d'amore per la montagna. Tra le tante morti orrende, forse questa è la meno peggio.

quoto.  :(
quando che le pegore le va a destra.. mi vago a sinistra. e quando le va a sinistra mi vago a destra !

Offline jochanan

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Re: Morte in Karakorum...
« Risposta #4 il: 20/07/2009 21:49 »
è un romanticismo terribile, ma capisco benissimo
il mondo sarebbe veramente noioso senza le montagne (E.Kant, mi sembra, che tra l'altro è sempre vissuto in pianura)

Offline AGH

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Re: Morte in Karakorum...
« Risposta #5 il: 22/07/2009 08:19 »
Intervista all'alpinista che ha scalato per primo tutti gli 8mila della Terra

Messner: «In montagna ci si salva solo con l'istinto di sopravvivenza»
«Le tragedie non sono colpa della Natura. Non possiamo dominarla. Io ho paura solo della vita borghese»

JUVAL (Bolzano) - Mentre saliamo al castello di Juval, dopo esserci lasciati alle spalle Merano e Naturno, arriva la notizia della morte di Cristina Castagna, l'infermiera vicentina di 31anni che aveva una passione per le grandi vette e un grande sogno: salire tutte le montagne che superano gli 8 mila metri. Forse da ragazzina aveva guardato con ammirazione all'uomo che per primo era riuscito a portare a termine l'impresa di scalarle tutte, Reinhold Messner. E fa uno strano effetto pensare che di lì a pochi minuti ci troveremo a parlare di montagna, di vita e di morte, proprio con l'uomo che ha scritto più di una pagina della storia dell'alpinismo. Parcheggiamo l'auto nella sosta limitrofa alla strada che conduce al castello di Messner e insieme ai turisti (in prevalenza tedeschi e americani) ci avviamo alla navetta per raggiungere l'eremo in cui lo scalatore altoatesino vive. La strada è a una corsia e il castello che spunta dopo un tragitto di circa venti minuti di curve vertiginose, è abbarbicato su di un dirupo di mille metri, là dove finisce la Val Senales. Il Castel Juval dopo diversi cambi di proprietà visse nel tempo l'altalena dello splendore e della rovina. Dal 1983 è la residenza di Reinhold Messner e della sua famiglia. Prima di vivere qui, in questo ritiro, Messner ha effettuato oltre cento spedizioni e 3.500 scalate e ha aperto 100 nuove vie di ascensione. Poi, per completare l'opera, a piedi, come un moderno Ulisse, ha attraversato i grandi deserti del Pianeta. Tra queste mura, Messner ha riscritto la sua vita in 50 libri, diventando un profondo conoscitore delle culture delle montagne di tutto il mondo. Insomma, tolti gli scarponi, è diventato imprenditore di se stesso. E in linea con tutta la sua filosofia di vita che ha realizzato il Messner Mountain Museum, il circuito museale suddiviso in cinque diverse sedi : Juval, Firmiano,Ortles, Dolomites e Ripa.

Archiviata l'ultima salita, arriviamo davanti al portone, dopo aver superato un tempietto (una copia del chorten), che segna l'inizio della strada del pellegrinaggio intorno al Kailas, il monte tibetano sacro a quattro religioni: buddista, induista, giainista e bon-po. Entriamo nel vialetto principale avvolti da un silenzio irreale. L'appuntamento era fissato per le 14. Sono le 14.01, apriamo la porta e troviamo Reinhold Messner che ci sorride e guarda l'orologio. Ha delle curiose pantofole tirolesi in feltro grigio con il bordo verde bottiglia. E' l'immagine della montagna. I lunghi capelli visti in centinaia di immagini,le rughe,la folta barba,sono quelli di sempre. Ci sediamo con lui su una panchina all'interno del castello, circondati da una vasta collezione di arte tibetana e da una corollario di maschere provenienti da cinque continenti. Inevitabile rivolgere il primo pensiero all'ennesima tragedia della montagna.

Cosa ne pensa degli alpinisti che perdono la vita durante una scalata o una spedizione ad alta quota?
Non basta prevedere tutto ciò che può accadere. Non si può mai dominare la natura, l’alpinista deve assumersi le proprie reponsabilità e non dare la colpa alla montagna. Noi siamo impotenti di fronte alla forza della natura. L'alpinismo porta con sè dei rischi, ma anche tutta la bellezza che si nasconde nell’avventura dell’affrontare l’impossibile. Provo una grande compassione per le vittime e penso alle famiglie che sono a casa. La montagna porta gioia e sofferenza in egual misura. Chi ha arrampicato e continua a farlo, è entrato nella vita degli altri.

Lei che ha sfidato l'impossibile cosa pensa dell'istinto di sopravvivenza?
Quando ero sotto le valanghe, o quando ho perso le dita dei piedi a 25 anni, ho contemplato sempre tutte le possibilità, anche in pochi secondi. L'istinto di sopravvivenza è il sacro fuoco che ci costringe ad andare avanti. E' una dimensione da animali (4 o 5 giorni senza mangiare, le bufere ecc..) e per questo che penso all'uomo che è diventato un essere sociale per il solo fatto di essere naturalmente debole. E' questa la grande differenza con l'animale. Quando avevo abbandonato tutto e non mi restava più niente mi sono reso conto che l'uomo ha inventato prima la lingua del cervello. Per sopravvivere. Ad ogni costo.

Di cosa ha paura Reinhold Messner?
Della vita borghese dalla quale sono sempre scappato fin da piccolo quando abitavo in Val Funes e non c'era neanche un campo da calcio per giocare. Guardavo le montagne e pensavo che arrampicandomi sarei andato via dal campanilismo e dalla ristrettezza mentale della valle. Ho cercato fin dal principio la libertà dentro di me. L'ho salvaguardata per tutta la vita come un guardiano il faro.

Quali sono i suoi sogni?
Sono sogni diurni, ho sempre desiderato avere un castello. Mi ricordo che quando avevo 5 o 6 anni desideravo vivere in un castello, ma era un sogno di un bambino. Molti bambini hanno questo sogno... Le fasi delle mia vita sono sette e sono cicliche durano circa 10/15 anni. Ora sono alla 6° fase con la conclusione del progetto dei musei in montagna e l'anno prossimo entrerò nella 7° fase. La mia prossima attività sarà la ricerca della visione totale.

Si è da poco votato per il rinnovo del Parlamento europeo. Lei è stato europarlamentare dal 1999 al 2004. Come ha vissuto quell'esperienza?
E' stata senz'altro stata un'esperienza positiva, ma non la rifarei più. Avrei dovuto prendere molte responsabilità e rinunciare alla mia libertà per affermare le mie idee e accettare quelle degli altri. Oggi non ho votato Berlusconi, ma rispetto il fatto che gli italiani lo hanno eletto, siamo in democrazia. E' giusto che il presidente del Consiglio lavori per il Paese con ambizione e serenità. Il Parlamento Europeo per quanto mi riguarda è stato una "stalla di chiacchiere". Io sono abituato ai fatti.

Cosa manca a Messner?
Sinceramente nulla, ho la gioia nel cuore. Sono un uomo felice. Ho cercato di dare il massimo nella mia vita e ho sempre cercato di superare i limiti. Il limite più grande che ho accettato è quello di essere vivo. Non ho "deciso" di essere vivo. Non ho la verità in tasca come tanti credono, ho la mia verità.

Si sente mai infelice?
Si eccome. I momenti dell' infelicità sono momenti chiave della vita, gli unici momenti in cui si impara davvero qualcosa.

Che cos'è per lei una roccia, una parete, una scalata?
Quando guardo le montagne ho i sentimenti delle montagne dentro di me: li sento, come Beethowen che sentiva i suoni nella testa quando era sordo e compose la Nona sinfonia. Le rocce, le pareti e le scalate sono un'opera d'arte.

Reinhold Messner è anche un padre. Come vive la vita di tutti i giorni?
Bene, sono normalissimo. Ho delegato la mia vita familiare a mia moglie. Qui al castello vige il matriarcato. Così riesco a stare con la mia famiglia e a seguire tutti i progetti. Riesco ad essere un uomo libero. Riesco a seguire le leggi naturali dell'uomo e a vivere una vita anarchica.

Lei ha sempre rifiutato la dimensione eroica di quello che fa....
Non c'è eroismo in me. Sono un uomo che ama fare. C'è dell' egoismo, sempre. La vita di un operaio può essere eroica quanto la mia.

dal corriere
http://www.corriere.it/cronache/09_luglio_21/messner_intervista_craighero_8ef16d54-763a-11de-95fa-00144f02aabc.shtml
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