Divertente racconto montanaro apparso diversi anni fa sul newsgroup di it.sport.montagna
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Ragazzi, mi sono stufato!
Mi sono stufato di vedere dileggiata sul ng la gloriosa categoria dei
merenderos, della quale mi considero membro qualificatissimo.
Ma credete che sia facile doversi prostituire ad andare in montagna,
che so, magari in Val di Fassa, in agosto, insieme ad altre migliaia
di persone, percorrendo sentieri più frequentati del portico del
Pavaglione (Bologna) la vigilia di Natale?
Credete sia facile doversi tirare dietro per quei sentieri tutta la
famiglia, amici, cani, gatti e suocere?
Pensate sia facile spararsi 1000 metri di salita con 20kg. di carico
(figlio+zaino+attrezzi vari) sulle spalle, che ti urla nelle orecchie,
si dondola ecc., per di più con attività fisica del portatore
limitata, nel resto dell'anno, all'utilizzo del mouse?
E' comoda andare in Patagonia a farsi 1000 metri di 6° in solitaria,
dove essersi preparati tutto l'anno senza avere fatto altro …
Vorrei vedere, ‘sti fenomeni, affrontare un'impresa tipo "prendere il
pullmino Pera-Gardeccia in agosto", oppure fare in auto il
concatenamento "incrocio Pozza + attraversamento Moena"…
Oppure fare la Tridentina girati al contrario per trainare una signora
che ci hanno affibbiato in albergo..
E allora, siccome oggi ho voglia di scrivere, mi butto a raccontarvi
il top della mia recente vacanza estiva in Fassa: la grandiosa salita
al passo delle Cigolade, in puro stile merenderos.
Segnalo che tutti i fatti narrati sono veri, anche se può sembrare
incredibile.
Vado con il racconto, chiamiamolo "Aria Pesante", chissà perché…
Lo scorso Agosto, in zona Fassa, erano presenti parecchi miei amici.
In tanti, sapendo della mia lunga esperienza tra quelle aspre e
solitarie montagne, mi chiedevano di organizzare una spedizione verso
qualche bella cima.
La pianificazione è iniziata poco dopo il mio arrivo in valle, il
giorno 16.
In qualità di capo spedizione, ho dovuto faticare non poco per formare
un team di livello adeguato all'impresa che avevo in mente.
Occorrevano infatti competenze elevate in molteplici ruoli:
conoscitori dei luoghi, portatori, alpinisti esperti per l'assalto
finale, giovani alpinisti in appoggio, fotografi, ma, soprattutto,
elementi con fiuto.
Dopo estenuanti trattative, la squadra è stata formata come segue:
io capo spedizione, poi mia moglie (membro finanziatore…), due figli,
dei quali uno da zainetto (cioè in appoggio al povero portatore…), un
mio amico con 10Kg. (reali…) di attrezzatura fotografica, e la di lui
moglie. Colpo dell'ultimo minuto, il loro cane Artù: se non ha fiuto
lui…
L'obiettivo della spedizione è stato subito fissato in modo molto
ambizioso: si puntava, addirittura, al Rifugio Vajolet, poi Rif.Re
Alberto-Santner, o, in subordine, Rif.Principe: roba di altissimo
livello.
I primi problemi che ho dovuto affrontare sono stati di ordine
logistico.
Alla fine, ho deciso di dividere la spedizione in due per
l'avvicinamento:
io ed il mio gruppo, già acclimatati, avremmo puntato per un accesso
veloce (!) direttamente via seggiovia verso il campo base di Gardeccia
(anche perché il finanziatore della spedizione esigeva che
utilizzassimo il PanoramaPass, imprudentemente acquistato…)
Il resto della spedizione sarebbe stato instradato al campo via
pullmino navetta, con partenza da Pera.
Il dubbio era se il cane sarebbe stato accettato o meno sul mezzo: le
grandi incertezze della montagna…
Dopo un attenta analisi della evoluzione meteo, la data fatidica per
l'assalto finale è stata fissata per il giorno 26, cioè all'inizio di
un periodo di previsto bel tempo, il che avrebbe consentito un
eventuale bivacco in quota.
Durante la notte precedente, in pochi sono riusciti a prendere sonno,
tant'è che, al mattino, io ed il mio gruppo eravamo in pole position
alla seggiovia.
Alle nostre spalle si è subito radunata una folla di curiosi (o erano
in fila per la seggiovia? Chissà…)
Arrivati in cima al secondo tronco, dopo circa mezz'ora (è la
seggiovia più lenta del mondo…), subito il primo imprevisto: il terzo
tronco, verso Gardeccia, non funziona, a causa di distruzione per
successiva sostituzione con quadriposto turbo a sganciamento, con
capotte ed anche riscaldata: ti sei lamentato che andava piano?
Beccati questa…
Camion, perforatrici all'opera, fuoristrada che andavano su è giù,
pali e sedili vecchi ovunque, insomma, il tipico ed aspro ambiente di
alta montagna che misteriosamente ci attrae.
E' da prendere una decisione molto importante: salire verso Ciampediè
con l'altra seggiovia oppure partire a piedi da Pian Peccei?
Nel primo caso avremmo risparmiato un paio di cento metri di salita,
nel secondo, un po' di strada in lunghezza.
E' un problema complesso, nel quale anche il teorema di Pitagora poco
aiuta, non considerando la dimensione fisica…
Mi consulto con gli altri membri del mio gruppo, e, sentendoci tutti
in ottima forma, decidiamo di partire a piedi da Pian Peccei, ben 1800
m/slm.
Non essendosi trovati altri portatori, in qualità di capo spedizione
decido di sobbarcarmi l'onere del trasporto dei piccolo.
Insieme siamo sul quintalozzo, avvicinandoci ai classici parametri
80/20: anche in questo caso si dimostra che l'80% supporta il 20%...
La marcia è dura, ma arriviamo a Gardeccia, dove ci accoglie
l'ambiente abituale del campo base: casino spaziale, gente che mangia
di tutto, anche se sono poco più delle nove di mattina, pullmini che
vanno e vengono.
Scruto per lungo tempo, ma inutilmente, i passeggeri che scendono
dalle navette, ma del gruppo 2 nessuna traccia.
Finalmente mi chiama via radio (pardon, cellulare…), il gruppo 2:
-Andrea, qui, alla partenza dei pullmini, c'è una fila della Madonna,
non ci pensiamo neanche a salire.-
-Ricevuto- dico –avete avuto problemi?-
-Affermativo, gruppo 1; il giretto mattutino con il cane è durato più
del previsto; Ho pensato di evitare che scacagliasse per il sentiero
del Vajolet, e quindi ho dovuto aspettare…-
-Ricevuto- rispondo –decisione responsabile… Ora cosa proponi?-
-Proviamo a spostarci verso la seggiovia, poi ti farò sapere…-
-Roger, gruppo 2- gli dico –ma sappi che il terzo tronco è fermo.-
-##@fan#c°°lo, @@@rca °°oia..-
La radio funziona male -penso- che stia cambiando il tempo?
-Gruppo 2, ripeti, cambio-
-Gruppo 1, non ce la sentiamo di affrontare la salita fin dal secondo
tronco. E poi il cane ha paura della seggiovia. Faremo un tentativo
estremo: la funivia di Vigo-
Rispondo:
-Roger, gruppo 1, ma siate prudenti-
(Il capo spedizione deve sempre invitare alla prudenza, specie quando
sa che i suoi uomini dovranno affrontare passaggi difficili, come
l'incrocio di Pozza, con il vigile grosso in mezzo…)
Nell'attesa di notizie dal gruppo 2, concedo un attimo di pausa ai
miei uomini.
Dopo un po' mi richiama il gruppo 2:
-Gruppo 1, c'ho messo mezz'ora a parcheggiare, ho fatto un chilometro
a piedi, ed ora vediamo una fila peggio di prima, ci vorrà un'altra
oretta per salire, più l'avvicinamento al campo base.-
-Negativo- rispondo –andremmo troppo avanti con l'orario, e ci sarebbe
forte rischio di incappare in qualche valanga (umana, nel senso di
code…).
A questo punto deve essere presa una decisione drammatica: rinunciare
alla spedizione? abbandonare definitivamente il Gruppo 2 al suo
destino e proseguire? oppure…
La grande esperienza che ho maturato in molti anni di spedizioni di
questo tipo, mi consente di sviluppare rapidamente una soluzione
alternativa:
-Gruppo 2, cambiamo meta: Passo Cigolade, so che è impegnativo, ma ce
la faremo.-
(Il capo spedizione deve dare sicurezza, non deve usare parole come
"credo, forse" ecc.)
-Ecco le istruzioni: auto fino a Carezza, poi seggiovia fino al
Paolina, quindi Rif.Roda Vael, e salita alle Cigolade, dove ci
incontreremo.-
-Roger, gruppo 1, a risentirci, passo e chiudo.-
La meta era stata modificata.
Ora, prevedeva un incontro al Passo Cigolade, con salita dal versante
N del gruppo 1 e da S del gruppo 2; poi saremmo rientrati insieme
verso Ciampediè tramite il selvaggio sentiero delle Pale Rabbiose:
programma molto ambizioso, chissà…
Non avevo a quel punto chiaro chi sarebbe andato a recuperare l'auto
del mio amico, ma avevo fiducia di trovare una soluzione anche per
questo problema. E poi, l'auto è la sua…
Allerto il gruppo 1: -Ragazzi si parte!-
Carico il mio carico, se mi è consentita la ripetizione, e ci avviamo
lungo il famigerato versante N del Catinaccio, cioè verso la spalla
costituita dal Colle di Barbolada.
Conosco bene questa via: è estremamente difficile, con forte rischio
di insolazione e fatica bestia. Non a caso, la folla che si accalca
sui sentieri vicini al campo base di Gardeccia qui non arriva: saranno
più furbi o meno furbi?
Con questo grande assillo nella mente, macino metri su metri di
dislivello.
C'è un sole incredibile che mi martella la pelata, che a sua volta si
difende sudando copiosamente, così come il resto del corpo.
Il bimbo, che porto nello zainetto, mi vede in difficoltà e, cogliendo
il punto debole, inizia a sfregare le manine sulla mia testa e mi tira
le orecchie. Penso che voglia finirmi per prendere il mio posto di
capo spedizione…
Proseguo stoicamente ed incurante, con passo regolare, lungo la via
che ben conosco, e che volge verso W, per poi girare verso E nel
tratto finale.
Il membro finanziatore della spedizione (mia moglie), notando una
traccia che si allontana sulla nostra sinistra, mette in dubbio la
decisione che ho preso di affrontare il Colle di Barbolada per la
classica via di destra.
Sono un po' affaticato, ma trovo ugualmente il fiato per risponderle
qualcosa che ora non ricordo bene, ma mi pare che finisse per –va bain
a caghèr-, o qualcosa del genere.
Grazie alla mia diplomazia e ad un succo di frutta rifilato alla
piccola belva che porto sulle spalle, si ritrova la compattezza del
team: da ora in poi, nessuno più fiaterà, anche perché la quota
comincia ad essere considerevole: saremo addirittura oltre i 2200
m/slm.!
Arriviamo finalmente sopra alla spalla del Colle di Barbolada, dove si
incrociano i sentieri.
Da qui, segue un traverso esposto (…) e poi il muro finale del Passo
delle Cigolade.
Provo a contattare il Gruppo 2. Nessuna risposta: che sia accaduto il
peggio?
Lancio un messaggio Morse (SMS) per chiedere immediato contatto, ma
niente.
Con l'angoscia nel cuore, affrontiamo ora le ripide rampe finali che
portano al Passo delle Cigolade.
Gli ultimi passi sono tremendi: la piccola bestia si è addormentata e,
se possibile, pesa ancora di più di prima.
Mi sono imposto di non guardare in alto, ma di consultare solo
l'altimetro, per pianificare meticolosamente le soste per rifiatare.
Improvvisamente mi pare di vedere uno strano tripode (accozzaglia di
persone) e mi rendo conto che non c'è più niente da salire.
In vetta!!!
A poco mendi di 2600 m/slm, con un piede in provincia di Trento e
l'altro quasi in provincia di Bolzano (so che è l'altro crinale,
perdonatemi…), vedo una sterminata distesa di persone che salgono,
scendono, sostano, ma, più che altro, mangiano!
E sì, perché, pur in uno mistico isolamento (solamente trenta –
quaranta persone in quasi dieci metri quadrati), in uno splendido
cielo blu, di fronte alle immortali crode dolomitiche, che ti fanno i
merenderos? Ma merendano, ovviamente.
Finalmente un contatto dal gruppo 2:
-Gruppo 1, ci siete, cambio-
-Ci siamo, ci siamo- rispondo –se, invece di farti convincere da tre
gnocche televisive a comprare quel cesso di telefono stellare, ti
fossi tenuto un classico GSM, a quest'ora ci saremmo già parlati da un
bel pezzo…-
(Anche al capo spedizione, talvolta, saltano i nervi…).
Poi ritorno nel mio ruolo e chiedo:
-Gruppo 2 dove vi trovate?-
La risposta è tremenda:
-Ci troviamo al Rifugio Fronza.-
Spero di avere capito male, il Rifugio Fronza è molto distante…
-Gruppo 2, ripetete prego.-
-Al Fronza, al Fronza, hai capito bene.-
-Gruppo 2, avete incontrato problemi?-
-Affermativo: volevamo percorrere una variante più diretta per il
Passo Vajolon, ma il cane si è ferito ad una zampa con un sasso, e
siamo ripiegati per il pianeggiante HirzelWeg, fino al Fronza.-
Segue un lungo silenzio.
Poi dico:
-Ricevuto, gruppo 2, per voi la spedizione è finita. Ci saranno altre
occasioni- (si dice sempre così…) -Siate forti e rientrate a valle.-
Penso: -Chissà che delusione, quei ragazzi...-
Faccio rimettere in marcia il mio gruppo, ed opto per scendere al
Rif.Roda di Vael, per poi rientrare a Ciampediè con la direttissima.
Ai rifugi della Roda ci accoglie una folla festante: saranno state
due/trecento persone, forse di più.
A dire la verità, non è che ci festeggiassero più di tanto, anzi, non
ci cagavano proprio.
Badavano tutti a mangiare e bere e a prendere il sole.
Ma che avranno poi, tutti, da mangiare sempre? Bah?!
Dopo una breve sosta (una mezz'oretta circa di fila per avere una
raddler, noto integratore), riprendiamo la via di casa.
Dopo un tratto ripido, una scena straziante: una alpinista a terra con
caviglia distorta.
E' una giornata no. Prima il povero Artù, poi questa qui: montagna
assassina!
Poco dopo arrivano i soccorsi: due baldanzosi del soccorso alpino
dotati di quad ed un'ambulanza fuoristrada Mercedes con altri due del
118. Totale 4 uomini più 2 mezzi per una caviglia distorta.
Mi viene da pensare che la donna sia raccomandata…
Ormai la spedizione volge al termine.
Arriviamo finalmente al Ciampediè, con parco giochi, funivie,
seggiovie, rifugi, rifugetti, rifugioni, e ancora merenderos che
mangiano stravaccati: tutto stupendo.
E poi, tutt'intorno, un tipico cantiere alpino: bulldozer, camion,
betoniere e perfino un elicottero-betoniera, che carica la benna
appesa al cavo dalla betoniera-camion per poi scaricarla in cima a Pra
Martin.
L'atmosfera è carica di quel non so che che tanto ricorda la
tangenziale di Bologna.
Questa sì che è aria: aria pesante!
Ciao e scusate, ma è il mal di montagna!
Andrea Lenzi