Autore Topic: Campiglio e l'ambiente distrutto  (Letto 4041 volte)

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Campiglio e l'ambiente distrutto
« il: 25/06/2013 10:29 »
Sperando che Alessandro Olivi, se diventasse presidente della PaT, non perseveri negli inutili scempi sull'ambiente trentino, come quelli quando era sindaco di Folgaria.

Redazione Ecce Terra
Trento, 19 giugno 2013

Campiglio e l'ambiente distrutto
l’Adige – Sentieri di Franco de Battaglia, 19 giugno 2013

Quasi arrivato a Patascoss, sopra Campiglio, passato Nambino, si presenta un varco nel bosco, alberi tagliati e chissà quanti ancora subiranno la stessa sorte.

Questa era l'abetaia degli urogalli - era! Con l'amico Bruno accompagnammo molti anni fa Diego (Venturi) che era anche il nostro medico. Era una notte buia, ma alle 3 del mattino il cielo cominciava a cambiare colore. Era un buio metallico che affascinava. Dopo poco si videro stagliarsi nel cielo gli abeti.

Diego aveva il permesso di abbattere un gallo cedrone, noi due eravamo gli accompagnatori e addentrandoci nel fitto del bosco, tendendo l'udito, nel silenzio udimmo l'inconfondibile clap-clap-tchu–tchu del gallo. Anche se il suo canto non era una novità sentimmo un brivido, ed un'emozione, con una forte ansia di vederlo. Dopo un breve sbattere d'ali intravvidi sull'abete, stagliato nel cielo, la sagoma del nostro gallo. Nel buio sussurrai: «Diego, sbàra!», «Nol vedo!», «Varda, l'è sul péç contra el cielo». «Ti el vedet bèn?», «Sì». «Te passo la sovrapposta, sbàreghe ti». E nel fare l'atto di allungarmi il fucile, sprofondò con un piede nella neve parzialmente gelata. Aveva le mani intirizzite dal freddo e, non so come, gli partì una fucilata che mi passò fra il busto e il braccio teso che indicava il cedrone. Con grande fragore l'urogallo volò dentro al più buio dell'abetaia, anche qualche codirosso che aveva iniziato a cantare tacque spaventato. Un grande silenzio avvolse la montagna e noi ci guardammo un po' spaventati e perplessi.

Dopo aver bevuto un sorso di whisky che il nostro amico medico aveva con sé come vasodilatatore, cercando di rasserenarmi, ci incamminammo sulla via del ritorno. Tutto bene quel che finisce bene, per noi e per il gallo.
Quel bosco dove si rifugiò il cedrone, immagino che fra poco non ci sarà più e subirà la stessa sorte di tutti gli altri già sacrificati, perché il fatto di spianarli con le ruspe è «economicamente sostenibile». Una volta, all'inizio del turismo alpino, si cercava la crescita e lo sviluppo, e cresci oggi e sviluppa domani siamo arrivati a a quello che si presenta oggi. Ci siamo accorti, purtroppo in pochi, che quelle parole, «crescita e sviluppo», nascondono troppo spesso nel loro significato vere e proprie speculazioni a totale danno dell'ambiente, della natura e anche dell'uomo e della sua prosperità. Andiamo avanti così e vedremo come si finirà.
 
Fritz Ruppert - Madonna di Campiglio
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Finirà, come già appare, con un turismo sempre più povero di motivazioni e fascino interiore, di pari passo con gli sfregi all'ambiente, per cui dobbiamo drogarlo con dosi sempre eccessive. Non c'è mica solo nel ciclismo il doping. Dobbiamo pagare con soldi dei cittadini (come si chiama, «spending review»?) le squadre di calcio – che pagano in maniera immorale i loro pedatori - perché vengano con gli «ultrà» delle curve sud nei luoghi un tempo ricercati dai viaggiatori inglesi e dagli arciduchi, mentre si scopre che il costosissimo collegamento Pinzolo - Campiglio non basta più.

Avanti, avanti avanti ancora, estendiamo, tagliamo il bosco degli urogalli, facciamo di Plaza, porta di tutto il Brenta, una volgare stazione funiviaria. Che tristezza deludente che a ciò si prestino uomini e donne ricchi, che svuotano di richiamo un'intera valle, per favorire interessi ormai palesemente di saccheggio.

Ciò che avviene attorno a Campiglio non è soltanto il taglio dei boschi, ma una bomba a tempo contro l'autonomia trentina e la sua identità, la sua immagine verso l'esterno che viene tradita proprio da chi dovrebbe custodirla. Non ne parlano fra loro i tre leader che si contendono le primarie (ah! dalla padella nella brace?) per presiedere la prossima giunta provinciale.
In questa cornice il racconto di caccia di Fritz Ruppert può apparire un vecchio sogno nostalgico, ma non lo è.
Ruppert non è un ambientalista. Ha fatto l'albergatore a Campiglio per tutta la vita, è un cacciatore convinto. La sua lettera trasmette una delle emozioni profonde (poi c'è l'alpinismo, la contemplazione, anche lo sci naturalmente…) che la montagna, nell'armonia dei suoi ambienti può trasmettere. Senza questa completezza la montagna è morta, tanto vale andare a Gardaland. Il racconto di Ruppert è anche un invito ai cacciatori. Dove sono mentre la distruzione di un ambiente che è anche loro continua?

Ma forse la montagna trentina non interessa più. Chi ha soldi può sempre andare a sparare - come va - in Alaska, in Svezia, come a scalare in Patagonia. Sono i trentini i primi a non essere più fieri del proprio territorio. A questo si è arrivati.

fdebattaglia@katamail.com
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dal blog ecceterra http://www.ecceterra.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1282:campiglio-e-lambiente-distrutto&catid=144:articoli-documenti&Itemid=289
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