La valle del rio Fregasoga è legata ai ricordi dei miei primi anni di vacanze in Pinè. Improvvisamente quelli che erano luoghi così familiari, per una serie di motivi sono usciti dalle rotte che ogni tanto percorro in montagna. Ho deciso che fosse tempo di tornarci lo scorso fine settimana, partendo da Baselga in mountain bike, raggiungendo Montesover, salendo lungo la strada che porta a Malga Vernera per poi imboccare la forestale che raggiunge Malga Vasoni bassa.
Sfogliando le pagine dei polverosi faldoni presenti negli archivi del forum, ho trovato un post d'annata di Kobang che descriveva lo stesso percorso è quindi mi asterro' dal riproporlo. A proposito, ma come si fa ad essere un minimo originali quando in giro ci sono questi uomini che hanno percorso o sorvolato ogni centimetro del Lagorai con qualunque mezzo???
Nonostante sia una splendida domenica di un caldo mese di settembre, in giro non c'è nessuno e raggiunta Malga Fregasoga mi godo la tranquillità e i colori che, nonostante la temperatura più che mite, mi ricordano che l'autunno è già arrivato.
Ripenso alle tante giornate passate con mio padre che mi insegnava la pesca alla trota risalendo il torrente. Lui l'aveva imparata in gioventù quando, sfollato da Milano durante la guerra, seguiva uno zio lungo i torrenti della Valcamonica. Per lui credo fosse più importante rivivere quelle esperienze deĺla trascorsa gioventù di quanto non lo fosse la cattura di una trota. Si trascurava il primo tratto, quello con le alte briglie di cemento per iniziare a pescare dove il torrente scorreva nel suo letto naturale circondato dagli abeti. Allora la strada forestale terminava alla presa d'acqua poco dopo il ponte dei Vasoni e si risaliva lungo i sentieri, oggi parzialmente cancellati dalle nuove strade, fino al baito della val Mattio. Non ho più preso in mano una canna da quando lui non c'è più, così come non ho mai finito quel libro che stavo leggendo quando gli ero accanto negli ultimi giorni in ospedale e che ha ancora il segnalibro che spunta a poche pagine dalla fine. Alla fine nemmeno a me interessava realmente catturare qualche pesce.
Devo essere stato talmente assorto nei miei pensieri che non mi sono accorto dell'arrivo un altro biker, che ha raggiunto la malga risalendo da Brusago, fino a quando non sento il suo saluto. Anche lui arriva da Baselga, dice di essere venuto fin lì per ritrovare un po' di condizione fisica. Gli offro cioccolato e albicocche secche e chiaccheriamo un po'. Prevede che in posti come questo ci sarà a breve l'invasione delle e-bike, poi il suo telefono suona: la moglie vuol sapere fra quanto deve buttare la pasta. La sua risposta lascia intendere che la discesa sarà percorsa a velocità tale che nei suoi occhi, di tutto quello che lo circonda, potrà percepire solamente una stretta striscia di strada attorno alla sua ruota anteriore. Rimette il casco, mi saluta e in breve scompare.
Adesso mi rivedo ragazzo, in compagnia dei miei amici. L'ascesa al Monte Croce era quasi un rito a cui non ci si poteva sottrarre ogni estate. Qualche genitore ci accompagnava a Brusago in macchina, ci si dava appuntamento verso sera per il ritorno a casa e si risaliva su e su per la valle del rio Fregasoga. Al ritorno eravamo sempre in ritardo sull'appuntamento concordato, perché all'ultimo si decideva di rientrare passando dal rifugio Tonini , ma trovavamo chi doveva recuperarci, tranquillamente seduto al bar (non ancora bio-hotel) a chiaccherare senza ansie. Adesso quando vogliamo ritornare sul Croce scegliamo di partire da Stramaiolo o dalla val dei Mocheni per ridurre il dislivello e avvicinarci alla meta. Qualcuno di noi ha perso lo spirito giovanile ma qualche compromesso ci permette di ritrovarci per fare insieme le cose che condividevamo quasi 40 anni fa.
A fatica trovo le motivazioni per riprendere la strada del ritorno. Il rientro a Milano incombe e so per esperienza che passare direttamente dal Lagorai alla metropoli avrà su di me gli effetti una risalita troppo rapida per un sub. La giornata e il luogo sono di una tale bellezza che verrebbe voglia di aspettare l'ultimo raggio di sole prima dicominciare la discesa.
Raggiungo in breve tempo il baito di val Mattio. Chissà se esiste ancora quel sentiero che restando in quota raggiungeva la val Spinel poco sopra il baito o se è stato inghiottito dalla vegetazione. Nelle più recenti edizioni delle carte topografiche non se ne trova traccia (qui mi aspetto qualche dritta dai massimi esperti del territorio pinetano). Se fosse ancora percorribile (portando la bici a spalla, ovviamente) il giro potrebbe essere completato, senza
ulteriori eccessivi sforzi, raggiungendo Malga Spruggio bassa e Malga Stramaiolo per poi rientrare attraverso le forestali che tagliano Costalta fino ai Fovi, sopra Miola. La tentazione di provarci mi sfiora, ma sono al limite con i tempi e anche mia moglie potrebbe stavolta decidere di interrompere il silenzio radio che si impone quando mi "do alla fuga".
Il resto è una discesa accompagnata dal suono delle acque dei torrenti, che mi resta nelle orecchie anche quando il viaggio mi porta a confluire nel fiume di auto che si riversa verso la pianura.