Val S. Nicolò
Sempre alla ricerca di nuovi spunti escursionistici, stavolta mi sono concentrato nell’esplorazione di un versante che conoscevo poco: ho deciso infatti di esplorare quello settentrionale della Val S. Nicolò. Su varie foto satellitari e carte
ho notato che a mezza costa a circa quota 2000 c’era un gran numero di baite. Un richiamo irresistibile andare a vedere questi posti sperduti fuori dai soliti percorsi battuti. Ho pensato che
era molto probabile che anticamente questi piccolo insediamenti in alta montagna fossero collegati da sentieri. Così ho deciso di andare a cercare le vecchie tracce.
Il punto di partenza in Val S. Nicolò
Prevedendo ravanate fuori traccia, non ho messo in conto di fare delle cime: ma ho ipotizzato che, se non avessi perso troppo tempo nella ricerca, avrei potuto forse fare un anello salendo per un tratto sulle creste del
Sentiero Pederiva. Ma questo lo avrei potuto decidere solo in corso d’opera.
Ho risalito dunque in auto la Val S. Nicolò fina quota 1770, e parcheggiato nei pressi di un gruppo di baite. Trovo subito l
a vecchia mulattiera che sale verso l’impluvio, ma inizia subito male: lo stradello si infogna ben presto nella boscaglia ostruito da cespugli e alberi che indica che non viene più percorso da nessuno da anni. Strano, penso. Infatti scopro più a monte uno stradello che si congiunge alla mulattiera principale, ben visibile e percorribile, che sale con zig zag il versante ripido fino al
gruppo di baite sotto al Culaut.
La vecchia mulattiera nel bosco è ancora ben visibile
Primo di gruppo di baite sotto il Culaut
La baita principale, in un posto panoramico pazzesco su un poggio naturale a picco sulla valle, è purtroppo crollata. Poco distante, lungo un costone in una valle laterale, ci sono
altre tre baite. Non le raggiungo perché non si vedono vie d’uscita e preferisco concentrarmi sul
traversone che ho intenzione di compiere per raggiungere il gruppo di baite di Majonade verso ovest.
La baita principale purtroppo è crollata
Il baitello ormai pericolante, in alto il costone che scenderò a ritorno
Vista verso le grandi pareti di roccia verticale
Veduta sul fondovalle punteggiato di baite
Il magnifico sentiero, senza indicazione né segnature, che si inoltre verso ovest
Vista verso Cima Uomo a sx
Trovo subito uno splendido sentiero in costa, pressoché pianeggiante, che attraversa il versante per un bel bosco rado di cirmoli. Il sentiero poi scende leggermente, oltrepassa vari canalini fino ad arrivare alla splendido
gruppo di baite di Majonade o Masonade, a quota 2170. Una baita è ridotta in ruderi ma le altre sono state
recuperate e ristrutturate. Che posto meraviglioso, cosa darei per poter osservare come vivevano qui i montanari 50 o 100 anni fa!
Il bellissimo sentiero taglia tutto il versante
La spettacolare micro-frazione di Majonade
Majonade
Majonade dall'alto
Poco distante, più in quota, raggiungo
altre tre piccole baite: il proprietario attuale, trovato su Facebook, mi riferisce che una di esse aveva sull'architrave la data del
1795! Cerco una traccia che traversi in costa ma il sentiero si perde in un canalone ripido, impossibile proseguire senza correre il rischio di accopparsi giù per i costoni ripidi.
Torno giù e scendo un tratto per il ripido stradello, sperando di non perdere troppa quota.
Trovo fortunatamente una deviazione, una piccola traccia che traversa nel bosco e la seguo senza indugio. Come avevo intuito permette di ricongiungermi col sentiero che sale da sotto. Quindi riprendo a salire, passo un canalone e arrivo ad un altro spettacolare poggio naturale di
Vanolins, dove sorgono
altre 5 baite. C’è una vecchia teleferica in disuso, che serviva per portar giù il fieno. Anche qui alcune baite sono state recuperate.
Vista sulla Valle S. Nicolò
Le baite di Valolins
Come proseguire ora? Di salire fuori traccia non se ne parla, troppo ridipo: quindi cerco la vecchia traccia segnata su alcune mappe (IGM, Kompass) per scendere, in modo da evitare di tornare indietro dalla stessa via di salita.
Trovo infatti il vecchio sentierino che scende lungo la spalla del canalone: la traccia è appena visibile ma si intuisce abbastanza bene. Trovo
un baitone isolato: è l’unico ad avere un locale aperto (tutti quelli che ho incontrato sono chiusi da robusti chiavistelli), un rustico ricovero di emergenza.
C’è il libro delle firme: a parte una recente di un mese prima, quella precedente risale addirittura all’anno scorso, firmata da un fantomatico “Re delle Majonade”.
Il baitone isolato, con vista sul Col Ombert
Il libro della firme con la firma "Dal Re de Majonade"
I colori dell'autunno sono ancora vividi
Proseguo la discesa lungo il sentierino, ma non mi accorgo del bivio e scendo troppo. Quando me ne accorgo, sono sotto ormai di 100 metri di dislivello più del dovuto. Torno su e riprendo la direzione giusta, il sentiero ora è segnato e sale a ridosso delle grandi parete rocciose a picco sulla valle. Devio brevemente per salire al
punto panoramico Maerins 2163 che si trova proprio sulla vetta della parete, con spettacolare vista sulla vallata.
Val S. Nicolò con Cima Col Ombert e Cima Uomo sullo sfondo
Il sentiero sale in costa verso il roccione del Maerins
Le impressionanti pareti verticali del Maerins, sulla cui cima c'è un punto panoramico con panchina
Faccio il punto sulla situazione: l’ora non è ancora troppo tarda e la gamba è ancora buona: decido dunque di salire per raggiungere la cresta e fare un tratto del
Sentiero Lino Pederiva. Dalla
Baita Cuz, tra le orrende ferraglie degli impianti senza neve, risalgo un tratto di pista fino al
Col de Valvacin 2372, dove arrivano gli impianti, quindi per bella e panoramica cresta raggiungo per il
vecchio sentiero della Grande Guerra il Sass de Adam 2430.
Dai pressi di Baita Cuz vista sul Catinaccio
Eccomi sul Col di Valcacin, rivedo l'immenso versante che ho appena attraversato
Spuntano Gran Vernel e Marmolada
Ancora un piccolo sforzo per salire in vetta al Sas de Adam 2430, per il tortuoso sentiero di guerra
In vetta al Sas de Adam: sotto il gruppo della Marmolada la sella Brunech, dove sono diretto
Un camoscio osserva placido i miei movimenti, gli arriverò a soli 50 metri di distanza
Con un traversone raggiungo quindi la
Sela del Brunech 2428, da dove risalgo brevemente in vetta al
Sas de Porcel 2490, il punto più alto dell’escursione. Il paesaggio è spettacolare: sono affacciato sulla
Val Jumela da una parte (purtroppo sconciata dagli impianti), e sulla
Val S. Nicolò dall’altra. All’orizzonte svetta la sagoma grandiosa della
Marmolada col
Gran Vernel. Il
Sassolungo spunta dietro il
Col Bel, mentre il
Gruppo del Sella si staglia in tutta la sua magnificenza verso nord.
In vetta al Sas Porcel 2490, vedo il costone che devo discendere
Zoomata sulla Marmolada
Il Sassolungo spunta dietro al Dos Bel
In marcia verso Sela Brunech, al centro il Sas de Porcel 2490 ultima salita
Affretto un po’ il passo perché voglio trovare prima del tramonto il
nuovo sentiero che cala a valle. Percorro l’affilata cresta a tratti un po' esposta, fino alla forcelletta dove si stacca il sentiero (cartelli), che scende con un traversone per i ripidi costoni del
Roseal, fino ad una baita isolata (chiusa) di costruzione recente. Qui faccio la prima sosta della giornata, con panozzi, sacrosanto brick di vinello bianco e sigaro finale, per una completa beatitudine mentre contemplo la luce meravigliosa del tramonto.
Ecco il mio sentiero di rientro!
Le tabelle al bivio
Sguardi indietro durante la discesa, al piccolo baito isolato
Tramonto dal Roseal scendendo verso la Val S. Nicolò
Ultimo gruppo di baite durante la discesa
Ultime luci!
Appena il sole scompare dietro le montagne diventa subito freschino, mi rimetto in marcia per il bel sentiero (complimenti per il recupero!) che mi riporterà verso il fondovalle, dopo aver raggiunto un
altro gruppo incantevole di baite. Arrivo all’auto ad ore 19.30, sano e salvo. Un’escursione perfetta, direi
Disl. 1260, sviluppo 16 km.
Tramonto sul Col Ombert e Cima Uomo
Il percorso