Ravanage a Suerta - 12 febbraio 2002
Prima uscita in "ravanage style” con sciotti nel Mirabilioso.
Partiti da quota 1300 metri da Suerta con circa 15 centimentri di neve in piano ma quasi zero sui costoni esposti. Caldo pazzesco, pare aprile o maggio addirittura. La neve à già quella bella crostosa come dio comanda, papposa quella esposta sui versanti a sud.
Dopo un km di falsopiano arriviamo alla base del rampone e dobbiamo già levare gli sciotti e arrampicare come capre. Tutto ampiamente previsto, comunque. Io devo fare anche il cambio scarpe perché, avendo leggeri sci da escursionismo, le relative scarpine da fondo non permettono di salire sui dirupi senza distruggerle.
Rimontiamo faticosamente lo spallone salendo per tracce di sentiero e sfruttando le chiazze libere da neve. A quota 1800 una spianata innevata ci permette di ricalzare gli sci (altro cambio di scarpe).
La salita a Malga Sette Selle a 1900 metri à tutta esposta a sud quindi bisogna andare a cercare la neve pestolando le lingue di neve superstiti, e badando bene che siano tutte collegate
. Facciamo dei giri assurdi per non togliere gli sci, come sarebbe forse più ragionevole.
Prima genialata di AGH: tagliare su per un costone nel tentativo di raggiungere una forestale più in alto. Tentativo fallito miseramente, la "forestale" si rivela in realtà (chissà dove se l’è sognata) un sentiero sfigatissimo con una strisciolina di neve miserevole. Il sentiero si infogna ben presto dentro un piccolo canyon, e di lì inizia ovviamente ad arrampicare a zig zag. Inizia il ravanage alla grande. Togliere gli sci? GIAMMAI!
Si passa sui sassi, sugli aghi di abete, sul fango, sui mughi, persino sulle cacche di capriolo o di capra (presenti in gran quantità) pur di NON fare la fatica di levare gli attrezzi.
Il vallone si stringe ancora e rimontiamo sempre più faticosamente dei piccoli terrazzamenti con robusti dietro front. Passiamo accanto a dei strapiombetti rocciosi di 10 o 20 metri, sempre più attaccati coi denti alla spalletta che diventa sempre più esile. Quando sembra che siamo ormai fottuti perché senza più uscita troviamo insperabilmente un passaggio per raggiungere il piano soprastante. Qui scopriamo una curiosissima orma di Yeti (documentata fotograficamente). In breve siamo alla Malga, sudati come buoi.
Dopo esserci sistemati in una posizione riparata dal vento che rompe le scatole con raffiche, è ormai ora di pranzo e quindi estraiamo dagli zaini il nostro modesto ristoro. Nell'ordine:
- due etti di mortadella coi pistacchi
- tocco di formaggio Mezzano stagionato
- tocco di formaggio Pecorino Sardo
- salame cacciatorino
- pane a michette a profusione
- gloriosa boccia di Verduzzo frizzante Doc 7/10
)
Purtroppo mancava il caffè, ma vedremo di provvedere la prossima volta
Dopo pranzo, incioccati dal sole e dal Verduzzo abbiamo ronfato vergognosamente, quando una folata gelida ci ha risvegliato quasi di soprassalto. Il sole era scomparso dietro al costone, erano già le 4 del pomeriggio! Un freddo becco ci ha fatto balzare subito in piedi, pronti per la ripartenza.
Rincalzati gli sci, abbiamo guadagnato la forestale che scendeva sull'altro versante, zeppa di orme di animali, specie una volpe che andava avanti e indietro senza costrutto (così almeno pareva a noi).
La neve era abbondante ma tutt'altro che ottima, anzi crostosa, sventata e persino cementizia a tratti. Nella discesa svariati pelle di leone del Moscone Bianco (documentati anche questi) per il giusto sollazzo di AGH.
Dopo una discesa eterna per la forestale (e meno male che avevamo gli sci!) ecco la seconda genialata: anziché rientrare sull'altro versante per una stradicciola come avevamo fatto l'anno scorso, scendiamo ancora per la forestale sperando di beccare un sentierino che c'è sulla carta e che rientra più un basso. Impossibile non trovarlo. E infatti non lo troviamo. Niente, niente alla lettera.
Di risalire non se ne parla, scendiamo ancora per cercare una stradella che si stacca un paio di tornanti più in basso. Le penombre della sera si allungano sul paesaggio, il Moscone comincia ad agitarsi...
Appena la stradella gira dentro il vallone, vediamo qualcosa che ci gela il sangue: siamo almeno 100 metri più in basso del previsto e abbiamo l'auto sull'altro versante della montagna. In mezzo c'è un vallone-canyon pauroso che precipita per almeno 200 metri, con versanti tipo jiungla amazzonica. Impensabile tentare l'attraversamento.
Risaliamo per stradicciola che diventa subito traccia e inizia a salire di brutto nella boscaglia. Ettepareva. Un po' scornati proseguiamo sperando in cuor nostro che il sentiero, in disuso, stretto, ripido e invaso dalla vegetazione ci riporti verso l'auto. Ma è ravanage duro: togliamo ancora gli sci nella boscaglia più fitta mentre comincia a imbrunire.
Dopo mezzo km di brancolamento nella boscaglia eccoci ad un bivio amletico, senza alcuna segnalazione. Stavolta Agh la imbrocca. La traccia sale ancora ma poi finalmente spiana e quindi possiamo rimettere gli sciotti. Rimontiamo ancora uno spallone boscoso e poco dopo usciamo finalmente nel piccolo altipiano di Suerta. Il torrente è inguadabile e così proseguiamo ancora un km per passare sul ponticello, passare sull’altro versante per ridiscendere alla macchina quando ormai è quasi buio.
Conclusioni: classico ravanage in sci, complice la poca neve, 500 metri di dislivello (vergogna!) per circa 12 km.
by AGH
12 febbraio 2002