Autore Topic: Quella volta che...  (Letto 127048 volte)

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Quella volta che...
« il: 18/01/2014 05:27 »
Il post sugli incidenti da valanga, e le considerazioni sugli overconfident eccetera, mi ha dato lo spunto di questo post. Alzi la mano chi non ha mai rischiato in montagna... e magari ha avuto anche un incidente...
Raccontate anche voi «quella volta che...» ve la siete vista brutta... :)

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« Ultima modifica: 18/01/2014 07:03 da AGH »
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Re:Quella volta che...
« Risposta #1 il: 18/01/2014 08:03 »
Inizio io, anche se, toccando ferro, in tanti anni che vado non ho mai avuto incidenti. Forse ho avuto culo, non so, di sicuro è capitato anche a me di rischiare, specie da giovane quando ci si sente immortali (e scemi). Ricordo in particolare la discesa della ferrata Castiglioni in Brenta senza alcuna assicurazione (non ce l'avevamo e non volevamo tornare indietro). A 16 anni forse lo spavento più grande: l'incrodamento su una banale parete di roccia a bassa quota, dove però a un certo punto a circa 20 metri di altezza non ero più in grado di andare avanti o tornare indietro. Alla fine sono riuscito a risalire il tratto finale e uscire dalla parete, ma lì ho rischiato davvero grosso: se fossi caduto mi sarei sicuramente sfracellato. In inverno si andava via con gli sci veramente alla vigliacca, senza alcuna conoscenza o quasi del pericolo valanghe. Ricordo una -peraltro entusiasmante- traversata scialpinistica Campiglio-Molveno, con 3-4 metri di neve e le valanghe che cadevano da tutte le parti :). Anche quella volta ci è andata di culo, nella discesa verso Molveno siamo passati su una mega valanga scesa appena mezz'ora prima (avevamo sentito solo l'immane frastuono).
In età più tarda, una caduta rovinosa su sentiero (distratto da una fanciulla) dove ho rischiato i denti, ma me la sono cavata con una figuraccia e le braccia e mani sbrindellati su sassi e ghiaia :).

Pochi anni fa ho rischiato l'incrodamento salendo fuori sentiero al Cornetto (!) da Cei, è stata l'unica volta che mi sono trovato nel dubbio se chiamare l'elicottero :). Anche quella volta me la sono cavata per un pelo, trovando all'ultimo una cengia che mi ha portato fuori dalle rogne. Per il resto ho rischiato in varie occasioni il bivacco forzato per via del buio, ma in un modo o nell'altro sono sempre riuscito ad evitarlo con circostanze più o meno fortuite. Finora direi che in tanti anni di montagna è andata sempre bene, anche se più volte mi sono reso conto che il confine tra la gita felice spensierata e la tragedia può essere molto sottile. In montagna a volte basta una disattenzione cretina per finire molto male... :(
« Ultima modifica: 18/01/2014 10:05 da AGH »
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Offline enry69

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Re:Quella volta che...
« Risposta #2 il: 18/01/2014 09:04 »
confermo le parole del professore quando dice che una sberla qualche volta fa bene. L'importante è riuscire ad uscirne illesi e poterlo raccontare...
Primavera 2010. Solita gita in Marmolada...a Padova pioveva a dirotto da 4 giorni e una sera si decide verso mezzanotte di partire e dormire direttamente nel parcheggio della cabina al Padon.
Al risveglio, cielo blu, mezzo metro di neve anche in parcheggio e diverse macchine tentano di trovare posto. Il trambusto è il solito dei fanatici della Lidia che vogliono lasciare il segno per primi. Ressa da comiche per salire con la prima corsa della funivia. 
Finalmente punta Rocca. Siamo in 5 e tra noi una guida degli scoiattoli di Cortina. Prove arva, e "solite" raccomandazioni: scendiamo di là poi di là poi traisass e così via. Manteniamo le distanze...io per primo...tu per secondo...vi raccomando stiamo a vista....non veniamoci dietro...insomma tutte le raccomandazioni del caso. Emozione. Neve altissima.
Io finalmente mi butto e assaggio il fondo soffice sciando quasi in silenzio. Poi mi fermo e vedo che siamo sul ciglio del ghiacciaio oltre il quale scende dritto il muro verso i Fiacconi. Dovrei tenere di più la destra se voglio stare alto ed entrare tra i sassi altrimenti non riesco più a rientrare al passo Fedaia penso.
Mi butto tenendo d'occhio chi mi precede e chi mi segue. Poi capito sopra un canalino ed esito. Lo faccio giù dritto o lo evito? non vedo il fondo perchè molto ripido cosi esitazione su esitazione taglio una piccola diagonale per evitarlo e inizio a sentire che il fondo si muove. Prima piano poi più veloce e il tappetone che si è staccato mi trascina giù, appunto nel canalino.
Urlo e vedo il tizio di Cortina che urla verso chi mi precede ma è un attimo. Tento di uscirne ma mi tira giù e perdo l'equilibrio. Sto imprecando e chiedo aiuto e di colpo la neve mi riempie la bocca. Poi silenzio. Chi mi tira fuori per i piedi dice che la cosa è durata non più di 1 minuto e sono stato fortunato ma mi metto a sedere e mi tremano le gambe. Sono in confusione...scendo con calma fino al lago e cammino fino al passo. Poi resto seduto al rifugio quasi inebetito cercando di riprendermi dallo spavento.
Mi ricordo questa cosa come fosse successo ieri.
Penso fossi al culmine dell'overconfidence.
Non scio più con quei ragazzotti.
Ho smesso di drogarmi
"Tra le montagne mi sforzo di perfezionarmi fisicamente e spiritualmente. In loro presenza cerco di capire la mia vita, di neutralizzare la vanità, l'avidità, la paura. Esamino il mio passato, sogno il futuro e avverto in maniera particolarmente acuta il presente. Ad ogni impresa rinasco".  AB

Offline AGH

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Re:Quella volta che...
« Risposta #3 il: 18/01/2014 09:57 »
bel racconto Enry :) Io le valanghe le ho viste cadere, per fortuna a debita distanza, oppure ho sentito parecchi voummm... Ma finirci dentro deve essere agghiacciante... Già solo sentire il rumore che fanno quando cadono è spaventevole...
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Offline radetzky

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Re:Quella volta che...
« Risposta #4 il: 18/01/2014 10:03 »

Primavera 2010. Solita gita in Marmolada...e di colpo la neve mi riempie la bocca.....

...a memoria...questa non l'avevi raccontata a tempo debito eh !  ;)
quando che le pegore le va a destra.. mi vago a sinistra. e quando le va a sinistra mi vago a destra !

Offline enry69

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Re:Quella volta che...
« Risposta #5 il: 18/01/2014 10:46 »
...a memoria...questa non l'avevi raccontata a tempo debito eh !  ;)
Hai buona memoria Rad.
Difficile da dimenticare... :o
"Tra le montagne mi sforzo di perfezionarmi fisicamente e spiritualmente. In loro presenza cerco di capire la mia vita, di neutralizzare la vanità, l'avidità, la paura. Esamino il mio passato, sogno il futuro e avverto in maniera particolarmente acuta il presente. Ad ogni impresa rinasco".  AB

Offline pianmasan

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Re:Quella volta che...
« Risposta #6 il: 18/01/2014 15:15 »
Quella volta… era il 19 febbraio 2009. Con il mio abituale compagno di escursioni decidiamo per una scialpinistica infrasettimanale con meta il Ruijoch da Brusago per val Fregasoga, passo della Vacca e passo Valmatio. L’innevamento è eccezionale, quell’anno.
Giunti al passo della Vacca scendiamo e risaliamo al passo Valmatio. Qui la neve è dura e liscia. Mangiamo qualcosa e un pacchetto di frutta secca mi scivola giù nella busa del Carl, l’ampia conca dalla parte di Palù. Segno premonitore? Chissà…
Sulla dorsale verso lo Schliverlaispitz, prima quota del Ruijoch, il vento ha cancellato la neve e fatto affiorare molti sassi. Calziamo i rampant e ci portiamo più a sinistra, in mezzo al ripido pendio che scende dalla parte finale della dorsale, ben coperto di neve,  aperto e libero da ostacoli. Saliamo a zete e durante un’inversione a destra, nel punto lontano dalla dorsale, il bastoncino non morde la neve, perdo l’assetto e parto. Scivolo giù rotolando alcune volte e mi fermo nella busa del Carl. Mi risollevo, mi scrollo di dosso la neve, tutto ok, nessun dolore. Anche gli apparecchi acustici, che allora portavo, sono al loro posto, a cavallo dei padiglioni auricolari. Con i bastoncini faccio segno al mio compagno che è tutto a posto. Mentre sto considerando il mio… la mia fortuna, ecco arrivare scivolando lemme lemme un rampant che si ferma beffardo a pochi metri. Lo recupero e mi accorgo allora che uno degli sci è rimasto in alto, poco sotto il punto dal quale sono partito, dove lo vedo conficcato nella neve. Stacco lo sci che sto calzando, lo lego sullo zaino e vado a riprendere quello in alto. Comincio a risalire il pendio, bastoncini a mo’ di doppia piccozza e scarponi che scalinano. Arrivo allo sci e, dopo essermi fatto piazza sicura, lo estraggo e lo carico sullo zaino. In quel punto la dorsale dista una decina di metri. Decido allora di attraversare il pendio e risalire in vetta sci in spalla lungo la dorsale. Faccio una decina di passi e succede il disastro. Parto di nuovo, questa volta senza il freno degli sci e, molto peggio, non più sul pendio aperto ma al tiro di un grosso roccione subito sotto la dorsale. Non scivolo, precipito a velocità sempre maggiore. E sbatto. Finisco sul roccione con il fianco sinistro e poi, nel rimbalzo, mi capotto alcune volte e mi fermo, come prima, dove la busa spiana. Questa volta mi accorgo subito che le cose non vanno bene. Respiro affannoso, male cane alle costole, un bruciore sul ginocchio destro come da taglio. Ma i pantaloni sono intatti, in quel punto. Il pensiero corre alla famiglia. Ricordo benissimo lo sguardo implorante che lanciai al mio compagno, che è medico, quando mi raggiunge. Ero veramente sofferente. Il cellulare non prendeva né là né su al passo.
Pian piano mi calmo e decidiamo di bypassare l’elicottero e scendere fino a Palù. Lui si carica i miei sci sullo zaino (inutilizzabili, un attacco era rotto) e comincia la discesa, io a piedi in neve profonda e lui con gli sci al mio fianco, per pendii e vallette impervie colme di neve, fino alla forestale che viene dal passo Redebus. Come ho fatto a scendere a piedi in quelle condizioni, con quell’innevamento e in quei luoghi non so spiegarvelo. Arrivati ai Battisti, chiamo mio fratello e mi faccio accompagnare a riprendere la macchina a Brusago. Torno a casa. Pronto soccorso: tre costole rotte, pnuemotorace, frattura (piccola) del bacino, uno sbrego di 10 cm sul ginocchio fino al tendine (i pantaloni senza un segno!).
Morale, un mese a letto con la tortura del busto e altri due di convalescenza. E molti pensieri passati nella mia testa, primo e ricorrente:”Sono un miracolato”.

Offline AGH

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Re:Quella volta che...
« Risposta #7 il: 18/01/2014 16:23 »
Pian azz... :(

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Offline pianmasan

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Re:Quella volta che...
« Risposta #8 il: 18/01/2014 16:49 »
Pian azz... :(

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pian... ma soprattutto... san ;)

Offline JFT

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Re:Quella volta che...
« Risposta #9 il: 18/01/2014 19:22 »
 :o
Che storie...
"La vita è fatta di rarissimi momenti di grande intensità e di innumerevoli intervalli. La maggior parte degli uomini però, non conoscendo i momenti magici, finisce col vivere solo gli intervalli."
Friedrich Nietzsche

Offline Claudia

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Re:Quella volta che...
« Risposta #10 il: 19/01/2014 15:05 »
mamma ma che storie... ragazzi sono contenta che ne siate venuti fuori!
io non ho niente da raccontarvi ...

Offline Man

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Re:Quella volta che...
« Risposta #11 il: 19/01/2014 23:15 »
Grazie per aver condiviso queste avventure!  :)
Aut tace aut loquere meliora silentio (taci o di' cose che siano migliori del silenzio)

Offline trabuccone

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Re:Quella volta che...
« Risposta #12 il: 19/01/2014 23:23 »
Che storiacce raga  ::) intanto complimenti a tutti per essere qui a raccontarcele sani  ;) Quella di Pian l'avevo già sentita in anteprima: Pian ma San e soprattuto de fer  ;D chissà come hai fatto, tutto rotto, a tornare giù sulle tue gambe!! Comunque prudenza sempre, questa è la regola.
per sempre oppressi da desiderio e ambizione c'e' una fame non ancora soddisfatta,
i nostri occhi stanchi ancora vagano all'orizzonte sebbene abbiamo percorso questa strada così tante volte

Offline paolo m.

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Re:Quella volta che...
« Risposta #13 il: 21/01/2014 16:57 »
Un settembre di circa 15 anni fa: decido di salire sotto il Corno di Cavento, quindi facendo la Val d Fumo fino a 3/4, poi attraversare il Chiese, salire a spanne sul versante e poi di nuovo seguire la vallata fino in fondo. Giornata splendita: arrivo, parcheggio e parto. Sento un pò di male ad una caviglia ma cavolo, sono partito alle 4 vuoi mai che torno indietro... Avanti, inizio la salita del pendio, arrivo sotto le creste e comincia a salire la nebbia... Vuoi mai che torno indietro... Avanti, su e giù per le morene, nebbia sempre più fitta, in pratica arrivo in fondo e non me ne sono accorto, il mal tempo peggiora. Vuoi mai che torno indietro... Beh, forse è meglio... Cerco di tornare sui miei passi ma già non c'è sentiero e poi un nebbione che neanche il val Padana... Quando penso di essere arrivato al punto in cui discendere il pendio mi accorgo dopo un bel pò di metri che non ero giusto, strapiombo sul nulla... risalgo, proseguo a ritroso ancora un pò, credo di essere giusto, scendo: sempre strapiombo... a risalire inizio a fare fatica, è pomeriggio, la caviglia mi fa un male assurdo e comincia a nevicare! PORCACCIA MISERIA E ADESSO? Inizio a pensare di dormire all'aperto, cercando riparo sotto uno di quei bei sassoni giganti... Comunque mi concedo ancora un tentativo, scendo e per fortuna trovo un passaggio assurdo che mi permette di scendere al torrente. Mi accorgo che sono comunque ancora a monte rispetto al punto in cui ho iniziato a salire il costone, è tardi ma almeno sono sul piano... Zoppiacando ma desisamente più tranquillo torno alla macchina... e smette di nevicare!

Offline polp960

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Re:Quella volta che...
« Risposta #14 il: 21/01/2014 23:58 »
Allora... ho deciso di interrompere il mio status di 'guardone del Forum' inserendomi in questo post... :)
Vado per montagne da 30 anni circa, e situazioni 'difficili' ne ho vissuta qualcuna... la più drammatica e avvenuta in luglio 2007...
Translagorai Manghen/Rolle in due, dormito a forcella Buse dell'Or in tenda, il secondo giorno stavamo scendendo a Forcella delle Sute, io ero dietro al mio amico quando un pietrone-gradino che era li da almeno 100 anni decide di muoversi e ribaltarsi al mio passaggio, perdo l'equilibrio e urlando cado nella scarpata per 20/30 metri, capotando diverse volte finisco la mia corsa cadendo di schiena su un pietrone,
il mio Ferrino 60litri mi ha salvato la schiena. devo essere onesto in quei pochi secondi pensavo 'è finita!'  :o ...la mente andava a mia moglie, i miei figli, mentre cadevo cercavo di portare le mani alla testa per proteggerla ma le racchette imbragate ai polsi me lo hanno impedito. Il mio compare e sceso e mi ha aiutato a risalire alla forcella e mi ha dato le prime cure, sembrava non avessi niente di rotto ma escoriazioni profonde dappertutto, un grosso ematoma al fianco/anca e uno sbrego sopra l'occhio sinistro chiuso con i cerotti da sutura... ero ancora vivo e mi sentivo un miracolato  ::) ... Io volevo tornare con le mie gambe...dopo un pò è arrivato un solitario, veniva dai Pieroni, che ci ha esortato a chiamare i soccorsi sennò lo faceva lui. ho provato ad alzarmi in piedi e sono caduto come uno straccio... alla fine... viaggetto in elicottero e 2 giorni di ospedale a Cavalese... dopo 15 giorni  ho rimesso gli scarponi e dormito ai laghi di Bombasel via Malga Lagorai-F.lla del Macaco, nonostante i postumi, soprattutto per ritrovare subito fiducia e superare il momentaccio...la Translagorai è ancora là che mi aspetta....  :)