In vetta a Cima Malinverno, coi Monzoni ovest e Cima Vallaccia, sullo sfondo il Catinaccio
Visto il tempo un po’ incerto, pensavo di fare una gita un po’ sottotono rispetto al solito, invece è uscita una signora escursione! Inizialmente pensavo di fare
Piz Meda 2200, un grosso torrione di roccia sopra
Moena e, se la gamba e il tempo tiene, forse
Cima Maliverno. Quest’ultima l’avevo fatta durante l’impegnativa traversata per il
Sentiero Attrezzato Bruno Federspiel, stavolta l’idea è di provare a salire direttamente da sud.
I colori dell'autunno
Parcheggio l’auto a
Someda 1270 e dopo le bestemmie per aver dimenticato a casa la macchina fotografica (le farò col cellulare) parto col
sentiero 620, bello ripido nel bosco. A metà strada scende un tizio atletico in tutina e con due grossi cani: risponde al mio saluto con un grugnito. Solo dopo qualche secondo realizzo che era il campione di sci nordico Christian Zorzi
.
Arrivo alla radura col bellissimo Bait del Vent
In cielo delle estese velature che poi se ne andranno
Bait del Vento, sempre aperto, un posto da sogno
Arrivo al magnifico
Bait del Vent 2036, che già conosco dal
periplo di Punta Vallaccia fatto l’anno scorso. Ancora una ventina di minuti e sono alla
forcella Piz Meda, dove vedo la salita al
Piz Meda 2200 per un
erto canalino che mi pare un po’ esposto. Sono in dubbio se salire ma, visto che il tempo sembra tenere, decido di lasciar perdere per concentrare gli sforzi su Cima Malinverno.
Il Piz Meda visto da sotto fa impressione
Vista sul Latemar
Il Piz Meda visto dal versante di salita nordest
Riprendo dunque la marcia col
sentiero 620 che si inoltra nella spettacolare Val del Van, “incendiata” dai colori autunnali. ll sentiero scende di circa 100 metri ma sto attento a non perdere la traccia che si collega con un traversone al
sentiero 624 che sale da sotto. Ora risalgo senza alcuna difficoltà per il magnifico vallone che spiana man mano che si sale, fino alla
meravigliosa conca erbosa sotto cima Malinverno: sarebbe un posto fantastico per campeggiare!
Imbocco la valle che sale verso la conca sotto il Malinverno
Sguardo indietro verso il Piz Meda
La meravigliosa conca sotto la cima, posto fantastico per campeggiare
Nella spianata sotto la vetta, guardando verso il Latemar
Qui il sentiero compie una svolta e con
stretti zigzag risale un canalino fino a guadagnare la cresta SO. Mi affaccio sui costoni davvero ripidissimi che precipitano a valle. Ora devo fare attenzione: il crinale non è molto largo, da una parte i dirupi e dall’altra i prati ripidi di erba secca. Una caduta e finirebbe male. Lentamente risalgo l’erto crinale senza difficoltà fino ad una elevazione, quindi sempre per crinale meno ripido sono in vetta a
Cima Malinverno m 2630!
Eccomi sulla cresta con vista sul Ciadin Bel
Mi affaccio verso Cima Juribrutto e Cima Bocche
Eccomi in vetta!
Il paesaggio è davvero grandioso: anche se lo conoscevo già, resto a lungo ad ammirare le montagne intorno, sono praticamente al centro dei principali gruppi dolomitici!
Marmolada,
Sella,
Sassolungo, la parte nord dei
Monzoni,
Latemar,
Catinaccio,
Pale di S. Martino, lo sguardo spazia fin sul
Pelmo e il
Civetta a est, il
Brenta a ovest. A sud invece altri gruppi di montagne non dolomitici come la
Catena di Bocche, il
Lagorai e
Cima d’Asta. A nord la vista arriva fin sul confine con l’Austria, a nordovest si scorge
Vioz,
Cevedale,
Gran Zebrù. Roba da rimanere storditi da tanta bellezza.
Vista verso Spiz de Tariciogn, a destra le Pale sullo sfondo
Veduta verso la Val S. Nicolò, sullo sfondo Sassolungo e Sella
Cima Uomo, Pelmo, Civetta
Ultimo sguardo verso il Cantinaccio: al centro il rognoso e tormentasto crinale lungo il quale si sviluppa l'Alta Via Federspiel
Fortunatamente il tempo tiene e anzi, dopo le velature del mattino esce anche un bel sole che scalda l’aria con un gradevole tepore. Non scenderei più a valle, ma purtroppo il tempo inizia a stringere e la discesa è lunga e ignota.
Dalla cima scendo per il crinale est, sempre con attenzione sul filo dei dirupi da una parte e i prati ripidissimi dall’altra. Osservo l’imponente e accidentato
Spiz de Tariciogn 2647, e mi chiedo come abbiamo fatto a scendere da lì anni fa, sembra quasi impossibile tanto è accidentato.
Inizio a scendere, sguardo indietro verso il Maliverno, a sx
Discesa verso forcella Ricoleta, sovrastata dallo Spiz Tariciogn
Sguardo indietro verso Cima Maliverno coi suoi costoni erbosi
Il sentiero corre a ridosso del filo di cresta
Arrivo alla
Forcella Ricoleta 2431, quindi inizio la discesa col
sentiero 616B: a vederlo fa un po’ impressione, compie infatti un lungo
traversone verso SO, tagliando parecchi
costoni erbosi molto ripidi. Non è difficile ma bisogna fare attenzione, un banale inciampo potrebbe avere esiti nefasti.
Lungo il traversone, vista sulla Catena di Bocche, con Col Margherita, Cima Juribrutto, Cima Bocche
Il costone appena attraversato
La dorsale sud di Cima Malinverno
Comunque il sentiero è segnato molto bene con paline e non ho difficoltà: poi percorrendolo è meno ostico di quel che sembrava all’inizio. Dopo aver attraversato l’ampio
versante della Ricoleta con un lungo traversone in costa,
raggiungo una dorsale quotata 2444 a sud di cima Malinverno, dove avevo notato dall’alto delle rovine che sembravano quelle tipiche della Grande Guerra. Non mi sbagliavo: con una piccola deviazione raggiungo i resti di una specie di
casermetta fatta di sassi, con diversi vani all’interno: un cartello riporta
“Osservatorio austriaco Grande Guerra 1915 - 1918”.
L'Osservatorio Austriaco
La posizione dell'Osservatorio
Il tunnel scavato nella roccia che si affaccia verso il Passo S. Pellegrino
La casermetta vista dall'alto
La vista sul Passo S. Pellegrino dall'osservatorio a picco sulla valle
Nei pressi c’è un tunnel scavato nella roccia lungo una decina di metri, che permette di affacciarsi a picco sulla valle, dominando il
Passo S. Pellegrino, da cui gli austriaci temevano eventuali avanzate italiane. Il sole sta tramontando, devo sbrigarmi: riprendo la marcia calando nell’impluvio del
Toal da Manshon.
L'osservatorio sotto la dorsale di Cima Malinverno
Calato nell'impluvio, vedo un po’ più in alto la piccola baita, che avevo notato in precedenza sulle immagini satellitari e su qualche carta quando si progettano le gite davanti al pc. Faccio una piccola deviazione per andare a vederla: è il
Baito Mason 2170 ed è bellissimo! E’ sempre aperto, l’interno è accogliente con tavolo, stufa, stoviglie, il soppalco con 2-3 posti letto. E’ riparata da un piccolo displuvio in caso di valanghe, deve essere un posto fantastico anche l’inverno.
El Baito Mason, per raggiungerlo occorre fare una piccola deviazione
Bivacco bellissimo e sempre aperto
Gli interni sono accoglienti
Il baito col tavolo a ribalta
Ho ancora un’ora scarsa di luce per arrivare sul fondovalle: scendo con un lungo traversone per l'ottimo
sentiero 616B fino nei pressi di
Fango, dove ci sono i
trinceramenti ripristinati di recente, i resti delle
cannoniere che presidiavano la zona sotto il passo.
Il bel sentiero che mi riporta verso valle
Resti delle cannoniere nei pressi di Fango
Vista verso il Passo S. Pellegrino, sullo sfondo il Civetta
Raggiungo la strada provinciale, ormai è buio: tiro fuori la frontale e mi sciroppo i 5 km per tornare alla macchina, per fortuna in parte su una strada interna senza traffico. Giro davvero bellissimo, non difficile: i Monzoni sono davvero un gruppo meraviglioso, sono contento di aver visto un versante che ancora non conoscevo. Sviluppo 20 km, dislivello circa 1500 metri.
Il percorso